Note di Vino

Note di Vino

di Antonella Coppotelli

IL MIO CHAMPAGNE di Davide Lacerenza in edizione limitata. Ne sentivamo davvero il bisogno?

L’ex imprenditore milanese ha firmato una serie limitata di bottiglie di champagne andate quasi a ruba con buona pace dell’eccellenza Made in Italy.

IL MIO CHAMPAGNE di Davide Lacerenza in edizione limitata. Ne sentivamo davvero il bisogno?

Qualche giorno fa è uscito un articolo su Dissapore a proposito dello Champagne di Lacerenza e il silenzio del Comité Champagne che non ha ancora preso posizione. In attesa di una risposta da parte dei francesi, approfitto di questa vicenda per fare qualche riflessione sparsa e dichiaratamente di parte sul mondo del vino e sulla nostra (in)capacità di fare marketing sano ed efficace che oggi come oggi sta diventando impellente necessità.

Sono pensieri sparsi, a tratti disordinati e polemici, mi perdonerete quindi la confusione ma quando è la pancia a guidarmi, trovo complicato armonizzarla con la testa. E’ la passione, bellezza! Confido in voi che mi leggerete per mettere ordine e aprire una bella discussione, magari dinanzi a una bottiglia di buon vino.

Partiamo dal prodotto ossia IL MIO CHAMPAGNE firmato da Davide Lacerenza che, come si legge sulla piattaforma che lo distribuisce, è stato frutto di una lunga ricerca sfociata in una Maison situata nella Vallée de la Marne (sottoregione dello Champagne) che ha restituito una bollicina capace di soddisfare il palato dell’ex re delle sregolate notti milanesi. Ora, per rispetto del mio Editore e di voi lettori, non posso scrivere realmente la mia reazione dinanzi a tale dichiarazione, sarebbe troppo genuinamente romana e si sa che noi capitolini ci lasciamo andare a espressioni estremamente colorite e anche un po’ triviali quando siamo trasportati dalle emozioni.

La edulcoro un poco ispirandomi all’odierno linguaggio giovanile, rispondendo virtualmente a Lacerenza con un “anche meno zio” perché capisco che qualcosa in più di me hai sicuramente assaggiato nella tua vita ma è pur vero che nel tuo locale non sempre, pare, sia stato effettuato il servizio migliore e più corretto. Per i meno attenti rimetto qui quanto scritto in precedenza.

Per restare sempre sul prodotto IL MIO CHAMPAGNE di Davide Lacerenza e per onestà intellettuale riportiamo scheda tecnica e prezzo, specificando che lui ha firmato un’edizione limitata di 1.000 bottiglie al prezzo di € 380 cadauna compresa la cassa in legno e IVA (350€ senza il packaging), prodotte da una Vigneron locale.

Sbirciando più approfonditamente sul sito della piattaforma di distribuzione, salta all’occhio che sono disponibili solo 8 bottiglie e quindi ci viene da pensare che sia andato letteralmente a ruba o che sia stata adottata una delle vecchie ma sempre efficaci strategie di marketing: creare una voluta carenza con il conseguente aumento della richiesta e del desiderio. Non siamo in grado di rispondere, fatto sta che la nuova griffe pare sia piaciuta tanto da diventare un nuovo oggetto da collezione. Chissà se sarà la sorpresa di Pasqua su qualche tavola nostrana.

Qui, tra il serio e il faceto, scatta una prima riflessione che vorrei contestualizzare nei giorni del Vinitaly, la più importante manifestazione dedicata a vino e distillati, nell’era dei dazi americani, schiaffo a cui siamo tutti sottoposti e all’imminente giornata del Made in Italy fissata come ogni anno il 15 aprile: c’è davvero bisogno di spendere quasi 400€ per una bottiglia di champagne (produzione francese, ricordiamolo), quando basterebbe farsi un giro intorno a noi e scoprire ben altre eccellenze capaci di soddisfare anche i palati più esigenti?

Se proprio non si resiste al richiamo delle bollicine d’Oltralpe (eccellenti, per carità ma anche le nostre non scherzano), non varrebbe la pena andare sul posto e individuare le varie Maison locali? Non discuto sul valore economico e qualitativo della bottiglia in sé, di fatto ve ne sono tante altre di molto più costose e introvabili.

E’ proprio il tipo di prodotto e acquisto che trovo bizzarro e anche un poco triste: basta la faccia e la firma di un personaggio famoso e si mette mano al portafoglio? Il nuovo caso che vede come protagonista Lacerenza è un pretesto per ragionare proprio su questo, anche perché, ricordiamolo parliamo di 1.000 bottiglie e non di 100.000. A conti fatti stiamo parlando di un fatturato totale lordo che si aggira tra i 350.000€ e i 380.000€. “Peanuts” come direbbero quelli bravi, specie se rapportati agli introiti quotidiani del suo ex locale.

Accanto a queste domande me ne sorgono altre due più amare: quanto bisogno c’è di educare i consumatori agli acquisti di filiere più corte, di qualità e certamente meno note? E quanto, invece, è necessario che i nostri produttori (non solo di vino) imparino a fare marketing e comunicazione?

Se c’è una cosa che ho imparato in tutto questo tempo è che non siamo diventati ancora abbastanza bravi nel saperci vendere e farci percepire come preziosi; i tempi attuali ci impongono un cambio totale di mindset se vogliamo sopravvivere su un mercato che davvero non ha pietà di nessuno. Restando nel mondo vitivinicolo, guardiamo ai cugini francesi e a quello che hanno costruito e portato avanti nel corso degli anni partendo proprio dal marchio Champagne.

L’AOC (Appellation d’Origine Contrôlée) Champagne è stata riconosciuta come tale dal 1936 e cinque anni dopo, esattamente nel 1941, venne creato il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne con l’obiettivo di tutelare in maniera rigida e severa la denominazione Champagne agli occhi dell’universo.

Questo organismo vigila anche sulla produzione delle bollicine più famose al mondo come segno di garanzia per il consumatore finale. Grazie al lavoro del Comité Champagne è assolutamente vietato alcun uso improprio del nome anche al di fuori del settore enologico. Sapete cosa significa questo?

Inattacabilità di un’eccellenza costituita da un’area geografica di circa 34.300 ettari divenuta sinonimo di lusso agli occhi del globo, continuità di una filiera di produzione e quindi di un’economia persistente, costruzione monolitica di un brand che trasuda autorevolezza da tutti i pori anche solo nominandolo. Insomma per chi fa il mio lavoro è di sicuro un vademecum da seguire ogni giorno.

Pensando alle nostre produzioni enologiche e gastronomiche, perché non siamo stati in grado di ispirarci (e fare meglio) con il medesimo piglio dei francesi se non più rigido per difenderci dalle contraffazioni e creare prodotti che instillassero lo stesso prestigio? Perché importiamo tante cose dall’estero ma non pratiche ottime come queste? E perché non riscopriamo il genio italiano nel saper narrare e posizionarci facendo diventare l’Italia intera con la sua bellezza, le sue arti, tradizioni e storia una gemma preziosa come e più dello Champagne?

Con la differenza che qui da noi oltre a bere eccellenti bollicine, solo per restare nell’ambito vinicolo, si possono degustare anche tanti altri vitigni autoctoni e rari che all’estero se li possono solo sognare. Ma questa è un’altra storia.

Antonella Coppotelli

Responsabile Area Marketing & PR Money.it

Per maggiori informazioni su Note di Vino scrivere un'email a redazione@money.it

Altri blog

Terzo Millennio

Terzo Millennio

Di Pierpaolo Bombardieri

Schermo Viola

Schermo Viola

Di Pasquale Borriello