L’immunoterapia ha consentito negli ultimi tempi di raggiungere importanti risultati soprattutto nella lotta ai tumori. Tale approccio terapeutico è ora utilizzato per combattere il virus dell’HIV, ecco gli ultimi progressi della ricerca scientifica sull’Aids.
Aids: un nuovo studio scientifico investe sull’immunoterapia per combattere il virus dell’HIV. La ricerca è stata presentata ieri al CROI di Boston, il congresso americano organizzato dalla IAS americana, la società internazionale antivirale. Al congresso hanno partecipato quattromila ricercatori provenienti da 96 paesi.
La strategia dell’immunoterapia permette di agire direttamente sul sistema immunitario: l’obbiettivo è quello di addestrare i linfociti T affinché riconoscano e siano in grado di attaccare il virus nemico. L’uso di farmaci servirebbe a risvegliare il virus dormiente in modo da individuarlo e combatterlo, inoltre una strategia vaccinale efficace potrebbe potenziare la risposta immunitaria del malato. In proposito la Commissione Europea ha stanziato a gennaio 22 milioni di euro nell’ambito del progetto EVA (European virus archive).
Nonostante i limiti ancora da superare l’immunoterapia, inserita dalla rivista Science nell’annuale top ten dei progressi compiuti dalla scienza, rappresenta una strada innovativa da esplorare per prevenire e debellare l’infezione da HIV.
HIV: gli ultimi progressi dell’immunoterapia
Lo studio sull’HIV presentato al Croi di Boston, prendendo come oggetto di analisi circa una decina di pazienti, ha uno scopo preciso: risvegliare i linfociti del nostro sistema immunitario perché riconoscano e combattano il virus. L’HIV riesce infatti a integrarsi nel DNA delle cellule che infetta, i cosiddetti “reservoir”, restando silente e dunque non individuabile: attraverso l’immunoterapia si cercherebbe di arrivare a questi serbatoi per far uscire il virus allo scoperto e annientarlo.
Si tratta della strategia detta “shock and kill” presentata dai ricercatori dell’università danese di Aarhus, che presuppone l’uso di farmaci per risvegliare il virus dormiente in modo da poterlo poi attaccare e uccidere. Il direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità Stefano Vello ha affermato:
“È la prima volta che si tenta questo approccio anche con l’Aids, è una strategia importante che potremmo usare in futuro per ridurre i cosiddetti serbatoi, i reservoir appunto, dove il virus rimane rintanato dentro i linfociti T portatori della memoria immunologica”.
HIV: un anticorpo per ridurre la carica virale
Qualche mese fa uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature ha mostrato alcuni risvolti positivi dell’applicazione dell’immunoterapia nella lotta contro l’Aids. Un team internazionale di ricercatori della Rockefeller University di New York, della Harvard Medical School di Boston e delle Università di Colonia e Friburgo è riuscito a dimostrare che una singola infusione con un anticorpo monoclonale, definito “3BNC117”, è in grado di ridurre significativamente per 28 giorni la carica virale dell’HIV-1 in pazienti infettati dal virus.
Tale approccio però, secondo il professore Emerito di Immunologia clinica e malattie infettive all’Università La Sapienza di Roma Fernando Aiuti, potrebbe incontrare dei limiti:
“L’effetto è stato dimostrato in persone già infette e solo per 28 giorni, mentre sappiamo che l’infezione è cronica. Ci potrebbe essere, infatti, l’eventualità che il virus Hiv, sotto la pressione dell’anticorpo, riesca a mutare e creare ceppi resistenti, come avviene con i farmaci”.
Tuttavia lo scienziato ha riconosciuto l’importanza dell’immunoterapia per combattere l’Aids in quanto “la possibilità che il virus muti non diminuisce l’efficacia dell’immunoterapia” che può rappresentare “un’arma aggiuntiva ai tradizionali farmaci antiretrovirali, soprattutto nella prospettiva di sradicare l’infezione”.
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