Chi decide l’educazione religiosa dei figli in caso di separazione e divorzio?

Isabella Policarpio

20 Settembre 2019 - 15:44

Se i genitori divorziano e sono in disaccordo, a chi tocca decidere l’educazione religiosa dei figli? Qui le ultime indicazioni della Corte di Cassazione.

Chi decide l’educazione religiosa dei figli in caso di separazione e divorzio?

Scegliere quale religione impartire ai propri figli oppure se non impartirla affatto non è cosa da poco. Si tratta infatti di una scelta che può cambiare in maniera determinante la formazione del minore e la sua vita futura.

La cosa diventa ancor più difficile se i genitori sono separati o divorziati e sono in disaccordo tra loro; questo accade per esempio quando uno dei due è ateo oppure se professano religioni differenti. In questi casi chi deve decidere?

Secondo giurisprudenza ormai consolidata, se è impossibile trovare un accordo tra gli ex coniugi, deve intervenire il giudice. Non si tratta di una decisione semplice, tanto che più e più volte la Corte di Cassazione è dovuta intervenire per ribadire o stabilire nuovi principi sulla determinazione dell’educazione religiosa. Ultima sul tema la sentenza del 30 agosto 2019 che ha imposto in capo ai giudice il dovere considerare ed evitare le conseguenze pregiudizievoli per il minore anche con ordinanze restrittive.

Educazione religiosa dei figli, chi decide se gli ex coniugi sono in disaccordo?

Dopo la separazione o il divorzio, se gli ex coniugi non sono riusciti ad accordarsi sull’educazione dei figli, religiosa e non solo, durante la negoziazione assistita, sarà il giudice a dover prendere questa difficile decisione.

Ciò può accadere o al momento stesso della sentenza di divorzio o in un momento successivo, se i genitori si trovano in disaccordo sulla linea educativa da seguire, per esempio in caso di improvvisa conversione di uno dei due.

Quando i genitori appartengono a religioni e culture differenti, oppure uno di loro è ateo o agnostico, ognuno cercherà di educare il figlio secondo le proprie convinzioni religiose o etiche, creando nel minore forti turbamenti.

Come abbiamo già detto, quello della determinazione del credo religioso per i figli di separati e divorziati non è un tema nuovo alla giurisprudenza. Ora però analizziamo quanto è stato stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ultima decisione sul tema, precisamente nella sentenza n. 21916 del 30 agosto 2019. Qui viene sancito che la decisione del giudice deve sempre mirare alla salvaguardia e agli interessi del minore, valutando concretamente quali potrebbero essere le conseguenze negative di scegliere un credo anziché un altro.

Il superiore principio della tutela del minore può giustificare talvolta ordinanze restrittive e contenitive nei confronti del genitore che cerca d’imporre la propria religione nonostante sia svantaggiosa per il figlio o contro la sua volontà.

Educazione religiosa, divieto di portare il minore agli incontri religiosi

Le ordinanze restrittive o contenitive di cui sopra possono concretizzarsi in veri e propri divieti di portare con sé il minore alle riunioni o agli incontri religiosi che il giudice non ritiene educativi o comunque vantaggiosi per il minore.

Comparando gli interessi in ballo, difatti, il giudice dovrà far prevalere il benessere dei figli sulla libertà del genitore. Il provvedimento di divieto o di restrizione non potrà essere contestato dinanzi alla Corte di Cassazione.

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