G20 Ambiente: perché la Cina frena sulla decarbonizzazione

Violetta Silvestri

24 Luglio 2021 - 11:56

Al G20 Ambiente di Napoli salta l’accordo su due punti: riduzione della temperatura e decarbonizzazione. La Cina ha ostacolato l’intesa, perché? I motivi del freno alla neutralità carbonica.

G20 Ambiente: perché la Cina frena sulla decarbonizzazione

Al G20 Ambiente di Napoli successo e fallimento vanno di pari passo. Perché? Potenze come Cina e non solo hanno frenato su obiettivi più ambiziosi, mettendo in evidenza le divergenze tra i grandi del pianeta.

Vero è, però, che il comunicato ufficiale finale è stato valutato come storico, considerando che mette d’accordo - almeno negli intenti - un numero davvero vasto di Paesi su argomenti cruciali come la biodiversità, l’economia circolare, la finanza sostenibile.

Neutralità carbonica e riscaldamento globale restano comunque nodi da sciogliere: perché il freno su questi temi è arrivato soprattutto dalla Cina? Questioni di opportunità economica.

Cina - e non solo - contro lo stop carbone nel 2025

Negoziati faticosi e senza un completo successo al G20 Ambiente di Napoli. Lo schema si è ripetuto: da una parte blocco UE e USA, dall’altra Cina, Russia, India e altre nazioni emergenti.

Perché Pechino ha frenato sulla decarbonizzazione entro il 2050? L’ambizioso target contro l’inquinamento è visto come troppo veloce per Paesi ancora fortemente impegnati nel fronte crescita economica.

Basterà un dato per capire come si stanno muovendo le potenze mondiali nell’ambito della neutralità carbonica: dal 2000 al 2019 la Cina ha emesso +204% di CO2, mentre da USA e UE sono giunte percentuali negative (rispettivamente -12% e -21%).

Anche l’India ha registrato un incremento delle emissioni inquinanti nel periodo in considerazione: +167%.

Paesi enormi, che ancora non si sentono pronti a finanziare la transizione. D’altronde, nel settembre scorso, il presidente cinese Xi Jinping aveva affermato che il suo Paese mira al picco delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e alla neutralità del carbonio entro il 2060.

Anche Russia, Arabia Saudita e Indonesia si sono mostrate fredde sull’accelerazione della decarbonizzazione.

Il Paese indonesiano, per esempio, rappresenta l’ottava fonte mondiale di emissioni di carbonio e il suo piano di neutralità ricalca più o meno i tempi cinesi. Secondo Tjokorda Nirarta Samadhi, direttore dell’ufficio indonesiano del World Resources Institute, la nazione dovrebbe “impegnarsi a smettere di investire in nuove centrali a carbone e raggiungere la deforestazione zero entro il 2030.”

L’Arabia Saudita, dal suo canto, dipende fortemente dal petrolio.

In questa cornice, la corsa all’emissione zero di carbonio è rimandata.

Niente accordo al G20 sul riscaldamento globale

L’altro punto rimasto in sospeso a Napoli è stato la formulazione relativa a un limite di 1,5-2 gradi Celsius sull’aumento della temperatura globale.

Le temperature medie mondiali sono già aumentate di oltre 1 grado rispetto alla linea di base preindustriale utilizzata dagli scienziati e sono sulla buona strada per superare il tetto di 1,5-2 gradi.

“Alcuni Paesi volevano andare più veloci di quanto concordato a Parigi e mirare a limitare le temperature a 1,5 gradi entro un decennio, ma altri, con più economie basate sul carbonio, hanno affermato di attenersi a quanto concordato a Parigi”, ha spiegato il ministro italiano Cingolani.

I leader mondiali si riuniranno per il vertice sui cambiamenti climatici COP26 a Glasgow, in Scozia, in programma dal 1 al 12 novembre. L’evento si preannuncia cruciale e molti sperano che fungerà da catalizzatore per i Governi anche più scettici verso agende sostenibili più audaci.

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