Con la “terza compensazione” gli Stati Uniti gonfiano il bilancio delle spese militari e spingono gli apparati di intelligence. Ecco come l’innovazione militare sta cambiando tutto.
Negli anni novanta centri studi collegati al Pentagono avevano simulato scontri con la Cina in questo XXI secolo; fu la Clinton ad annunciare il riorientamento degli USA verso l’Asia, una strategia di confronto verso Cina e Russia.
Fu definita tra gli strateghi del Pentagono la cosiddetta “Terza Compensazione”. In un mondo sempre più multipolare, il vantaggio si conservava solo attraverso la superiorità tecnologica: dall’intelligenza artificiale all’internet of things, dall’automazione intelligente alle tecnologie quantistiche per il compunting, 5G e innovazione militare.
La terza compensazione evoca per i militari statunitensi due delimitazioni di forti shock: il “salto” tecnologico numero uno, con armi nucleari dopo la guerra di Corea durata tre anni e finita nel 1953, e il secondo “salto” dopo la guerra del Vietnam quando, oltre a nuove armi, applicarono enfatizzandoli i principi della “guerra lampo” (Blitzkrieg), ovvero il coordinamento tra le forze di terra e aeree.
I militari del Pentagono hanno operato proprio nell’ambito della intelligenza artificiale, delle armi cibernetiche e delle tecnologie spaziali. Hanno poi riorientato l’apparato industriale che opera nel campo militare. Impostazione, questa, che diventò con Trump “Strategia Nazionale di Difesa” cinque anni fa, e che indicava la competizione verso Cina e Russia come la sfida futura.
L’area di riferimento è l’Indo-Pacifico. Gli strumenti della “terza compensazione” sono il bilancio delle spese militari e gli apparati di intelligence.
Lo scorso anno Biden ha firmato il National Defense Authorization Act, la legge per le spese militari che per il 2022 ammontano a 816 miliardi di dollari. Globalmente la spesa militare ammonta a 2.113 miliardi di dollari (dati 2021): USA 801 miliardi di dollari, Russia 65,9 miliardi, Cina 293 miliardi, Giappone 54,1 miliardfi.
Le attività di ricerca e sviluppo del Pentagono costano 100 miliardi di dollari l’anno, mentre quelle dell’intelligence raggiungono gli 85 miliardi. Algoritmi potentissimi analizzano i dati inviati dai satelliti per il rilevamento di missili intercontinentali lanciati contro gli USA e missili ipersonici.
Il caccia F 35 rappresenta il più costoso programma di sviluppo della storia. Progettazione, rifornimento e manutenzione costeranno in 66 anni 1.700 miliardi di dollari. Non è un semplice aereo: la sua realizzazione coinvolge circa 2.000 fornitori, che impiegano complessivamente 250 mila persone.
Gli F 35 saranno impiegati sulle portaerei di ultima generazione, come le mastodontiche CVN-21 classe Ford, a propulsione nucleare con costo di ognuna pari a 12,4 miliardi di dollari.
Gli USA passeranno dalle attuali 271 navi da guerra a 390, rappresentando la flotta più potente del Mondo. Uno degli obiettivi della “Terza Compensazione” è operare in mare senza equipaggio.
Il progettato sottomarino Next Generation Attak Submarine potrà lanciare missili che raggiungono i teatri di guerra terrestre oltre che combattere in mare. Gli strateghi statunitensi pensano a un devastante secondo colpo in caso di attacco nucleare contro il loro territorio e, a tal fine, hanno progettato i sottomarini classe Columbia, dotati di missili balistici. E sono già in costruzione, per un numero di 12 con un costo di 109 miliardi di dollari.
Sommergibili Columbia, bombardieri strategici e missili intercontinentali con base sul territorio rappresentano la triade di armi nucleari degli USA. È opportuno osservare che questa enorme spesa è collegata alla militarizzazione della politica economica USA, rivolta a contrastare e rimuovere la componentistica cinese dalle filiere produttive globali. Gli USA hanno cacciato i fondi di investimento cinesi dalla Silicon Valley e sostituiti con capitali di CIA e Pentagono.
La guerra degli USA al 5G di Huawei e l’intromissione incredibile verso la società olandese ASML affinché fornisca i semiconduttori solo a una lista di società compilata dal Pentagono danno un’idea per capire a che punto è arrivata la competizione.
L’amministrazione Trump accusò Huawei di spionaggio e del fatto che alle spalle dell’azienda leader mondiale nel 5G ci fosse il governo cinese con l’intento di impossessarsi di dati e segreti militari altrui. Alle accuse seguì una legge, approvata dal Congresso statunitense nell’agosto 2018, che proibiva alle agenzie governative di acquistare o utilizzare prodotti provenienti da alcune aziende cinesi, tra le quali Huawei.
In successione, adottarono divieti simili Australia, Nuova Zelanda e Giappone. Anche Google ha estromesso Huawei dagli aggiornamenti del sistema operativo Android. La mancanza di dati a sostegno delle accuse di spionaggio ha fatto sì che Germania, Francia, Olanda, Italia e Russia stringessero accordi con Huawei.
Qualcuno suggerisce che il disastroso ritiro degli USA dall’Afganistan dopo 20 anni sia servito a liberare risorse per fronteggiare la Cina. La superiorità degli USA nel mondo passa anche attraverso la rottura tra risultati dell’economia e forza militare. Il binomio dell’innovazione tecnologica connessa alla ricerca scientifica di frontiera serve più del PIL a segnare un sistema internazionale multipolare, dove sempre più le democrazie liberali scricchiolano, a tutto vantaggio dei rivali autoritari.
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