Se ti stai chiedendo cosa significhi «querela», ecco tutto quello che c’è da sapere tra definizione, procedura, tempi e differenze con la denuncia.
Quando si subisce un reato, è possibile richiedere l’intervento delle autorità tramite la querela, un atto che ha radici antiche. La parola «querela» deriva, infatti, dal latino querēla, che proviene dal verbo queri, il cui significato è «lamentarsi» o «esprimere un lamento». Già nel diritto romano, questo termine indicava una richiesta di giustizia da parte di chi riteneva di aver subito un torto. Ancora oggi, la querela mantiene tale funzione, consentendo a chi è vittima di determinati reati di chiedere che si proceda penalmente contro l’autore.
Ma come si presenta una querela? Quali sono i termini da rispettare e in cosa si differenzia dalla denuncia? In questo articolo esamineremo nel dettaglio come funziona la procedura, quali diritti ha il querelante, e quali rischi corre chi viene querelato.
Qual è il significato di querela?
La querela è l’atto formale con cui la persona offesa da un reato manifesta la volontà che si proceda nei confronti del suo autore. Essa è condizione di promuovibilità e proseguibilità dell’azione penale ed è regolata dall’art. 120 c.p. e dall’art. 336 c.p.p..
Di base, la querela non richiede una forma particolare: è sufficiente che contenga la chiara volontà della persona offesa di chiedere la punizione del colpevole, volontà che deve permanere per tutta la durata del processo.
Funzione della querela
La querela è una condizione di procedibilità per i cosiddetti reati perseguibili a querela di parte, cioè quei reati considerati meno gravi per i quali il legislatore lascia alla persona offesa la facoltà di decidere se avviare o meno un procedimento penale, evitando che per reati minori si proceda d’ufficio.
Senza la presentazione della querela, l’azione penale non può essere esercitata e l’autore del reato non può essere perseguito. Infatti, la perseguibilità di determinati reati è subordinata dalla legge al verificarsi di talune condizioni definite appunto di procedibilità.
Differenza tra reati perseguibili d’ufficio e a querela di parte
Il P.M. di regola è tenuto ad esercitare d’ufficio l’azione penale; però, vi sono dei casi in cui, in considerazione della non particolare gravità dei fatti o della natura del reato, la legge subordina l’esercizio dell’azione penale o lo svolgimento di atti di indagine preliminare ad una manifestazione di volontà.
Pertanto, i reati possono essere classificati in:
- reati procedibili d’ufficio: per i reati più gravi, come l’omicidio o la violenza sessuale, l’azione penale viene esercitata direttamente dalle forze dell’ordine o dal pubblico ministero, senza che sia necessaria la volontà della persona offesa;
- reati perseguibili a querela di parte: per reati meno gravi, come la diffamazione (art. 595 c.p.) o le lesioni personali lievi (art. 582 c.p.), si procede solo se la persona offesa presenta una querela.
Requisiti della querela
- La querela deve contenere l’identificazione della persona offesa, che può essere la vittima del reato o, in caso di minore o persona incapace, il suo rappresentante legale.
- Inoltre, deve esprimere chiaramente la volontà della persona offesa di perseguire penalmente l’autore del reato.
- È necessario includere una descrizione chiara e dettagliata del fatto costituente reato, fornendo tutte le informazioni utili alle indagini, come la presenza di testimoni o eventuali prove disponibili.
- Infine, la querela deve essere presentata entro un termine di 3 mesi dalla data in cui la persona offesa ha avuto conoscenza del fatto. Fanno eccezione alcuni casi specifici, come i reati contro la libertà sessuale, per i quali il termine è di 6 mesi.
Effetti della querela
Una volta sporta querela, il P.M. può avviare le indagini preliminari per accertare la responsabilità dell’autore del reato. E’ importante sottolineare che, dal momento in cui il nome della persona viene iscritto, come presunto autore del fatto, nel registro delle notizie di reato cominciano a decorrere i termini di durata delle indagini preliminari entro i quali il P.M. dovrà decidere, sulla base delle indagini preliminari svolte, se promuovere o meno l’esercizio dell’azione penale.
Termini della querela: ecco i tempi da rispettare
Uno dei requisiti essenziali per la validità della querela è il rispetto dei termini perentori entro i quali deve essere presentata. Tali termini sono fissati dal legislatore e, se non rispettati, impediscono l’esercizio dell’azione penale, precludendo qualsiasi possibilità di perseguire il reato.
Termine ordinario: 3 mesi
Il termine generale previsto dalla legge per presentare querela è di 3 mesi previsto dall’art. 124 c.p. Tale periodo decorre dal giorno in cui la persona offesa ha avuto piena conoscenza del fatto costituente reato. Questo significa che il termine non decorre dal momento in cui il reato è stato commesso, ma da quando la vittima è venuta a conoscenza della sua esistenza.
Ad esempio, nel caso di un reato di diffamazione (art. 595 c.p.), il termine di 3 mesi inizia a decorrere dal momento in cui la persona offesa scopre che la sua reputazione è stata lesa attraverso comunicazioni ad altri soggetti.
Eccezioni al termine di 3 mesi
Il termine per la proposizione della querela può anche essere esteso.
Ad esempio, per i reati contro la libertà sessuale, come la violenza sessuale ex art. 609-bis c.p., la legge prevede un termine di 6 mesi.
Questa estensione è prevista per offrire maggiore tutela alle vittime di reati particolarmente gravi e traumatici. In caso di reati permanenti, come lo stalking (art. 612 bis c.p.), il termine decorre dalla cessazione degli effetti del reato.
Decadenza del diritto di querela
Se la querela non viene presentata entro il termine perentorio previsto per legge, la persona offesa perde il diritto di richiedere l’intervento penale. La decadenza è volta a garantire la certezza del diritto, evitando che la pretesa punitiva venga esercitata a distanza di troppo tempo dal verificarsi del reato. La decadenza, infatti, rende il reato non più perseguibile, con conseguente archiviazione delle eventuali indagini.
Nel caso di reati permanenti, cioè quei reati che si protraggono nel tempo (es. stalking, art. 612-bis c.p.), il termine di 3 mesi non decorre dal giorno in cui è iniziato il comportamento delittuoso, ma da quando la condotta illecita ha cessato di produrre effetti. Ciò consente alla vittima di valutare le azioni da intraprendere mentre il comportamento lesivo non è più in corso.
Differenza tra querela e denuncia: cosa dice la legge
Nel sistema penale, sia la querela che la denuncia sono strumenti attraverso i quali si può informare l’autorità giudiziaria della commissione di un reato. Tuttavia, vi sono differenze sostanziali tra i due istituti, a partire dal tipo di reato per il quale sono previste e dalle modalità di proposizione.
Denuncia
La denuncia (artt. 331 a 333 c.p.p.) può essere presentata da chiunque abbia conoscenza di un reato procedibile d’ufficio. L’autorità giudiziaria o le forze dell’ordine sono obbligate ad agire una volta ricevuta la denuncia. Tra i reati procedibili d’ufficio vi sono, ad esempio, il furto aggravato, la rapina, l’omicidio, la violenza sessuale aggravata e molti altri.
Querela
La querela, invece, può essere presentata solo dalla persona offesa o da chi ne ha la rappresentanza legale (es. tutore di minore) nel caso di reati perseguibili a querela di parte. In tal caso, la querela è un requisito essenziale per l’esercizio dell’azione penale: senza di essa, il P.M. non può procedere.
Tra i reati più comuni per cui è necessaria la querela vi sono la diffamazione (art. 595 c.p.), le lesioni personali lievi (art. 582 c.p.), le minacce non gravi (art. 612 c.p.) e il furto semplice (art. 624 c.p.).
Termini e condizioni
La querela deve essere presentata entro 3 mesi dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del reato. In alcuni casi, come per i reati contro la libertà sessuale, il termine è 6 mesi. Se non si presenta querela entro questo termine, l’azione penale non può più essere avviata (art. 124 c.p.).
Invece, la denuncia, essendo legata a reati di maggiore gravità, non ha un termine di decadenza, può essere presentata anche a distanza di anni dal fatto, purché non siano intervenuti termini di prescrizione del reato.
Remissione e ritiro
La querela può essere ritirata, ovvero è possibile procedere alla sua remissione, salvo che il reato non rientri tra quelli per i quali la remissione è esclusa. Ciò comporta l’estinzione del reato e la fine del processo penale, se la remissione viene accettata dal querelato (art. 340 c.p.p.).
Invece, la denuncia, non può essere ritirata. Una volta che le autorità sono venute a conoscenza di un reato perseguibile d’ufficio, sono obbligate ad agire. Pertanto, la denuncia non può essere ritirata né dalla persona offesa né da chi ha presentato la denuncia.
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Come si può querelare una persona: la procedura completa
La procedura per sporgere querela è regolata dall’art. 336 c.p.p. e deve rispettare alcuni passaggi per essere valida. Ecco la procedura completa per querelare una persona.
A chi rivolgersi
La querela può essere presentata:
- di persona presso un ufficio di Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza o direttamente alla Procura della Repubblica;
- attraverso un avvocato: infatti, la querela può essere redatta e presentata da un legale di fiducia nominato dalla persona offesa;
- per delega: in casi di minori o persone incapaci di intendere e volere, la querela può essere presentata dal loro legale rappresentante o tutore.
Modalità di presentazione
La querela può essere presentata sia in forma orale (con verbalizzazione da parte delle forze dell’ordine) sia in forma scritta. Il querelante dovrà firmare il verbale o l’atto, confermando la sua volontà di procedere penalmente.
Ricevuta della querela e avvio del procedimento
Dopo aver presentato la querela, l’autorità competente rilascia una ricevuta che attesta l’avvenuta presentazione. A questo punto, l’autorità giudiziaria, tramite il Pubblico Ministero, può avviare le indagini preliminari per raccogliere le prove e verificare la fondatezza del fatto denunciato. Il querelante, se lo desidera, può costituirsi parte civile nel procedimento penale per richiedere il risarcimento dei danni subiti.
Esempio
Supponiamo che una persona subisca diffamazione sui social media (art. 595 c.p.). Il querelante, una volta scoperto il fatto, ha 3 mesi di tempo per presentare querela presso una stazione di polizia o un ufficio di procura. Nell’atto, dovrà descrivere i post offensivi, indicando la data e la piattaforma utilizzata, e fornire le prove del danno subito (ad esempio, screenshot o testimonianze). Una volta depositata la querela, l’autorità giudiziaria avvierà le indagini per identificare l’autore del reato e raccogliere ulteriori prove.
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Requisiti, diritti e obblighi del querelante
Per poter presentare una querela, il querelante deve avere la legittimazione attiva. Infatti, la querela può essere presentata soltanto dalla persona direttamente offesa dal reato, cioè da chi ha subito il danno derivante dall’atto illecito.
Inoltre, il querelante deve avere capacità di agire, cioè la capacità di porre in essere atti giuridici validi e se incapace di agire (minori, interdetti), può querelare tramite il proprio rappresentante legale. Nel caso di soggetti incapaci temporaneamente, la querela può essere proposta da un curatore speciale nominato dal giudice.
Diritti del querelante
Il querelante, oltre a poter avviare l’azione penale, gode di una serie di diritti che gli permettono di tutelare i propri interessi durante il processo:
- diritto di costituirsi parte civile: una volta avviato il processo penale, la persona offesa può decidere di costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni derivanti dal reato (art. 74 c.p.p.). Questo permette di ottenere il risarcimento dei danni morali o patrimoniali causati dall’azione illecita dell’imputato;
- diritto di essere informato: il querelante ha il diritto di essere informato sullo stato del procedimento e sull’esito delle indagini preliminari. Le autorità devono notificargli eventuali provvedimenti rilevanti, come l’archiviazione del caso (art. 408 c.p.p.) o la richiesta di rinvio a giudizio;
- diritto di remissione: in ogni momento, prima della sentenza definitiva, il querelante ha il diritto di ritirare la querela (remissione), estinguendo così l’azione penale, salvo nei casi in cui la remissione non sia ammessa (es. reati procedibili d’ufficio o con aggravanti). Tuttavia, per avere effetto, la remissione deve essere accettata dal querelato (art. 152 c.p., art. 340 c.p.p.).
Obblighi del querelante
Il querelante ha anche degli obblighi da rispettare durante il procedimento, pena conseguenze giuridiche e sanzioni.
Vige l’obbligo di veridicità, la querela deve basarsi su fatti reali e verificabili. Se il querelante presenta una querela infondata o falsa, rischia di incorrere nel reato di calunnia ex art. 368 c.p., che si configura quando una persona, pur sapendo che un altro è innocente, lo accusa falsamente di un reato davanti all’autorità giudiziaria, o simula a suo carico delle prove, affinché si avvii un procedimento penale contro di lui.
Nel caso di calunnia, la pena edittale prevista dal codice è la reclusione da 2 a 6 anni, mentre nel caso di calunnia aggravata, cioè se dall’accusa falsa può derivare una condanna alla reclusione superiore a 10 anni, o una pena più grave, la pena prevista per il reato di calunnia aumenta, ed è la reclusione da 4 a 12 anni.
Infine, il querelante ha l’obbligo di collaborazione con l’autorità: Una volta presentata la querela, il querelante ha l’obbligo di collaborare con le autorità competenti, fornendo prove, testimonianze e ogni altro elemento utile alle indagini. Il mancato rispetto di questo obbligo può ostacolare il regolare svolgimento del procedimento penale.
Rischi e difesa del querelato
Quando una persona viene querelata, si trova di fronte a una situazione giuridica complessa e potenzialmente pericolosa per la sua libertà personale e reputazione. Il querelato, ossia colui che è oggetto della querela, corre una serie di rischi, ma ha anche diversi strumenti di difesa a sua disposizione per tutelarsi e affrontare il procedimento penale.
Rischi per il querelato
Una volta presentata la querela, l’autorità giudiziaria è obbligata ad iniziare un’indagine preliminare per verificare la fondatezza delle accuse. Questo significa che il querelato potrebbe essere sottoposto a indagini penali che possono includere l’acquisizione di prove, testimonianze e l’eventuale sequestro di beni.
In alcuni casi, durante le indagini preliminari, se il reato per cui si è querelati è particolarmente grave o sussiste il rischio di reiterazione del reato, il giudice può disporre misure cautelari. Queste misure possono essere:
- l’obbligo di firma o altre forme di controllo;
- arresti domiciliari;
- custodia cautelare in carcere nei casi più gravi, se vi sono indizi sufficienti per ritenere che il querelato abbia commesso il reato.
E’ importante notare che, anche in assenza di una condanna definitiva, la notizia di una querela e del procedimento penale può comportare un grave danno reputazionale. Questo rischio è amplificato nel caso in cui le accuse siano di pubblico dominio, soprattutto se il reato riguarda diffamazione o altre questioni personali sensibili.
Condanna penale
Se le indagini e il processo dimostrano la colpevolezza del querelato, si può arrivare a una condanna. Le conseguenze penali variano a seconda della gravità del reato, ma possono includere:
- pena detentiva: per i reati più gravi, come lesioni o violenza, il querelato potrebbe essere condannato a una pena detentiva;
- sanzioni pecuniarie: multe o ammende sono comuni per reati meno gravi come la diffamazione (art. 595 c.p.) o le minacce (art. 612 c.p.);
- risarcimento dei danni: oltre alla pena penale, il querelato potrebbe essere obbligato a risarcire la persona offesa per i danni morali e patrimoniali subiti. Questo risarcimento può essere richiesto tramite la costituzione di parte civile nel processo.
Strumenti di difesa del querelato
Il querelato ha a disposizione diversi strumenti per difendersi dalle accuse e proteggere i propri diritti durante il processo penale. In primo luogo, l’indagato deve avvalersi dell’assistenza di un avvocato penalista. Ciò quando riceverà l’informazione di garanzia ex art. 369 c.p., l’atto formale con il quale l’indagato viene informato che è in corso un procedimento penale a suo carico. L’avvocato potrà valutare l’opportunità di presentare istanze difensive, memorie e richieste di archiviazione.
Se il querelato ritiene che la querela sia infondata o strumentale, può presentare una controquerela per il reato di calunnia (art. 368 c.p.). Tale strumento è spesso utilizzato nella prassi penale per difendersi da querele ingiuste o pretestuose.
Nel corso delle indagini preliminari, il querelato, mediante il suo difensore di fiducia, può richiedere l’archiviazione del procedimento al giudice, se ritiene che non vi siano elementi sufficienti per proseguire il processo. L’archiviazione può essere disposta quando mancano le prove o quando si dimostra che il fatto non sussiste o non costituisce reato (art. 408 c.p.p.).
Inoltre, il querelato può difendersi dimostrando la presenza di cause di esclusione del reato, come lo stato di legittima difesa (art. 52 c.p.) o l’esercizio di un diritto (es. nel caso di critiche giornalistiche giustificate che escludono la diffamazione).
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Qualche esempio concreto
Ecco alcuni casi concreti che mostrano in che modo la querela si applica e quali sono le sue conseguenze.
Querela per diffamazione sui social media
- Il reato di diffamazione (art. 595 c.p.) si verifica quando una persona offende la reputazione di un’altra in sua assenza, comunicando tale offesa a più persone. In un caso tipico, un individuo viene insultato su una piattaforma social come Facebook o Instagram. La persona offesa scopre che un post pubblico lede la sua immagine, con accuse false e offensive rivolte contro di lei. La vittima può presentare querela entro 3 mesi dalla scoperta del post diffamatorio; fornendo prove concrete, come screenshot del post e testimonianze di altri utenti che abbiano visto il contenuto.
Querela per minaccia
- Un altro esempio è il reato di minaccia (art. 612 c.p.),quando una persona fa temere ad un’altra un male ingiusto e grave. È il caso di un soggetto che riceva ripetute minacce da parte di un vicino in seguito a una disputa riguardante il confine tra le proprietà. Le minacce sono espresse sia verbalmente che tramite messaggi scritti. La parte offesa può querelare il vicino, allegando prove come i messaggi minatori e la testimonianza di altri vicini che hanno assistito alle minacce. La minaccia semplice è punita con la reclusione fino a 1 anno o con una multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è aggravata (ad esempio, con l’uso di armi), le pene possono essere più severe.
Querela per appropriazione indebita
- Se una persona presta del denaro a un conoscente con l’accordo che quest’ultimo lo restituisca entro una certa data, ma il debitore non restituisce la somma e se ne appropria come fosse sua, il creditore può presentare querela per appropriazione indebita (art. 646 c.p.). La querela deve essere presentata entro 3 mesi e supportata da prove come messaggi o e-mail che dimostrano l’accordo. Se il querelato è riconosciuto colpevole, rischia una pena fino a 3 anni di reclusione o una multa. La vittima può anche chiedere il risarcimento del danno subito.
Querela per truffa
Un caso tipico di {{}} può verificarsi in una vendita online. Ad esempio, una persona acquista un cellulare pagando in anticipo, ma non riceve mai il prodotto. Successivamente scopre che il venditore non aveva intenzione di inviarlo. In questa situazione, la vittima può sporgere querela per truffa, allegando prove come il pagamento e le comunicazioni con il venditore. La truffa è un reato perseguibile a querela, e il colpevole rischia una pena fino a 3 anni di reclusione o una multa. La vittima può anche chiedere il risarcimento per il danno economico subito.
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