Posso aprire la partita Iva estera e lavorare in Italia? Quali possono essere i vantaggi e i rischi con il Fisco in Italia? Vediamo in che modo si può avere una partita Iva estera senza reati.
Aprire una partita Iva all’estero e lavorare in Italia è possibile? Sicuramente questa è una scelta che potrebbe affascinare molti, visto che sono tanti i Paesi in cui l’imposizione fiscale è più bassa rispetto a quella italiana. Per operare in Italia con una partita Iva estera, però, bisogna seguire una serie di accorgimenti per non incorrere in rischi e sanzioni e soprattutto per risultare in regola.
Ricordiamo che nei Paesi dell’Unione vige il principio di libertà di stabilimento: un soggetto residente in UE può avviare la sua attività imprenditoriale nel Paese a lui più adatto. Può effettuare tale scelta anche con lo scopo di ottenere una tassazione più bassa o semplicemente, ridurre gli adempimenti burocratici, è però essenziale che trasferisca anche la residenza fiscale personale.
Per i Paesi extra UE è necessario verificare i requisiti richiesti nel singolo Paese.
In parole povere: non è vietato trasferire l’attività all’estero per risparmiare sulle tasse e abbiamo visto negli ultimi anni delle vere e proprie fughe.
Il problema principale, per chi si trasferisce all’estero, è che non sempre è possibile (o in molti casi non lo si desidera) chiudere la propria attività in Italia. Operare in Italia con una partita Iva estera è possibile, così come è possibile per un Italiano aprire tranquillamente una partita Iva all’estero. Il tutto, però, deve essere fatto seguendo le procedure corrette e non con l’intento di evadere il Fisco italiano.
Fatta questa doverosa premessa, vediamo come si deve fare per aprire una partita Iva all’estero pur continuando a operare in Italia, in modo legale e senza correre alcun rischio.
Partita Iva estera, la residenza è fondamentale
Per aprire una partita Iva estera, in modo sicuro, senza incorrere in reati, è necessario il trasferimento della residenza nel Paese in cui si desidera aprire la propria partita Iva. Deludiamo fin da subito, quindi, chi pensa di aprire una partita Iva in un altro Paese restando, però, a vivere in Italia. In questo caso si incorre nell’esterovestizione, ovvero la falsa residenza in un Paese estero di una persona fisica o di una società per evitare gli adempimenti fiscali previsti nel proprio Paese di residenza (nel nostro caso l’Italia).
Anche se per molti può sembrare appetibile stabilire la residenza all’estero per avvalersi di una fiscalità privilegiata, è necessario che la residenza sia effettivamente all’estero e che non si verifichino i presupposti per essere considerato fiscalmente residenza nel territorio italiano. Diventa basilare conoscere tutte le norme, fiscali e non solo, del Paese che si sceglie e verificare anche la presenza di eventuali contributi riconosciuti a chi investe. Solo in questo modo si può capire se vi è un reale vantaggio fiscale.
Aprire una partita Iva all’estero
In ogni Paese dell’Unione Europea è possibile aprire una partita Iva poiché vige il principio di libertà di stabilimento, ovvero la possibilità di ogni soggetto che risiede in Ue di avviare la sua attività in qualsiasi Paese che ritenga consono. Se si sceglie, invece, un Paese extra UE è necessario informarsi sui requisiti che richiede per avviare un’attività. Nonostante questo, in ogni caso, l’apertura risulta semplice sia all’interno che all’estero dell’Ue.
Se l’intento è quello di abbattere la tassazione si potrà scegliere, ad esempio, un Paese dalla tassazione più favorevole (un esempio potrebbe essere la Moldavia o la Bulgaria). Se l’obiettivo, invece, è quello di avere una burocrazia meno complessa si dovrebbe scegliere il Regno Unito che richiede meno burocrazia rispetto all’Italia.
La cosa fondamentale, a conti fatti, è quella di non limitarsi ad aprire la propria attività nel Paese estero, ma ci si deve impegnare a trasferirci anche la residenza fiscale.
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Partita Iva estera si può lavorare in Italia?
Con la partita Iva estera l’imprenditore può lavorare anche in Italia (non esiste nel nostro Paese alcun divieto di operare con una partita Iva estera, infatti). Il problema di operare in Italia con questa partita Iva è quello di essere tenuto a pagare le tasse sia in Italia che all’estero. Ricordiamo, infatti, che l’Irpef è dovuta da:
- chi lavora e vive in Italia;
- vive in Italia e lavora all’estero;
- vive all’estero e lavora in Italia.
Naturalmente chi paga l’Irpef in Italia deve anche svolgere tutti gli adempimenti, ad esempio deve presentare la dichiarazione dei redditi nei termini previsti.
Chi in Italia si avvale del regime forfettario deve, invece rinunciarvi nel caso in cui decide di aprire la partita Iva all’estero e stabilire ivi la propria residenza fiscale.
La doppia tassazione, in ogni caso, può essere evitata se si sceglie come Paese di residenza uno Stato che abbia una convenzione bilaterale contro la doppia imposizione. Ma anche in questo caso il professionista estero che lavora in Italia è tenuto a pagare una ritenuta fiscale del 30%.
Se nella convenzione sottoscritta con lo Stato estero è specificato, il professionista o l’imprenditore è tenuto a versare le tasse in Italia solo se qui ha una base fissa come un ufficio. In questo caso la ritenuta al 30% è da applicare ai redditi prodotti in Italia e il professionista dovrà documentarli.
Solo nel caso in cui il professionista operi in Italia occasionalmente, allora le tasse sono dovute solo nel Paese di residenza.
Partita Iva estera, lavoro in Italia e residenza in Italia: i rischi
La situazione diventa particolarmente rischiosa per il professionista che, pur vivendo Italia, opera nel nostro Paese con una partita Iva estera visto che incorre nell’esterovestizione o nella stabile organizzazione occulta.
Il problema principale va ricercato nella determinazione della sede fiscale di un’impresa per la quale si fa riferimento al posto dove il soggetto conclude contratti e in cui compie l’attività amministrativa dell’impresa.
In questi casi il rischio è quello di incorrere nell’evasione fiscale che porta, inevitabilmente, all’avviso di accertamento per il pagamento delle imposte evase maggiorate da sanzioni che vanno dal 120% al 240% delle imposte non versate.
Imprese estere che lavorano in Italia
Le norme sono naturalmente reciproche, quindi chi si trasferisce all’estero e opera anche in Italia deve pagare le tasse anche qui, il principio vale però anche per le imprese estere che operano anche in Italia, le stesse dovranno versare al Fisco italiano le imposte relative ai redditi prodotti in Italia.
Come si stabilisce la sede di un’impresa/società?
Diventa a questo punto importante definire i criteri con i quali viene stabilita la sede di un’attività. In questo caso aiutano le norme dell’Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), da coordinare con le norme interne: al fine di determinare la sede fiscale di un’impresa, si deve tenere in considerazione il luogo in cui un soggetto ha il potere di concludere contratti e il luogo in cui svolge compiti amministrativi.
Ne consegue che se un’impresa ha sede all’estero, ma svolge attività amministrativa in Italia perché qui, ad esempio, svolgono la loro attività gli organi sociali, si può essere sottoposti a un’indagine per evasione fiscale nell’ambito dell’esterovestizione o stabile organizzazione occulta.
Naturalmente le conseguenze dipendono anche dalla forma sociale assunta, ad esempio le società di capitali rispondono solo con i beni societari, professionisti e imprenditori rispondono anche con i beni personali. Ne consegue che dal punto di vista economico si rischia molto.
Il controllo delle partite Iva
Ricordiamo che attraverso il Vies, sistema messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, è possibile affettuare il controllo delle partite Iva comunitarie.
Il VIES (sistema per lo scambio di informazioni sull’IVA) è un motore di ricerca (non una banca dati) di cui la Commissione europea è titolare. Quando si avvia una ricerca, le informazioni vengono recuperate dalle banche dati nazionali sull’IVA.
Il sistema offre una serie di dati sulle partite Iva, ad esempio conferma la validità del codice della stessa, indica se la stessa è attiva anche per le operazioni Intra Ue o se la partita Iva è inesistente.
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