Pensioni, l’ansia del presidente Inps. “Dovremo ripensare tutto”

Simone Micocci

22 Agosto 2024 - 10:03

Pensioni, il presidente dell’Inps preoccupato per quanto potrà succedere nel 2025. Servirà una riforma che non riguarderà solamente il sistema previdenziale ma anche quello assistenziale e sanitario.

Pensioni, l’ansia del presidente Inps. “Dovremo ripensare tutto”

Il nuovo presidente dell’Inps Gabriele Fava parla di pensioni.

Lo fa in un’intervista pubblicata da La Stampa in queste ore, dove come il suo predecessore (Pasquale Tridico, ndr) si sofferma sul futuro del nostro sistema previdenziale, guardando con preoccupazione a quando il rapporto tra lavoratori e pensionati sarà sempre più sottile.

Uno scenario che mette in pericolo la sostenibilità del sistema previdenziale visto che il costo per le pensioni è destinato ad aumentare mentre al tempo stesso le entrate contributive rischiano di ridursi.

Ovviamente il presidente dell’Inps è in ansia per quanto potrebbe succedere, per quanto comunque sembra che abbia già individuato delle soluzioni per evitare di ritrovarci di fronte a un nuovo scenario come quello che nel 2011 portò all’approvazione della riforma Fornero e all’allungamento dell’età pensionabile.

Pensioni, cos’è l’inverno demografico e perché preoccupa

Il presidente dell’Inps non nasconde la sua preoccupazione per il cosiddetto “inverno demografico”, quando appunto arriverà il momento in cui la spesa previdenziale raggiungerà dei picchi elevati con il rischio che non venga adeguatamente sorretta dalle entrate contributive.

In particolare l’anno a cui si guarda con ansia è il 2050, quando si stima che i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale. Come si pensa di poter pagare le pensioni, oltre a farsi carico delle misure assistenziali, in un tale scenario?

Fava non si nasconde, parlando appunto della “necessità di ripensare l’attuale sistema di welfare, previdenziale, assicurativo e sanitario”. Arriverà un momento - ed è importante esserne consapevoli così da poter prendere le contromisure - in cui lo Stato dovrà essere per forza di cose meno generoso con i propri cittadini.

Con la crescita del peso degli over 65 (che non solo gravano maggiormente sul sistema previdenziale, ma anche su quello assistenziale e sanitario) servirà necessariamente una riforma che garantisca sostenibilità. Il che in parte è già stato fatto con l’introduzione del regime contributivo - al quale non si potrà in alcun modo rinunciare - che grazie al sistema di calcolo, come pure a misure che adeguano tanto l’importo dell’assegno quanto l’età pensionabile alle speranze di vita, ha contribuito a limitare i danni dell’invecchiamento della popolazione.

Nel frattempo sarà importante, sottolinea Fava, “cogliere l’opportunità di riconsiderare questi cittadini non più come un costo, ma come una risorsa”. Sarà fondamentale sostenere la cosiddetta “silver economy” (considerando che sono proprio gli over 65 a dare il maggior sostegno all’economia in quanto hanno una maggiore propensione agli acquisti), come pure sviluppare politiche di invecchiamento attivo ed age management nel mercato del lavoro. In poche parole, servirà prendere atto del fatto che se la popolazione invecchia dovremo restare al lavoro per più anni rispetto a oggi.

L’importanza di un’educazione sulle pensioni

Money.it in queste settimane ha lanciato un corso (a cui potete iscrivervi qui) con tutte le istruzioni per pianificare la propria pensione. Una guida nata proprio con l’obiettivo di educare le persone su quelli che sono gli scenari contributivi possibili.

Una missione condivisa dallo stesso Fava, secondo il quale serve “puntare alla formazione e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, riducendo il mismatch nel mercato del lavoro italiano”.

D’altronde, “la pensione di domani si costruisce con il lavoro di oggi”: il problema è che oggi in Italia su un totale di 10,4 milioni di giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni solamente 7 milioni lavorano, e solo l’80% presenta contributi stabili negli ultimi 5 anni.

E gli altri? Sono precari, alcuni persino inoccupati (non hanno mai versato contributi), gravando sulle casse dello Stato dal momento che percepiscono ammortizzatori sociali (“tra i più inclusivi e generosi dei Paesi europei”).

Affinché tutti possano avere uno scenario pensionistico adeguato, quindi, servirà assicurare a ogni giovane un lavoro ben retribuito e quindi coperto dal punto di vista previdenziale, obiettivo che è molto più semplice fissare che raggiungere.

Senza però trascurare l’aspetto educativo e formativo, facendo comprendere a ogni giovane l’importanza di costruire il proprio “salvadanaio previdenziale”. Si dovrà partire da scuole e Università, spiega Fava, con una serie di iniziative che serviranno per dare quella consapevolezza necessaria sull’importanza di iniziare fin da subito a pianificare la propria pensione.

Serve consapevolezza su come si costruisce il futuro pensionistico, prestando attenzione ad esempio al proprio estratto contributivo (qui le istruzioni su come si richiede), come pure ai requisiti per andare in pensione.

Solo essendo informati si potrà al tempo stesso essere preparati a quando arriverà, inevitabilmente, uno scenario peggiore rispetto a oggi.

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