I dati parlano chiaro: la comunità afroamericana è la più colpita da coronavirus negli USA. I motivi? Povertà e disuguaglianza sociale. Ecco perché negli Stati Uniti anche l’epidemia è una questione razziale.
Sono quasi 500.000 i contagiati da coronavirus negli USA, con più di 16.500 morti. Negli Stati Uniti la drammatica situazione causata dell’epidemia diventa anche una triste storia di disparità razziale. E di ingiustizia sociale.
Analizzando i dati, infatti, emerge una realtà già nota nella grande nazione americana: le minoranze razziali sono vulnerabili e esposte a rischi sanitari molto più della popolazione bianca. Le persone di colore negli USA sono colpite in modo sproporzionato dalla COVID-19 e molti di loro sono i deceduti.
Questa allarmante tendenza segue una lunga storia di razzismo e disuguaglianza che da sempre ha come protagonisti gli afroamericani negli USA. Anche oggi ai tempi del coronavirus.
Afroamericani più colpiti da COVID-19: è disparità razziale negli USA
Il bilancio dell’epidemia fino a questo momento smentisce la dichiarazione di Cuomo, governatore di New York, secondo il quale il coronavirus è un “grande equalizzatore” e colpisce tutti indistintamente. E no, la discriminazione c’è.
Le disuguaglianze sono particolarmente evidenti in città come New Orleans, Chicago e Detroit, dove vivono alte concentrazioni di persone di colore. In Lousiana, con il quarto maggior numero di casi di contagio degli USA, il 70% delle morti è afroamericano.
Anche le città del Midwest come Detroit, Chicago e Milwaukee segnalano un crescente squilibrio. Detroit, che è quasi per l’80% nera, ha la più alta concentrazione di positivi di tutto il Michigan. Il tasso di mortalità in città rappresenta il 40% delle morti complessive nello Stato.
A Chicago, le comunità di colore sono il 30% della popolazione totale della città. Qui più della metà dei contagiati è afroamericana e 7 pazienti su 10 deceduti per COVID-19 erano neri.
Statistiche simili sono state osservate altrove negli Stati Uniti. Nel Michigan, il 40% di coloro che sono morti erano afroamericani anche se il gruppo rappresenta solo il 13% della popolazione dello Stato.
A New York, epicentro della pandemia negli Stati Uniti, il coronavirus sta uccidendo gli afroamericani e gli ispanici con una frequenza doppia rispetto ai bianchi.
Casualità? Questione biologica? Purtroppo non sono queste le spiegazioni di tale sproporzione nella diffusione del coronavirus negli USA. Le risposte devono essere cercate nelle troppo marcate differenze su base razziale nell’accesso ai diritti. Di cure sanitarie, innanzitutto.
Povertà e ingiustizia sociale: ecco perché i neri muoiono di coronavirus
L’epidemia sta mettendo in luce diverse fragilità della potenza statunitense. Tra queste, spicca la già nota disparità nell’accesso alle cure sanitarie.
Gli afroamericani soffrono di alti tassi di obesità, diabete e asma - condizioni di salute di base che mettono le persone a maggior rischio di complicanze da COVID-19. In più, per loro la mancanza di opportunità economiche e di accesso a cure mediche adeguate è la normalità.
Sono, queste, disparità storiche e radicate nella società USA. Le malattie cardiache e il cancro ai polmoni registrano tassi più elevati di morte proprio negli afroamericani, al punto che vivono in media da 10 a 12 anni in meno rispetto ai bianchi.
Le persone di colore hanno il doppio delle probabilità di mancare di un’assicurazione sanitaria rispetto alle loro controparti bianche e solitamente vivono in aree non fornite da servizi dal punto di vista medico, dove l’assistenza primaria è scarsa o costosa.
In più, gli afroamericani corrono un rischio maggiore di esposizione al virus perché vivono concentrati nelle aree urbane e lavorano nelle industrie essenziali. Solo il 20% dei lavoratori di colore ha dichiarato di essere idoneo a lavorare da casa, rispetto a circa il 30% delle loro controparti bianche.
Una sfida nella sfida, quindi, per gli USA: curare i malati del coronavirus e diminuire l’ingiustizia sociale e la povertà.
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