Prezzo del gas in Europa e guerra in Israele: c’è un legame? Cosa può succedere al mercato del gas europeo, già vulnerabile per altri fattori, con il conflitto in Medio Oriente.
Il prezzo del gas in Europa sta scendendo dai nuovi balzi dei giorni scorsi, ma il benchmark di riferimento olandese rimane sotto osservazione.
La guerra Israele-Hamas ha riacceso i riflettori sulle vulnerabilità del mercato energetico e, nello specifico, di questa materia prima che tanto ha messo in crisi il vecchio continente dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina con l’aggressione russa.
Nel dettaglio, i prezzi europei del gas naturale hanno registrato una volatilità significativa, con i futures TTF in calo di oltre il 5% a circa 48 euro per megawattora nella giornata del 19 ottobre, dopo due sessioni consecutive di guadagni. Le preoccupazioni sull’approvvigionamento di gas derivanti dal conflitto israelo-palestinese, le previsioni meteorologiche e le elevate scorte di gas sono i fattori più importanti da osservare.
Il prezzo del gas in Europa può ancora stupire con impennate poco gradite con l’avvicinarsi dell’inverno.
Guerra in Israele e gas: il prezzo può salire, anche in Europa
Notizie contrastanti per il mercato del gas in Europa. In generale, si prevede che la volatilità persisterà a causa delle scarse forniture globali.
Israele, ora in guerra, ha chiuso un importante giacimento di gas a causa di problemi di sicurezza nel contesto dei conflitti in corso, che potrebbero influenzare le esportazioni di gas naturale liquefatto dall’Egitto (e quindi in Europa).
Una nota positiva sono le previsioni di temperature miti in alcune parti d’Europa, tra cui Francia e Germania, che potrebbero addirittura salire al di sopra della media nei prossimi giorni. Nel frattempo, un’alleanza sindacale australiana ha approvato accordi salariali e condizionali per i due impianti GNL della Chevron in Australia, risolvendo una situazione di stallo che aveva portato i lavoratori a considerare nuovi scioperi.
Tuttavia, i riflettori sono accesi sul conflitto in Medio Oriente. Se il coinvolgimento dell’Iran è visto come una grave minaccia per il prezzo del petrolio, per valutare cosa può davvero accadere al gas occorre osservare proprio Israele.
Il Paese, che negli ultimi anni è diventato un esportatore di gas, ha infatti chiuso diversi importanti siti energetici da quando i militanti di Hamas hanno attaccato il Sud di Israele il 7 ottobre, scatenando un conflitto più ampio nella Striscia di Gaza.
Il 9 ottobre Israele ha sospeso il giacimento di gas Tamar, gestito dalla Chevron, la cui piattaforma si trova a circa 25 chilometri (km) al largo della città di Ashdod, lungo la costa meridionale del Mediterraneo di Israele.
Tamar ha prodotto 10,25 miliardi di metri cubi (bcm) di gas nel 2022, l’85% del quale è stato utilizzato nel mercato interno mentre il restante 15% è stato esportato in Giordania e in Egitto, che a sua volta fornisce il mercato europeo.
Inoltre, Chevron ha dichiarato il 10 ottobre di aver interrotto le esportazioni di gas naturale attraverso l’East Mediterranean Gas (EMG) tra Israele ed Egitto e che stava fornendo gas tramite un gasdotto alternativo attraverso la Giordania. Il gasdotto EMG va dalla città israeliana meridionale di Ashkelon, situata a circa 10 km a nord di Gaza, fino a El-Arish in Egitto, dove si collega a un gasdotto onshore.
Sebbene l’Europa non sia coinvolta con forniture dirette dal gas del Mediterraneo orientale e da Israele, è evidente che, o tramite il collegamento con l’Egitto, o semplicemente attraverso le regole di mercato, la vulnerabilità del settore in questa zona del mondo può colpire il vecchio continente.
In generale, perché quando ci sono interruzioni di approvvigionamento e blocchi di esportazione, il mercato del gas si restringe e questo fa aumentare automaticamente i prezzi.
Poi, leggendo i dati di Bruegel sulla fornitura di Gnl in Europa, emerge che, per esempio, dal 9 agosto al 9 settembre, gas naturale liquefatto è arrivato dal Medio Oriente (per quasi 1 milione di metri cubi) e dall’Africa, compreso l’Egitto, (per 2,222 milioni di metri cubi). Turbolenze in questa regione possono creare shock di domanda/offerta e aumenti di prezzo del gas.
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