Questi sono i 10 paesi con il cibo più sgradevole, secondo i turisti

Maria Paola Pizzonia

3 Novembre 2024 - 19:37

Paesi, e sapori controversi: un viaggio tra le cucine meno apprezzate dai turisti, ma facciamoci anche qualche domanda.

Questi sono i 10 paesi con il cibo più sgradevole, secondo i turisti

Non sempre un viaggio regala esperienze culinarie indimenticabili – almeno non nel senso positivo del termine. Mentre alcune destinazioni sono celebri per le loro prelibatezze, altre lasciano un ricordo meno piacevole nei visitatori. Alcuni turisti hanno condiviso su Reddit i loro racconti più sfortunati, tra ingredienti insoliti, pietanze con preparazioni non convenzionali e piatti difficili da apprezzare. Dai ragni fritti della Cambogia alla carne di squalo fermentata dell’Islanda, scopriamo quali sono i paesi che, secondo le testimonianze raccolte, non hanno brillato per le loro proposte ai turisti. gastronomiche.

Cambogia: ragni fritti

La Cambogia offre una cucina ricca e variegata, ma alcuni piatti possono risultare una sfida per i palati occidentali. Tra le specialità più curiose spiccano i ragni fritti, in particolare le tarantole, che vengono servite come snack croccante nelle strade di Phnom Penh e altre città. Questo piatto, sebbene rappresenti una tradizione locale, può essere difficile da apprezzare per chi non è abituato. I ragni fritti sono una tradizione culinaria nata durante il regime dei Khmer Rossi, quando le risorse alimentari scarseggiavano e la popolazione fu costretta a trovare fonti alternative di proteine. Questo cibo di emergenza è poi diventato una specialità locale.

Ucraina: piatti sconosciuti e difficili da apprezzare

In Ucraina, la cucina tradizionale presenta piatti che possono risultare insoliti per i visitatori. L’holodets, ad esempio, è una gelatina di carne preparata con brodo solidificato e pezzi di carne o pesce, spesso servita fredda. Questo piatto, sebbene apprezzato localmente, può risultare poco invitante per chi non è abituato a tali consistenze e sapori: l’aspetto trasparente e il sapore intenso di carne fredda possono rendere l’holodets sgradevole per chi si aspetta sapori più familiari e consistenze meno viscerali. Questo piatto, però, rappresenta un’antica tradizione ucraina, dove niente va sprecato, nemmeno il brodo.

Nuova Zelanda: troppo standard, poche note distintive

La Nuova Zelanda è famosa per i suoi paesaggi mozzafiato, ma la sua cucina è spesso percepita come priva di una forte identità culinaria. Molti piatti sono influenzati dalla tradizione britannica, con preparazioni come il fish and chips o l’arrosto domenicale. Sebbene siano pietanze gustose, alcuni turisti ritengono che manchi una distintiva impronta neozelandese nei sapori.

Tuttavia, questa pretesa culinaria omette le antiche tradizioni indigene Māori, i cui piatti originali, come l’hāngi (carne e verdure cotte lentamente sotto terra), raccontano una storia ben più profonda. La cultura Māori, sebbene presente, è spesso relegata al folklore, e le sue ricette tipiche rischiano di essere dimenticate in un panorama dominato da sapori coloniali.

Antartide: sapori congelati e poche opzioni

L’Antartide, pur non essendo una nazione, è presa spesso in considerazione come tale sui racconti di Reddit. Si tratta, a quanto si legge, di una destinazione che offre limitate opzioni culinarie. Le basi scientifiche e le navi da crociera propongono principalmente cibi conservati o surgelati, con poche possibilità di assaggiare ingredienti freschi. Questo rende l’esperienza gastronomica piuttosto monotona e poco entusiasmante per i visitatori.

Ma la realtà è che, con le sue condizioni ambientali uniche e l’assenza di coltivazioni locali, non è possibile aspettarsi una cucina variegata: lì tutto arriva congelato o in scatola, per necessità logistiche più che per mancanza di inventiva. Le basi scientifiche e le navi da crociera servono piatti conservati e surgelati, una scelta inevitabile in un luogo ricoperto di ghiaccio e senza risorse fresche. Forse, con un occhio più critico, si potrebbe persino apprezzare il lavoro di chi rende possibile mangiare anche nel cuore di questo deserto bianco.

Islanda: carne di squalo fermentata

In Islanda, sembra che la cucina tradizionale includa piatti che possono mettere alla prova anche i palati più avventurosi. Il hákarl, carne di squalo fermentata, è noto per il suo odore pungente e il sapore intenso. Sebbene sia considerata una prelibatezza locale, molti turisti trovano difficile apprezzarla.

Tuttavia, questo piatto ha origini profonde e pratiche: fermentare lo squalo permetteva ai pescatori islandesi di consumare una fonte di proteine che altrimenti sarebbe stata tossica, dato l’alto contenuto di ammoniaca del pesce fresco. In un ambiente dove per secoli il cibo era scarso e la pesca una risorsa vitale, il hákarl rappresenta un simbolo di adattamento e sopravvivenza. Forse, con una prospettiva meno critica e più rispettosa delle condizioni islandesi, il piatto può essere visto come una testimonianza di resilienza più che come una bizzarria “estrema”.

Russia: gelatina di carne e altri piatti singolari

La cucina russa offre una varietà di piatti che possono sorprendere i visitatori. L’aspic, una gelatina salata contenente carne, pesce o verdure, è spesso servita come antipasto. Questa preparazione, comune nelle festività, può risultare insolita per chi non è abituato a tali sapori, ma soprattutto, consistenze. Ma affonda le sue radici nella cucina contadina russa del XVIII secolo, un’epoca in cui sfruttare ogni parte degli animali era una necessità. Nei lunghi inverni russi, la gelatina naturale, ottenuta facendo sobbollire ossa e cartilagini, permetteva di conservare la carne più a lungo senza sprechi. Questo piatto, nato dalla necessità di conservazione in un tempo senza frigoriferi, è stato un simbolo di ospitalità e abbondanza, tanto da essere servito durante le feste.

Kenya: carne troppo cotta

In Kenya, la preparazione della carne prevede spesso cotture prolungate, che possono renderla dura e asciutta. Piatti come il nyama choma, carne alla griglia, sono tradizionalmente cotti fino a raggiungere una consistenza ben cotta, che può risultare meno gradevole per chi preferisce carni più tenere. Questa tecnica deriva dalla tradizione pastorale e dalla necessità di eliminare batteri attraverso una cottura prolungata, soprattutto nelle aree rurali dove la refrigerazione è limitata.

Corea del Nord: sapori insipidi

La cucina nordcoreana presenta piatti che possono apparire semplici e poco saporiti ai visitatori. I naengmyeon, noodles freddi serviti in brodo, sono una specialità locale che può risultare insipida per chi è abituato a sapori più intensi. Anche il soju, una bevanda alcolica tradizionale, è spesso descritto come dal gusto neutro. Ma è chiaro che la cucina nordcoreana è segnata da ingredienti semplici e una preparazione essenziale, riflettendo le limitazioni economiche e l’autosufficienza imposta dal regime.

Mongolia: la bizzarria del latte di cavallo

La dieta mongola è basata su prodotti lattiero-caseari e carne. Il airag, latte di cavallo fermentato, è una bevanda tradizionale dal sapore acidulo che può risultare difficile da apprezzare. Inoltre, piatti come il boodog, carne di capra o marmotta cotta all’interno della propria pelle, possono sembrare estremi per i visitatori. Per i pastori nomadi, però, rappresenta una preziosa fonte di energia e idratazione, perfetta per affrontare il clima rigido delle steppe. Anche lo stile di cottura “estremo”, nato dalla necessità di cucinare senza pentole o fuochi controllati, è un adattamento ingegnoso alla vita nomade e alle risorse limitate di un ambiente difficile.

Kazakistan: cibo poco apprezzato

La cucina kazaka include piatti che possono essere davvero impegnativi per i turisti. Il kazy, salsiccia di cavallo, e il beshbarmak, pasta con carne bollita, sono specialità locali che possono non incontrare i gusti di tutti. La forte presenza di carne di cavallo e le preparazioni semplici possono risultare poco attraenti per chi è abituato a cucine più elaborate. Queste scelte culinarie affondano però le loro radici nello stile di vita nomade dei kazaki, dove l’allevamento di cavalli era centrale. La carne di cavallo, ricca di proteine e facilmente conservabile, rappresentava una fonte alimentare fondamentale. Piatti come il beshbarmak, che significa “cinque dita” in kazako, venivano consumati con le mani, favorendo la convivialità e l’unità tra i commensali. Queste tradizioni esprimono un forte adattamento a un ambiente ostile, con le risorse disponibili.

Una lista ironica, con occhio critico

Provare i cibi di altre culture è come fare un viaggio in tradizioni che, spesso, hanno radici secolari. Certo, alcuni sapori possono sembrare strani, persino un po’ estremi, ma dietro ogni piatto c’è una cultura, un legame con l’ambiente, un adattamento a risorse e abitudini specifiche. In fondo, quello che per noi è strano o “poco appetitoso” per altri può essere una vera delizia, un sapore familiare che evoca casa.

Questa lista va presa con leggerezza; non intende sminuire nessuno, ma piuttosto esplorare il lato più curioso della cucina globale. Ogni piatto, anche il più insolito, è un pezzo della vita quotidiana di qualcun altro. E, magari, non sempre sarà amore al primo assaggio, ma se c’è una sfida vera qui è proprio imparare a rispettare ogni cultura… anche a tavola.

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