Le trattative tra la Grecia e l’Europa sono ancora a un punto morto: molti i punti sui quali non è stata raggiunta un’intesa ma intanto Tspiras torna a segnalare la necessità di rinegoziare il debito pubblico greco.
I negoziati tra la Grecia e le istituzioni europee sono ripresi dallo scorso venerdì ma al di là del loro avanzamento, risultano più degni di nota i segnali che stanno inviando il premier greco Tsipras e il suo ministro delle Finanze Varoufakis, segnali che si configurano come l’anticamera di una sempre più probabile uscita della Grecia dall’euro.
Le trattative tra Grecia, da un lato e Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Fondo salva stati, dall’altro, sono a un punto morto. La Grecia non ha ancora presentato una lista di riforme che possa essere considerata valida e si susseguono gli inviti dei partner europei al rispetto degli impegni presi. Ultimo in ordine di tempo è stato il richiamo del Commissario agli Affari Economici della Commissione Europea, Pierre Moscovici, che ha rilevato come ci siano scadenze che si avvicinano.
I negoziati tra Grecia e Brussels Group non stanno approdando alla definizione di una lista di riforme condivisa, che possa essere presentata ufficialmente perché sono ancora troppe e troppo nette le distanze tra funzionari della (ex)Troika e i funzionari del governo ateniese. I nodi cruciali su cui non è stato ancora raggiunto un accordo sono la riforma delle pensioni e la riforma del mercato del lavoro mentre alcuni concessioni sarebbero arrivate da Atene in materia di privatizzazioni. La Grecia sarebbe pronta a cedere la società pubblica che gestisce il porto del Pireo e 14 aeroporti regionali, così da poter ottenere liquidità per più di 500 milioni di euro.
Che manchi un accordo è comunque un’opinione diffusa, dal momento che un portavoce della Commissione Europea non ha mancato di dichiarare che
«Il dialogo tra greci e Brussels Group prosegue in modo costruttivo, ma ancora non ci siamo e serve ancora del lavoro aggiuntivo della missione ad Atene»
La rinegoziazione del debito
Quel che però ha contribuito a infiammare di nuovo il dibattito sulla scena internazionale è stata l’audizione del premier Tsipras al Parlamento greco, avvenuta ieri. Rendendo conto dello stato di avanzamento dei negoziati tra la Grecia e il Brussels Group, il premier greco è tornato ad affermare che
«La ristrutturazione del debito greco è necessaria affinché Atene possa rimborsarlo»
L’affermazione è nefasta e risulta quanto mai preoccupante per le istituzioni europee perché contraddice gli accordi (politici) raggiunti lo scorso 20 Febbraio dove veniva concessa una proroga di 4 mesi del piano di salvataggio, in cambio di un piano di riforme stringenti e della rinuncia all’ipotesi di rinegoziazione del debito pubblico che determinerebbe gravi perdite in termini economici per tutti i partner europei, Germania in primis.
Si tratta di un passo indietro nella prosecuzione dei negoziati perché Tsipras con la sua affermazione fa tornare in ballo una pretesa a cui i greci avevano deciso di rinunciare poco più di un mese fa.
Un passo indietro probabilmente dettato dalle preoccupazioni che Tsipras ha affermato di nutrire per i propri cittadini, in particolare per quella classe media che è stata spazzata via dalle politiche di austerità del precedente governo guidato da Samaras.
Tsipras ha affermato che il proprio Esecutivo sta cercando un
«compromesso onorevole con i partner europei ma che non ci sarà una incondizionata capitolazione»
Ciò significa che le riforme proposte dal nuovo governo greco non punteranno solo ed esclusivamente a politiche di austerità ma si concentreranno anche su
«contrabbando, lotta al lavoro nero, maggiori controlli sui trasferimenti bancari, e una nuova tassazione delle licenze televisive e radiofoniche»
Il tenore delle dichiarazioni di Tsipras è stato comunque più politico che tecnico: pochi accenni alle riforme e molte frecciate a tanti argomenti che possono solo apparire come provocazioni: non solo la rinegoziazione del debito pubblico ma anche i debiti di guerra e i nomi degli evasori fiscali greci presenti nella lista «Falciani» della banca HSBC.
Argomenti che nonostante la fiducia segnalata da Tsipras nella possibilità di raggiungere un accordo anche sul piano tecnico con l’Europa, non fanno altro che gettare un’ombra sull’esito dei negoziati.
Maggiore lungimiranza ha mostrato il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, che dalle colonne del quotidiano tedesco Handelsblatt ha chiesto una tregua nelle ostilità tra Berlino e Atene, una tregua che consenta di raggiungere un accordo tecnico con l’Europa e permetta di sbloccare l’ultima trance di aiuti internazionali da 7,2 miliardi di euro. Secondo Varoufakis
«solo con il sostegno dei suoi partner la Grecia potrà concentrarsi sull’implementazione di riforme efficaci e di strategie politiche per la crescita»
Due discorsi, insomma, dal tenore molto differente, che però, in entrambi i casi, manifestano un nervosismo crescente riguardo alla necessità di chiudere gli accordi in fretta e di ottenere gli aiuti internazionali senza i quali la Grecia potrebbe presto trovarsi a dover valutare la possibilità della propria uscita dall’area euro.
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