Il differenziale tra contratti futures americani crolla in due mesi da 1,90 dollari a 23 centesimi. Il widowmaker, il «creatore di vedove», sancisce la vittoria del dumping strategico di Washington
Il nome di per sé è già tutto un programma, widowmaker. Il creatore di vedove. Per l’esattezza, il riferimento è al cosiddetto widowmaker spread, il differenziale fra contratti futures del gas naturale Usa - Henry Hub - che normalmente opera da proxy rispetto alle condizioni di approvvigionamento e quindi operatività energetica del Paese. E della sua economia energivora.
Soltanto all’inizio di ottobre, quello spread era a 1,90 dollari per milione di British thermal units nel timore di scorte insufficienti, mentre oggi la situazione è quella rappresentata da questo grafico:
23 centesimi. La ragione? Sostanzialmente, due. La prima è direttamente correlata alla previsioni meteo relative all’inverno, le quali negli Stati Uniti hanno subito un repentino cambiamento di prospettiva nelle scorse settimane e oggi sono certificate come estremamente miti rispetto alla media a 30 anni. Di fatto, meno necessità di riscaldamento.
Ma il tonfo nel differenziale è stato enorme. E in un arco temporale decisamente ristretto. Cosa può aver giocato così clamorosamente a favore dell’economia e della bolletta energetica Usa in così poco tempo? Ce lo mostrano questi altri due grafici,
il primo dei quali sintetizza la correlazione fra prezzo del gas europeo (linea blu) e statunitense (linea nera). Per anni la dinamica è stata quella di un andamento in tandem, poi la netta divaricazione negli ultimi mesi. Anzi, settimane.
E il secondo grafico appare ancora più chiaro, visto che mostra direttamente lo spread fra contratto Dutch europeo a 1 mese e futures statunitense, entrambi denominati in dollari. Praticamente, un dumping energetico devastante a favore della produzione Usa. E quel termine, solitamente riferito a una pratica manipolatoria e scorretta, calza a pennello. Ancorché, solo a metà. A far letteralmente esplodere lo spread hanno infatti cooperato due fattori, il primo dei quali è noto e rappresentato in questo grafico:
il bassissimo livello delle scorte di gas con cui l’Europa si è presentata all’appuntamento con la stagione fredda.
Il secondo motivo è correlato: la crisi in costante condizione di latenza fra Ue e Russia, motivo principale dei continui stop-and-go di Gazprom nella fornitura di gas agli hub del Vecchio Continente, in primis quello tedesco di Mallnow. Ed ecco che subentra il profilo di dumping. Se infatti da un lato gli Stati Uniti hanno giocato sporco, rinnovando e ampliando le sanzioni contro Nord Stream 2 proprio a ridosso dell’8 novembre, data fissata da Vladimir Putin per l’inizio delle operazioni di riempimento delle riserve europee, dall’altro Washington sta utilizzando sempre più l’Europa come proxy playground della sua guerra interessata contro Mosca.
Prima forzando la mano sul fronte bielorusso, ora con l’allarme rosso relativo a presunti piani del Cremlino per l’invasione dell’Ucraina via Donbass. L’Europa, ovviamente, si è schierata acriticamente al fianco degli Usa e a nulla è servita la mediazione messa in campo nelle ultime settimane da Angela Merkel. La costante e crescente tensione territoriale fra Ue e Russia non potrà che acuire da un lato la prezzatura in negativo sulle valutazioni per scorte di gas che Mosca potrebbe usare come arma non convenzionale e dall’altro aggravare fino al punto di rottura l’unica prospettiva che ancora evita al contratto Dutch a 1 mese di involarsi verso quota 150 euro per magawatt/ora. Ovvero, la risoluzione rapida e pacifica della disputa attorno alle concessioni operative per Nord Stream 2.
Detto fatto, un concorrente economico come l’Europa parte con i pesi alle caviglie, mentre l’economia Usa si presenta ai blocchi di partenza con scarpette leggere. Missione compiuta, insomma. Per Washington. E qui, un sospetto ormai sorge spontaneo, alla luce del tasso di inflazione che sta colpendo le economie del Vecchio Continente e del peso percentuale dell’energia in quella dinamica dei prezzi: l’atteggiamento delle istituzioni di Bruxelles verso Mosca è frutto di autolesionismo geopolitico, sindrome di Stoccolma verso gli Usa oppure qualcuno sta giocando contemporaneamente su due tavoli?
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