In Italia le retribuzioni non dipendono da competenze e performance lavorative, ma dall’età anagrafica. L’indagine dell’OCSE fa riflettere.
Il mercato del lavoro italiano non è certo motivo di vanto e l’ultima analisi dell’OCSE ha tentato di spiegare meglio il perché.
L’Organizzazione ha fatto notare come, nonostante il miglioramento dei dati sull’occupazione, le performance economiche dell’Italia siano rimaste fiacche e la produttività sia rimasta a livelli del tutto stagnanti.
Le condizioni del mercato del lavoro italiano sono in parte la causa di questa situazione. Non soltanto gli italiani sono poco competenti, ma utilizzano persino limitatamente le poche competenze che hanno a disposizione. E non è tutto.
I dati
Secondo quanto riportato dall’OCSE, soltanto il 20% dei giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni è laureato - siamo dunque al di sotto della media dell’Organizzazione che è del 30%.
Il problema, fa notare l’Organizzazione, non è tanto il basso numero di italiani che sceglie di intraprendere un percorso universitario, quanto quello relativo alle competenze: i laureati in Italia hanno meno competenze in lettura e matematica, ad esempio.
A ciò si aggiunga che molto spesso, i giovani in uscita dall’università si ritrovano a svolgere mansioni che poco o nulla hanno a che vedere con il percorso di studi intrapreso. Il 35% dei lavoratori è infatti occupato in settori non in linea con gli studi svolti.
Altro grande problema riguarda le retribuzioni che, fa notare l’OCSE, non sono legate alle competenze e alle performance individuali, ma dall’esperienza e dall’età anagrafica:
“caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”.
È un vero e proprio circolo vizioso: l’offerta di competenze è bassa, esattamente come è bassa la domanda da parte delle aziende. In altre parole gli italiani non sono preparati e alle società del mondo del lavoro pare andar bene così.
Competenze squilibrate
È proprio qui che si inserisce il fenomeno delle competenze squilibrate, anche detto skills mismatch. Stiamo parlando di un contesto in cui le competenze di un determinato lavoratore non combaciano con quelle richieste dalla sua mansione. Ancora secondo i dati OCSE, il 21% dei lavoratori italiani è sotto-qualificato, mentre il 6% ha competenze più basse di quelle richieste.
A ciò si aggiunga però anche uno squilibrio in direzione opposta. Il 17,7% dei lavoratori italiani possiede infatti più competenze rispetto a quelle necessarie per svolgere le proprie mansioni, mentre il 18% della forza lavoro è sovra-qualificata. Lo squilibrio, comunque, è evidente sia nell’uno che nell’altro senso.
Uniche note positive per i lavoratori italiani? La loro velocità di apprendimento e le loro capacità di problem solving. Per quanto detto fino ad ora l’OCSE si è lasciata andare ad un monito più o meno prevedibile: l’introduzione di nuove politiche di istruzione e formazione della forza lavoro potrebbe sicuramente garantire un maggior uso delle competenze sul posto di lavoro e un miglioramento delle condizioni del mercato.
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