Bitcoin torna a scambiare poco sopra i 30.000 dollari dopo che la Cina ha ordinato di estendere la sospensione al mining anche all’area di Sichuan (ma c’è anche il richiamo all’ordine agli istituti finanziari).
Non c’è pace per il Bitcoin. Una settimana fa Elon Musk aveva tentato di innescare una nuova ondata di buy a colpi di tweet, dicendosi favorevole ad un reintegro della divisa tra i metodi di pagamento di Tesla. Giravolta che sul momento aveva favorito un allungo oltre la soglia psicologica dei 40.000 dollari, seguito però da diverse sedute di storni.
E oggi, in apertura di settimana, la crypto ha steccato di nuovo, incassando in poche ore un -9% a 32.506 dollari. A pesare, ancora una volta, le notizie che arrivano dalla Cina, con i vertici di Pechino che continuano a soffocare miners e crypto-investitori.
Scivolone Bitcoin, -9% in un giorno. Dalla Cina una nuova stretta
Nelle ultime ore, infatti, il Dragone ha deciso di estendere anche all’area di Sichuan l’ordine di sospensione del mining. La Cina, come noto, è il primo paese al mondo per token estratti, e il giro di vite del Governo centrale sta accendendo più di un interrogativo sulle sorti future del segmento cripto-valutario. Secondo gli osservatori internazionali è probabile un esodo dei miners, con il Texas che, per via dei bassi costi dell’energia, appare come la destinazione naturale dei futuri crypto-migranti.
La Cina punta il dito contro gli sperperi dei super computer utilizzati per le estrazioni, sebbene alcuni studi recenti indichino come una parte consistente di energia (circa il 39%) derivi in realtà da fonti rinnovabili. Al punto che anche Musk, nell’ultima settimana, è tornato a strizzare l’occhio al Bitcoin. Ma da Pechino tengono dritta la barra, anche perché alcuni dati sul dispendio di energia elettrica di BTC&Co. - si parla di un consumo superiore a quello della Finlandia o della Svizzera - sono fondamentalmente incompatibili con gli obiettivi governativi di neutralità rispetto al clima.
Stop anche alle transazioni in criptovaluta
L’area di Sichuan si unisce così alla regione dello Xinjiang e alle provincie di Qinghai e Yunnan, dove i miners erano già stati banditi nelle scorse settimane. Ma quella cinese è una stretta senza quartiere, e non punta solo l’industria del mining: oggi alcune delle maggiori banche cinesi e il servizio di pagamenti elettronici Alipay, recependo le indicazioni della Pboc, hanno annunciato che bloccheranno tutte le transazioni in criptovaluta effettuate dai conti dei loro clienti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA