Che valore ha la firma in stampatello? Viene riconosciuta a livello legale perché autografa oppure è nulla perché non corrisponde alla calligrafia abituale?
La firma è un atto che a un certo punto della vita diventa rapido e spontaneo. La firma ordinata dello studente lascia gradualmente il passo a un atto più frettoloso, con una calligrafia via via meno leggibile, lettere abbozzate dalla rapidità. A scuola si insegnava, però, che la firma va fatta in modo impeccabile, scrivendo ogni lettera come da libro di testo e soprattutto in corsivo.
Per assurdo, i bambini che imitano l’atto di firmare, pur sapendo leggere e scrivere, fanno degli scarabocchi, qualcosa che assomiglia di più per personalizzazione della forma e dell’immagine alla firma che vedono apporre ai genitori o agli altri adulti. La legge non impone però di firmare in corsivo, trattandosi di una semplice consuetudine dovuta all’utilizzo abituale e frequente di questo carattere e alla sua flessibilità rispetto alla velocità.
A seconda del gusto personale, poi, il corsivo può apparire anche più gradevole e professionale perfino. Di fatto il carattere stampatello è quello impiegato dagli alunni che imparano a scrivere e negli anni a venire è limitato, potendo apparire come infantile. In secondo luogo, la scrittura in stampatello potrebbe ostacolare il riconoscimento della calligrafia abituale di chi l’ha apposta. D’altra parte, c’è anche chi scrive abitualmente in stampatello, talvolta perché non conosce il corsivo o gli risulta difficile. Possibile che la firma in stampatello sia nulla dal punto di vista legale?
La firma in stampatello è legale?
La legge italiana non impone alcun criterio specifico da adottare per firmare in modo valido, limitandosi a richiedere che la firma sia scritta a mano e interamente di proprio pugno. Si parla in proposito di firma autografa, ciò che non si verifica quando si scrivono nome e cognome al pc (a meno che si tratti di una firma digitale ottenuta con un’apposita procedura che garantisca l’identificazione).
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Non è un caso che la legge lasci tanta discrezionalità alla firma. Questa enorme libertà nasce proprio dall’intenzione di permettere a ognuno di personalizzare la propria firma, un processo che non avviene per lo più intenzionalmente, bensì in modo del tutto naturale con la crescita e i cambiamenti di abitudini. La calligrafia stessa si evolve con il tempo e non rimane certo immutata dal momento in cui si impara a scrivere. Proprio per questo sono diversi gli elementi che permettono di attribuire la paternità di una firma.
Ci sono aspetti che competono ai professionisti grafologi, ma nella vita quotidiana spesso basta una rapida occhiata per riconoscere la firma di una persona che si conosce molto bene. Una certa pendenza delle parole, un modo di attaccare alcune lettere e così via. La firma in stampatello da questo punto di vista può essere nulla o perfettamente legale.
Tutto cambia a seconda dell’abitudine dell’autore e degli eventuali elementi identificativi contenuti nella firma stessa. Se una persona firma abitualmente in stampatello, anche usando tutti i caratteri maiuscoli, proprio questo diventa un suo segno distintivo, visto che con il tempo la firma subirà necessariamente una certa personalizzazione. Questo concetto è stato ribadito in più occasioni anche dalla corte di Cassazione.
Secondo i giudici è errato stabilire a priori che la firma in stampatello non sia valida, perché potrebbe comunque contenere tutti gli elementi che riconducono alla paternità al pari di qualsiasi altro carattere utilizzato. Al contrario, una firma in stampatello non è valida se non corrisponde al modo in cui la persona è solita firmare, magari anche resa anonima dal tentativo di riprodurre le lettere in maniera anonima.
Lo stesso principio si applicherebbe anche al corsivo, sebbene in questo caso ci siano minori probabilità: non soltanto è ad oggi il carattere più in uso per le firme, ma è anche meno pratico da riprodurre in modo del tutto asettico.
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