Yuan: come tutto è cambiato ad un anno dalla svalutazione shock

Flavia Provenzani

11 Agosto 2016 - 12:55

L’11 agosto 2015 la svalutazione shock dello yuan da parte della banca centrale cinese sconvolse il mercato. Ecco come tutto è cambiato e perché non c’è più paura.

Yuan: come tutto è cambiato ad un anno dalla svalutazione shock

Un anno fa, la Cina scandalizzava i mercati di tutto il mondo con una svalutazione a shock del suo yuan.
Un anno dopo, il yuan cinese (CNY) scende ancora, ma i mercati non ne hanno più paura.

L’11 agosto 2015, la Cina ha abbandonato il meccanismo di mercato che sosteneva quotidianamente la quotazione del renminbi - altro nome dello yuan - contro il dollaro statunitense, dicendo che avrebbe impostato la quotazione sulla chiusura della sessione precedente, permettendo così - in teoria - alle forze di mercato di svolgere un ruolo maggiore nella definizione del tasso di cambio.

La banca centrale della Cina da quel momento in poi permette allo yuan di muoversi all’interno di una range del 2 per cento dalla quotazione del giorno, mentre in passato gli interventi erano più arbitrari.

Svalutazione yuan: un anno fa il panico sui mercati

Lo stesso giorno, la banca centrale cinese ha fissato il tasso di riferimento all’1,9 per cento al di sotto della quotazione del giorno precedente, causando il crollo giornaliero più forte degli ultimi 20 anni.

La decisione ha risvegliato le paure sullo stato di salute dell’economia cinese, la seconda economia più grande al mondo, alimentando il timore di un’asprissima «guerra valutaria».

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Il mercato azionario cinese, già in ribasso a causa di un eccessivo margine di acquisto,è crollato, e gli asset rischiosi a livello mondiale con lui.

«Il mondo è entrato nel panico, il che è stato strano perché avevamo già visto lo yen e l’euro deprezzarsi molto rapidamente nel 2014 ma la gente se ne è uscita con tutte queste teorie sul perché il caso della Cina fosse molto più significativo»,

ha commentato Adrian Mowat, analista sui mercati azionari emergenti presso la JPMorgan.

«Ora, ritengo che siamo di fronte ad un mercato valutario molto più maturo che riconosce il fatto che lo yuan, come ogni altra valuta, debba muoversi su e giù e che non dovremmo essere eccessivamente preoccupati per il relativo impatto»,

ha aggiunto.
Mowat si aspetta che, dopo la discesa del 7 per cento dello scorso anno, lo yuan perderà un altro 1-2 per cento nel 2016.

Cambia la definizione del valore dello yuan

La nuova politica sulla correzione del tasso di cambio non è stato l’unico cambiamento per lo yuan. Nel mese di dicembre, la Cina ha introdotto un nuovo indice di tasso di cambio che valuta lo yuan contro un paniere ponderato di 13 valute, il che al tempo era stato visto da mercato come una preparazione da parte della Cina ad un dollaro più forte, dato che la Federal Reserve degli Stati Unitiaveva iniziato a rialzare i tassi di interesse.

Gli analisti dissero che, focalizzando l’attenzione sul valore della moneta contro un range più ampio di altre valute, la Cina sarebbe stata capace di permettere allo yuan di scendere gradualmente contro il dollaro, senza gettare scompiglio sul mercato.

Il peso dei deflussi di capitale in yuan

E intanto permane il problemi dei capitali in uscita dal paese, fenomeno che ha registrato i suoi picchi dopo che il mercato azionario è crollato a seguito della svalutazione dello yuan.

Secondo l’Institute of International Finance, la Cina ha registrato circa $700 miliardi di capitali in uscita nel 2015.
Pechino ha subito un deflusso medio di $100 miliardi al mese a novembre, dicembre e gennaio, ma il ritmo dei deflussi è diminuito gradualmente negli ultimi mesi, con il totale delle vendite di valuta da parte delle banche commerciali a $23,7 miliardi nel mese di aprile, in calo dai $36,4 miliardi di marzo, come riferito da Reuters.

L’aumento dei flussi in uscita a fine 2015 ha spostato la preoccupazione del mercato sul fatto che le riserve di valuta estera della Cina non fossero sufficienti a stabilizzare la moneta. Nel mese di luglio, le riserve sono scese a $3,20 miliardi, lontane dai massimi di $3,99 miliardi raggiunti a 2014. Le riserve di valuta estera della Cina sono in calo dai massimi record dello scorso anno di $513 miliardi.

Come cambia lo yuan ad un anno dalla svalutazione

Vi sono stati dei cambiamenti evidenti nel modo in cui viene scambiato lo yuan da quando le nuove impostazioni di politica monetaria hanno dato una parvenza di stabilità.
E la volatilità è scesa leggermente grazie agli sforzi da parte della banca centrale nello scoraggiare gli speculatori nel puntare short sullo yuan, in particolare ad Hong Kong.

All’inizio dell’anno la banca centrale ha acquistato lo yuan ad altissimi volumi sul mercato di Hong Kong per ridurre la quantità di renminbi in riserva nel sistema bancario, rendendo più costoso prendere in prestito la moneta.

La valuta cinese ha iniziato a seguire i movimenti del dollaro meglio di quanto facesse lo scorso anno, come osservato dall’analista Patrick Bennett della CIBC Capital Markets. Ma gli analisti hanno notato che lo yuan non sempre traccia il paniere di valute di riferimento.

«Questo tipo di movimento del mercato è stato richiesto ed è il benvenuto da parte delle autorità monetarie, anche se c’è ancora un certo grado di scetticismo sulla trasparenza del processo di fissaggio della valutazione»,

ha aggiunto Bennett.

L’analista sottolinea che la a Banca Popolare Cinese (PBOC) ha dichiarato che manterrà il tasso di cambio «sostanzialmente stabile» ad un livello di equilibrio, ma «questo non dice in equilibrio con cosa, e crediamo fermamente che lo yuan si deprezzerà ancora nei prossimi mesi con la Cina che continua la sua spinta ad esportare di più capitali e più prodotti».

Altri sono meno preoccupati per la debolezza dello yuan e più sul modo in cui le novità di politica monetaria abbiano colpito l’opinione del mercato circa l’operato dei responsabili politici cinesi.

Lo yuan si è indebolito in un contesto di incertezza politica, ma che non ha influenzato di molto l’economia cinese, commentano Julian Evans-Pritchard e Chang Liu, economisti presso Capital Economics.

«Non vi erano segni eclatanti un anno fa che uno yuan forte avrebbe minato la competitività cinese»,

aggiungono.
Da allora, lo yuan più debole non ha alimentato l’inflazione e il miglioramento della competitività delle esportazioni è stato piccolo rispetto a quello di altre valute dei mercati emergenti.

Ma i due aggiungono che l’annuncio della nuova politica lo scorso agosto è stato «pasticciato», il che lascia alto il rischio di ulteriori errori da qui in avanti.

"In entrambi i casi, è stata la diffidenza circa le intenzioni della PBOC da parte dei mercati piuttosto che il cambiamento stesso ad aver causato il crollo dei mercati”.

"Ad un anno di distanza, gli investitori sono molto più rilassati nei confronti dei movimenti del renminbi, ma abbiamo il sospetto che rimarranno diffidenti e che non avranno mai fiducia nelle parole della banca centrale cinese”.

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