Quando una punizione costituisce reato? In quali casi si può essere accusati di abuso dei mezzi di correzione? Ecco tutti i chiarimenti della Cassazione.
L’abuso dei mezzi di correzione o disciplina è il reato riconosciuto dall’articolo 571 del Codice Penale punito con la reclusione fino a sei mesi. Pena aggravata qualora dall’abuso derivi una lesione personale o addirittura la morte.
Possono essere soggetti attivi del reato sia i genitori nei confronti dei figli, che qualsiasi persona alla quale ne è stata affidata un’altra per “ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte”.
Per questo motivo possono essere incolpati di abuso di mezzi di correzione anche gli insegnanti; a tal proposito è molto famosa la sentenza n°47453 del 2015 pronunciata dalla Corte di Cassazione, con la quale è stato riconosciuto come abuso dei mezzi di correzione il comportamento di quel docente che minaccia di bocciare l’alunno.
In questo caso, infatti, la minaccia costituisce una “violenza psicologica che potrebbe causare un pericolo alla salute dell’alunno”, configurandosi così a tutti gli effetti come abuso di mezzi di correzione, punito con la reclusione.
L’articolo 571 del Codice Penale è stato oggetto di diverse sentenze della giurisprudenza: interpretare quando si tratta di abuso di mezzi di correzione, infatti, non è semplice vista la moltitudine di fattispecie che potrebbero costituire reato.
Facciamo chiarezza analizzando le sentenze più importanti della giurisprudenza.
Quando è abuso di mezzi di correzione?
Stabilire quando i mezzi di correzione adottati da un insegnante o da un genitore travalicano nell’abuso non è semplice; ecco perché negli ultimi anni la giurisprudenza è dovuta intervenire in più di un’occasione per fare chiarezza.
Partiamo con il ricordare che per esserci reato c’è bisogno che l’abuso abbia generato un pericolo di malattia - sia fisica che psichica - alla persona che ha subito il comportamento, ovvero al soggetto passivo.
A tal proposito la sentenza 4444/2011 ha chiarito che nel caso dei genitori il reato si configura esclusivamente nei confronti dei figli minorenni; nessun abuso quindi se vittima dei mezzi di correzione esagerati sono i figli maggiorenni.
Questo perché c’è responsabilità penale solo se il genitore ha una potestà sul figlio, alla quale quest’ultimo non può sottrarsi; condizione che non sussiste nel caso di maggiorenni.
Per quanto riguarda i soggetti attivi, ovvero le persone che possono essere accusate di abuso, l’articolo 571 del Codice Penale punisce solamente coloro che hanno un legittimo potere di correzione o di disciplina. Per costituire reato, quindi, il soggetto attivo deve trovarsi in una posizione autoritaria nei confronti di quello passivo.
Questo articolo del Codice Penale si fonda sulla tutela sia dell’incolumità fisica di una persona che della sua dignità; due principi riconosciuti dalla stessa Costituzione.
Come anticipato in precedenza per esserci reato è necessario che si realizzi una condizione obiettiva di punibilità, ovvero quella per cui l’abuso dei mezzi di correzione sia la causa di una malattia psico o fisica della vittima.
Non è necessario invece che la condotta del soggetto attivo sia abituale; può costituire reato anche l’abuso o il comportamento lesivo una tantum, purché questo sia di notevole rilevanza. La non necessaria abitualità del reato di abuso dei mezzi di correzione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza 18289/2010.
Questa però non è l’unica volta in cui la Corte di Cassazione ha affrontato questo tema; ecco un elenco delle sentenze più importanti.
Abuso mezzi di correzione: i chiarimenti della Cassazione
Per adesso abbiamo fatto riferimento a due sentenze della Cassazione: la 47453/2015 (commette reato l’insegnante che minaccia l’alunno di bocciatura) e la 18289/2010 (non abitualità del reato).
Ma ce ne sono anche altre. Ecco quali sono e perché è importante ricordarle:
- sentenza 53425/2014: qui viene fatta la distinzione tra l’abuso dei mezzi di correzione e i maltrattamenti in famiglia, reato descritto dall’articolo 572 del Codice Penale. La Suprema Corte ha precisato che nel primo caso si tratta di un uso “eccessivo, arbitrario e intempestivo” dei mezzi legittimi di correzione, mentre si parla di maltrattamenti quando il figlio è sottoposto ad episodi “continui” di violenza, i quali rendono intollerabile la sua condizione di vita.
- sentenza 34492/2012: commette abuso di mezzi di correzione l’insegnante che “umilia, svaluta, denigra o violenta psicologicamente un alunno” in ambito scolastico. Per non esserci reato il mezzo di correzione deve essere proporzionato alla gravità del comportamento, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento. Ad esempio, nel caso di specie è stato condannato un docente che ha punito un alunno costringendolo a scrivere per 100 volte la frase “sono un deficiente”;
sentenza 49433/2009: il concetto di malattia va inteso nel suo significato più ampio, poiché comprende qualsiasi conseguenza “rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, dallo stato d’ansia all’insonnia, dalla depressione ai disturbi del carattere e del comportamento”.
- sentenza 18289/2010: per costituire reato è sufficiente il dolo generico. Per il Codice Penale quindi non è necessario che sussista un fine specifico, cioè che il soggetto passivo abbia abusato dei propri poteri per uno scopo ben definito. Costituisce reato anche il comportamento di colui che abusa dei propri poteri senza l’intento di voler provocare un danno psico-fisico alla vittima.
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