Cos’è il rapporto deficit/PIL e quali indicazioni offre sullo stato di salute dei conti pubblici di un Paese? Come funziona questo indicatore, con un focus sull’Italia.
Il rapporto deficit/PIL è tra gli indicatori chiave per capire lo stato di salute dei conti pubblici di un Paese e con la presentazione della Legge di Bilancio da parte del Governo il termine è tornato sulle prime pagine in Italia.
Cos’è, quindi, il rapporto deficit/PIL, perché è così importante per la valutazione economico dello Stato e qual è il suo andamento nel nostro Paese?
Prima di rispondere in modo specifico a queste domande, è utile sottolineare che questa formula economica mette in relazione due indicatori strategici: il Prodotto Interno Lordo (beni e servizi prodotti in un Paese) e il deficit, inteso come disavanzo e quindi una situazione in cui le uscite superano le entrate nel bilancio dello Stato, calcolato annualmente.
Ne consegue che il rapporto offre una misurazione di quanto il disavanzo incide sulla ricchezza prodotta dallo Stato. Più alta è la percentuale, maggiore è l’allerta conti pubblici in disordine (meno entrate e più uscite) nel Paese, con la il rischio di innescare più debito per far fronte al disavanzo.
Per questo, l’UE con il Patto di Stabilità indica una soglia massima del 3% di deficit/PIL tollerabile per non cadere in procedure di infrazione.
Di seguito, la spiegazione semplice su cos’è il deficit/PIL, come viene misurato, perché è un indicatore economico chiave e qual è la percentuale attuale in Italia.
Cos’è il deficit/PIL e come si calcola
Per capire cos’è il rapporto deficit/PIL è necessario innanzitutto chiarire il concetto di deficit pubblico, riguardante il bilancio di uno Stato. Con esso ci si riferisce a:
un disavanzo del budget statale, quando le uscite di spesa di uno Stato sono più alte delle entrate, generalmente costituite dal gettito fiscale (le tasse).
In altre parole: il saldo tra le entrate nelle casse pubbliche generate dalle imposte pagate dai contribuenti e le spese che lo Stato affronta per finanziare il suo funzionamento e voci come pensioni, sanità, istruzione è negativo.
Per monitorare la salute finanziaria di un Paese, quindi, questo indicatore è strategico poiché segnala se lo Stato è riuscito a coprire le uscite necessarie per il funzionamento e lo sviluppo nazionale con le entrate, con cadenza annuale. Se una nazione è in deficit significa che ha speso più di quanto ha incassato.
In sintesi, il bilancio statale può trovarsi in 3 situazioni:
- avanzo o surplus: entrate sono maggiori delle uscite;
- pareggio: entrate e uscite si equivalgono:
- deficit: le uscite superano le entrate
Il calcolo, quindi, è una semplice sottrazione. L’indicatore deficit/PIL, però, presuppone un altro passaggio: il rapporto tra la condizione di disavanzo sul Prodotto Interno Lordo.
Con questa divisione, in pratica, il deficit è messo in relazione con la capacità di uno Stato di produrre reddito e ricchezza, che servono a ripagare il debito in aumento.
Quando si verifica una crescita delle uscite (per pagare servizi e investire soldi pubblici) non compensata da un aumento delle entrate il risultato è un deficit in incremento e, con esso, il suo rapporto con il PIL.
Deficit/PIL: quale differenza con il debito?
Spesso sono due gli indicatori monitorati con attenzione per fotografare l’efficienza - o l’inefficienza - dei conti pubblici: deficit/PIL e debito/PIL.
Deficit e debito pubblici non sono la stessa cosa e misurano variabili diverse. In parole sintetiche: il deficit è la differenza tra le entrate e uscite nelle casse di uno Stato in un determinato periodo, solitamente un anno.
Il debito di un Paese è inteso come “l’ammontare di denaro che uno Stato deve ai suoi creditori e risulta dalla somma di tutti i deficit accumulati negli anni”.
Se, infatti, un Paese opera in deficit, ovvero con meno entrate rispetto alle uscite, deve ricorrere a finanziamenti esterni per avere il denaro che manca a coprire le spese e quindi deve fare debito, emettendo titoli di Stato o accendendo prestiti.
Qual è il rapporto deficit/PIL dell’Italia? Dati e previsioni
Gli ultimi dati disponibili sull’Italia indicano che il nostro Paese nel 2023 ha registrato un rapporto deficit/Pil a -7,2% (Eurostat e Istat).
Secondo l’agenzia statistica europea, la performance italiana è stata la peggiore in termini di disavanzo sul Prodotto Interno Lordo, seguita da quelle di Ungheria (-6,7%) e Romania (-6,5%).
Piccoli spiragli di ottimismo sono emersi dall’Istat, nella cui nota è emerso che nel 2023 l’Italia ha ridotto l’indebitamento netto di 8,8 miliardi di euro rispetto al 2022. Il saldo primario (che non tiene conto delle uscite per pagare gli interessi) è stato anch’esso ancora negativo a -3,5% del PIL.
Per il prossimo futuro, il ministero del Tesoro è ottimista e nel Piano Strutturale di Bilancio di medio termine ha previsto sul deficit:
Partendo da una stima del 3,8% del PIL per l’anno in corso (più bassa del 4,3% stimato lo scorso aprile), il Governo si pone l’obiettivo di portare il rapporto deficit/Pil al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, che consentirà di uscire dalla procedura per deficit eccessivo.
Il FMI ha indicato che il deficit/PIL italiano resterà al 4% quest’anno per poi abbassarsi al 3,8% nel 2025. Al 2029 si stima possa flettere al 3,1%.
Ridurre la condizione di deficit (o disavanzo, quando le uscite dalle casse statali sono più alte delle sue entrate) è fondamentale anche per diminuire la percentuale di debito che grava sul PIL in Italia.
Con un +137%, il rapporto debito/PIL del nostro Paese nel secondo trimestre 2024 (dati Eurostat) rimane uno dei più alti e, quindi, maggiormente monitorati.
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Cosa stabilisce il Patto di Stabilità Ue sul deficit/PIL?
Come indicato sinteticamente dall’Unione Europea, il Patto di Stabilità e Crescita è:
“un insieme di regole volte a garantire che i paesi dell’Unione europea perseguano finanze pubbliche sane e coordinino le loro politiche fiscali.”
Poiché il suo scopo è quello di incentivare i singoli Stati a mantenere conti in ordine e un bilancio disciplinato da regole e requisiti specifici, questo accordo definisce anche la soglia massima del deficit/PIL consentita, che non può - o non dovrebbe - superare il 3%.
In sintesi, quando il rapporto è superiore a questo tetto, come in Italia, è necessario che lo Stato definisca un piano di rientro credibile per i conti pubblici.
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