Se l’offesa viene fatta senza indicare nome e cognome della persona si configura il reato di diffamazione? Ecco cosa prevede la legge.
Il reato di diffamazione è uno tra i più citati, spesso impropriamente, anche perché non è certo facile interpretare tutte le variabili del caso. Molte persone pensano che sia sufficiente non fare nome e cognome della persona offesa per evitare ripercussioni legali, credendo così di trovare uno stratagemma per minare la reputazione di un’altra persona e non patire conseguenze.
Chiaramente chi si trova dall’altra parte è spesso destabilizzato, perché teme di non poter contare su una difesa legale adeguata dal momento in cui il riferimento alla sua persona avviene in modo indiretto. La questione non è certo delle più semplici, ma per fortuna la Corte di Cassazione è intervenuta più volte sull’argomento, consentendo di estrapolare preziose linee guida dalle sue sentenze.
La pronuncia più recente in proposito è la sentenza n. 14345, che conferma l’orientamento espresso dalla Corte con la sentenza n. 10762/2022. La Cassazione si è espressa di volta in volta sul caso specifico che è stato sottoposto ai giudici, ma ha permesso così di delineare importanti elementi riguardo alla configurabilità della diffamazione quando l’identità della vittima non viene esplicitata.
Senza nome e cognome è diffamazione?
Evitare di fare nome e cognome della persona offesa non è sufficiente per non commettere un reato. Questo è l’orientamento pacifico della giurisprudenza, che analizzando le diverse questioni attinenti ha dato la dovuta priorità all’interesse della vittima, ovviamente quello a preservare la reputazione, l’onore e la rispettabilità. Per questo motivo non è eccessivamente importante che venga indicato il nome della persona o meno, bisogna piuttosto comprendere se ci sono altri elementi che ne consentono l’identificazione.
Qualsiasi contenuto può quindi integrare la fattispecie penalmente rilevante, dal momento in cui la reputazione della vittima viene lesa se la collettività a cui è espressa l’offesa capisce a chi si rivolge, anche se non viene indicato in modo preciso. Tra i casi analizzati dalla Cassazione, quello più recente riguarda addirittura una fotografia, che appunto permette (anche in astratto) la determinazione della vittima, elemento chiave per questo reato.
Non c’è reato di diffamazione, infatti, se l’offesa è rivolta a persone indeterminabili, con lesioni dell’onore generiche e non attribuibili in alcun modo a uno o più soggetti. Rientrano in questa ipotesi tutte le accuse stereotipate, che attribuiscono qualità negative a un’ampia categoria di persone senza di fatto danneggiare direttamente nessuna di loro in particolare.
Le accuse rivolte a categorie professionali sono tra le più comuni di questo genere, anche se ciò non significa che siano sempre lecite. In ogni caso è importante capire che se c’è modo di attribuire l’identità della vittima alle affermazioni diffamatorie si è di fronte a un reato, a patto che vi siano i presupposti di legge. In tal proposito, si ricorda che non conta se le affermazioni siano vere o meno (contrariamente a quanto si creda) ma che ci sia un’offesa alla reputazione rivolta a più di un interlocutore.
Non è quindi necessario che gli elementi di attribuzione dell’identità siano concludenti quanto una fotografia, anche perché altrimenti la stessa sarebbe facilmente contestabile laddove i destinatari non conoscessero di persona il soggetto. Ciò che importa è la possibilità di collegare le affermazioni denigratorie a uno o più soggetti in modo specifico, che può essere concretizzata da qualsiasi tipo di indizio.
Anche includere un semplice riferimento o dei dettagli della vicenda possono permettere ai destinatari di capire a chi si riferisce l’offesa, motivo per cui non soltanto non è sufficiente evitare nomi e cognomi, ma serve anche non lasciare alcuno spazio ad ambiguità e possibili fraintendimenti.
In alcuni casi, anche una semplice correlazione logica può consentire di individuare il soggetto accusato, per esempio in riferimento a un partner o a un collega di lavoro, ruoli che facilitano la comprensione anche dal semplice contesto. Ecco perché anche utilizzare un riferimento non comprensibile dagli estranei alla vicenda talvolta è troppo.
leggi anche
Si può denunciare chi parla male di te?
© RIPRODUZIONE RISERVATA