Dal 1° gennaio 2024 in Italia potrebbe essere introdotta la Global Minimum Tax. Si tratta di un’imposta minima al 15% voluta dai paesi OCSE.
Dal 1° gennaio 2024 in Italia potrebbe essere introdotta la Global Minimum Tax. Si tratta di un’imposta minima al 15% voluta dai paesi OCSE che sta per essere concretizzata anche all’interno dello Stato italiano. Il versamento dovrà essere effettuato da gruppi nazionali con determinate caratteristiche e da realtà multinazionali. Vediamo di cosa si tratta e perché è molto importante per il Belpaese.
Cosa è la Global Minimum Tax
L’imposta minima al 15% rientra nella riforma fiscale globale alla quale anche l’Italia dovrà approcciarsi a partire dall’inizio del prossimo anno. I membri dell’OCSE e del G20 sono pronti ad approvare una riforma fiscale globale che si fonda su due regole fondamentali:
- l’introduzione di un sistema specifico per le imprese multinazionali che hanno raggiunto un fatturato sopra i 20 miliardi di euro e una redditività che supera il 10%,
- la tassazione minima del 15% con fatturato globale superiore a 750 milioni di euro.
Gli obiettivi di queste misure riguardano la necessità di ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili e, inoltre, il pagamento delle imposte avverrà anche nei Paesi in cui operano e non solo dove si trova la loro sede legale. Si tratta di un’importante novità dal punto di vista fiscale.
Chi deve pagare la Global Minimum Tax
In merito ai requisiti l’imposta dovrà essere versata da due categorie di aziende:
- i gruppi multinazionali,
- i gruppi nazionali con ricavi consolidati che non scendano sotto i 750 milioni di euro in almeno due rispetto ai quattro esercizi precedenti.
Questa novità è anche frutto dell’approvazione da parte dell’UE della direttiva finalizzata a inserire all’interno degli Stati membri la nuova imposta minima per le grandi imprese. Inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiarito che verrà introdotta l’imposizione integrativa per tutte le imprese localizzate in uno Stato membro a bassa tassazione. La deadline per specificare le modalità di attuazione della Global Minimum Tax termina a fine anno. L’Italia ha proceduto con l’avanzamento dei lavori della misura approvando il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2022/2523 del Consiglio del 14 dicembre 2022.
La Global Minimum Tax in Italia
Per applicare la Global Minimum Tax in Italia è necessario che venga approvata bozza del decreto legislativo che comprende 52 articoli. In questo frangente, come spiegato dal MEF, è prevista l’introduzione della Top-Up Tax, ovvero un’imposizione integrativa. In questo frangente a livello internazionale è necessario individuare i grandi gruppi di imprese che non scontano un livello minimo di imposizione nei vari Paesi in cui operano e nel quali viene prodotto reddito.
Complessivamente le imposte che fanno parte della misura sarebbero tre:
- l’IIR o l’imposta minima integrativa. Riguarda le imprese localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali che controllano altre imprese soggette a un’imposizione, inferiore al 15 per cento,
- l’UTPR o imposta minima suppletiva. Questa imposta dev’essere versata da una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia che riguardano le aziende che fanno parte dello stesso gruppo con una bassa imposizione nel momento in cui non è stata applicata l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi,
- la QDMTT o imposta minima nazionale. L’imposta riguarda le imprese di un gruppo multinazionale o nazionale che sono soggette a una bassa imposizione e si trovano in Italia.
Gli obiettivi della Global Minimum Tax
Dal punto di vista internazionale l’imposta minima al 15 per cento ha l’obiettivo di frenare il dumping fiscale, ovvero quando alcuni paesi offrono un trattamento fiscale molto più favorevole rispetto ad altri, attirando così imprese e investimenti esteri. Inoltre complessivamente le entrate fiscali stimate a livello mondiale sono pari a 150 miliardi di dollari all’anno, l’introduzione della Global Minimum Tax contribuirebbe alla una riassegnazione di oltre 125 miliardi di dollari di profitti alle località dove sono stati prodotti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA