Un anno di lavoro part-time potrebbe non portare al pieno riconoscimento di contribuzione utile ai fini della pensione. Ecco cosa rischi se guadagni molto poco.
Non bisogna commettere l’errore di pensare che un anno di lavoro porti sempre al riconoscimento di un intero anno di contributi valido ai fini pensionistici. Non è sempre così, in quanto tutto dipende da quanto guadagnate ossia se avete raggiunto o meno la soglia minima richiesta.
Una situazione molto comune ad esempio in chi lavora con orario part-time, percependo così uno stipendio generalmente piuttosto basso, è proprio quella che nonostante gli anni di lavoro siano sufficienti per poter andare in pensione (ricordiamo che per la pensione di vecchiaia ne servono almeno 20), in realtà le settimane di contribuzione effettivamente versate sono molte meno.
Questo appunto dipende dal fatto che lo stipendio percepito in questo periodo non ha raggiunto il minimale di retribuzione giornaliera per la generalità dei lavoratori dipendenti, comportando così il versamento di un numero di settimane contributive inferiore a quelle effettivamente lavorate.
Ecco perché spesso chi è impiegato con orario part-time deve lavorare per più tempo per raggiungere la soglia minima di contributi richiesta.
A tal proposito, proprio in queste ore l’Inps ha aggiornato il valore del minimale di retribuzione giornaliera, facendo così chiarezza su quanto bisogna guadagnare nel 2025 per far sì che una settimana di lavoro porti all’esatto riconoscimento di una settimana di contribuzione valida ai fini pensionistici (ma anche per altri strumenti, vedi ad esempio la Naspi).
Ecco quindi tutto quello che dovete sapere se lavorate poche ore al giorno: è bene infatti essere preparati fin da subito su quali possono essere le conseguenze sulla pensione di uno stipendio basso, non solo per quanto riguarda l’importo futuro dell’assegno ma anche appunto sul raggiungimento del diritto alla stessa.
Pensione per chi lavora part-time
Partiamo dalla definizione che il diritto del lavoro dà al contratto di lavoro part-time (o a tempo parziale): questo non è altro che un contratto di lavoro subordinato caratterizzato da una riduzione dell’orario di lavoro rispetto a quello ordinario.
Con questa tipologia contrattuale, quindi, il dipendente è chiamato a prestare l’attività lavorativa per un numero di ore inferiore rispetto a quello che è il tempo pieno previsto dal Ccnl applicato; ciò comporta ovviamente delle conseguenze per lo stipendio, in quanto più basso di quello riconosciuto ai dipendenti impiegati full-time.
Solitamente ci sono due tipologie di contratto di lavoro part-time. Il più comune è quello di tipo orizzontale, ossia quando la riduzione dell’orario di lavoro avviene su ogni singola giornata lavorativa. Ad esempio, è part-time orizzontale quello svolto da chi è impiegato per 4 ore a giornata su un totale di 5 giorni a settimana, con par-time quindi a 20 ore settimanali.
C’è poi il part-time di tipo verticale, dove invece l’attività lavorativa giornaliera viene svolta a tempo pieno ma per un periodo limitato. Ad esempio, è part-time verticale quello svolto dal dipendente che è impiegato per 8 ore al giorno ma solamente per 2 settimane ogni mese.
È importante sottolineare che ai fini della pensione non c’è differenza tra l’uno e l’altro. Questo perché l’articolo 1, comma 350, della legge n. 178 del 30 dicembre 2020, ha esteso quanto già previsto per il part-time orizzontale anche per quello di tipo verticale, stabilendo che “il periodo di durata del contratto di lavoro a tempo parziale, che prevede che la prestazione lavorativa sia concentrata in determinati periodi, è riconosciuto per intero utile ai fini del raggiungimento dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso al diritto alla pensione”.
Ma c’è una condizione che sia il part-time orizzontale che quello verticale devono soddisfare affinché tale periodo possa essere riconosciuto per intero ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione, ossia l’aver raggiunto il minimale annuo previsto.
Come vuole la normativa, infatti, un accredito pensionistico pieno è riconosciuto quando la retribuzione settimanale percepita è almeno pari al 40% del trattamento minimo di pensione in vigore all’1 gennaio dell’anno di riferimento.
Quindi, non dipende dalle ore previste dal contratto part-time, quanto dalla retribuzione percepita, la quale deve raggiungere un determinato importo se si vuole che il periodo di lavoro part-time venga interamente riconosciuto ai fini della pensione.
Quando il periodo di lavoro part-time è interamente riconosciuto ai fini pensionistici
Come anticipato, per il settore privato i periodi di lavoro part-time (sia se orizzontale che verticale) vengono conteggiati al pari di quelli svolti in full-time ma solo a una condizione, ossia quando viene rispettato il minimale Inps per il lavoro dipendente, pari al 40% del valore annuo del trattamento minimo di pensione.
Questo valore cambia ogni anno per effetto della rivalutazione delle pensioni, e di conseguenza anche la retribuzione minima che permette un pieno riconoscimento del part-time ai fini della pensione è soggetta continuamente a variazione.
Nel dettaglio, nel 2025 il trattamento minimo ha un valore, come spiegato dalla circolare Inps n. 26 del 30 gennaio 2025, di 603,40 euro: di conseguenza, il minimale settimanale per l’accredito dei contributi è di 241,36 euro, mentre il limite annuale ammonta a 12.550,72 euro.
Diversamente, ossia se la retribuzione percepita è inferiore alla suddetta soglia, il periodo lavorato come part-time non verrà riconosciuto per intero, in quanto viene effettuata una riduzione proporzionale di quanto versato.
Prendiamo ad esempio un lavoratore con contratto part-time a 20 ore settimanali e retribuzione di 500 euro al mese, 6.000 euro l’anno. Come detto sopra, un anno di lavoro non corrisponderà a un anno di contributi (quindi 52 settimane), in quanto bisogna effettuare la seguente proporzione:
Retribuzione minima settimanale : 52 = Retribuzione settimanale percepita : X
Dividendo 6.000 euro per 52 settimane, ne risulta una retribuzione settimanale di 115,38 euro. Sostituendo i dati in nostro possesso nella suddetta formula avremo:
241,36 : 52 = 115,38 : X
Risolvendo la proporzione avremo che per un anno di lavoro alle suddette condizioni orarie e retributive, vengono riconosciute solamente 24 settimane contributive.
Dunque, a queste condizioni per arrivare ai 20 anni di contributi richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia bisognerà lavorare per circa 43 anni.
Come aumentare i contributi per il lavoro part-time
Tuttavia, ci sono due strumenti che consentono di farsi riconoscere a pieno il periodo di lavoro con contratto part-time anche quando la retribuzione percepita è inferiore al minimo retributivo.
Ad esempio, vi è la possibilità di riscattare gli anni di lavoro part-time, oppure decidere di versare volontariamente l’altra parte di contributi. Due operazioni onerose, ma tuttavia necessarie qualora diversamente non si riescano a raggiungere i contributi minimi per l’accesso alla pensione.
Pensione e lavoro part-time: cosa cambia per l’importo dell’assegno
Il lavoro part-time influisce ovviamente anche sull’importo dell’assegno, specialmente per la parte rientrante nel sistema di calcolo contributivo.
Con questo sistema l’importo della pensione dipende esclusivamente dal valore delle retribuzioni percepite (e dagli anni di lavoro): è ovvio, quindi, che avere un contratto part-time, dove lo stipendio è più basso di quello che si andrebbe a percepire per lo stesso lavoro con contratto full-time, va ad influire anche sull’importo della pensione futura.
Nel dettaglio, dal momento che la pensione calcolata con il sistema contributivo si ottiene moltiplicando il coefficiente di trasformazione per il montante contributivo e che quest’ultimo per il lavoro part-time è pari al 33% della retribuzione, è chiaro che più sono i periodi di lavoro a tempo parziale e più basso sarà l’importo della pensione percepita.
Un problema che invece non si pone nel caso di calcolo retributivo della pensione (che si applica per i periodi antecedenti al 1996 o, in determinate condizioni, al 2001), per il quale non vi è svalutazione dell’assegno in presenza di attività lavorative in modalità part-time.
Attenzione, perché l’importo dell’assegno potrebbe anche comportare un ritardo nell’acquisizione del diritto alla pensione. Per chi rientra interamente nel sistema contributivo, infatti, non è sufficiente aver compiuto i 67 anni di età e aver maturato i 20 anni di contribuzione per poter accedere alla pensione di vecchiaia.
C’è un altro requisito da soddisfare: l’assegno deve essere almeno pari al valore dell’Assegno sociale, il cui valore nel 2025 è pari a circa 538 euro. Un traguardo che - visto quanto detto sopra - non è così semplice da raggiungere in presenza di un lungo periodo di lavoro part-time e che di conseguenza potrebbe comportare un ritardo nel pensionamento.
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