Non tutti i contributi vengono valutati allo stesso modo ai fini del raggiungimento della pensione. Ecco quali sono quelli che possono mettere a rischio l’uscita dal mercato del lavoro.
Non tutti i contributi sono uguali: a seconda anche di qual è l’opzione utilizzata per andare in pensione, infatti, ce ne sono alcune tipologie che non vengono considerate o comunque lo sono ma entro un certo limite.
I contributi previdenziali, infatti, si suddividono in diverse categorie:
- da una parte c’è la contribuzione effettiva, che comprende i contributi obbligatori (versati quindi in costanza di rapporto di lavoro), volontaria (di cui si fa carico il lavoratore nei periodi non lavorati o comunque di riduzione dell’attività lavorativa) e di riscatto (sempre a carico del lavoratore per periodi non lavorati ma che comunque possono portare al riconoscimento di una contribuzione, come ad esempio nel caso del percorso di studi universitario che porta al conseguimento della laurea);
- dall’altra quella figurativa, di cui (in alcuni casi in automatico, in altri su richiesta dell’interessato) se ne fa carico l’Inps per alcuni periodi in cui non viene svolta l’attività lavorativa, ad esempio per quelli coperti da indennità di malattia o di disoccupazione.
Ebbene, sono quest’ultimi a essere oggetto, solamente in alcuni casi, di restrizioni. Ci sono opzioni per il pensionamento, infatti, che non tengono conto dei contributi figurativi nel valutare se il lavoratore ha raggiunto un numero sufficiente di settimane contributive per andare in pensione.
A tal proposito, ecco quali sono i casi in cui i contributi non sono considerati per valutare se il lavoratore ha raggiunto o meno il diritto alla pensione.
Quali sono i contributi figurativi
Prima di tutto è bene fare chiarezza su quali sono le circostanze che portano al riconoscimento della contribuzione figurativa, ossia a quali periodi fanno riferimento.
Nel dettaglio, questi vanno a coprire i periodi in cui il lavoratore non può svolgere normale attività lavorativa, venendo così meno l’obbligo di versare la relativa contribuzione da parte del datore di lavoro. Essendo casi considerati meritevoli di tutela, la legge ne riconosce comunque una copertura assicurativa valida (con alcune limitazioni appunto) tanto alla maturazione del diritto alla pensione quanto al calcolo dell’importo della stessa.
Nel dettaglio, spetta d’ufficio la contribuzione figurativa per i seguenti periodi:
- Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria;
- Contratti di solidarietà difensivi;
- Integrazioni salariali concesse dai fondi di solidarietà del settore, dal FIS, o da altri fondi bilaterali;
- Naspi e Dis-Coll;
- Indennità di mobilità ordinaria;
- Disoccupazione speciale edile;
- Disoccupazione agricola;
- Assegnno straordinario di solidarietà;
- Isopensione;7
- Indennità antitubercolari;
- Assegno ordinario di invalidità;
- Pensione di inabilità;
- LSU o LPU.
Bisogna invece farne domanda per:
- Servizio militare o civile (purché obbligatori);
- Congedo di maternità e paternità;
- Congedo parentale;
- Congedo straordinario per l’assistenza di persone con disabilità;
- Permessi mensili assistenza ai disabili;
- Congedo per la malattia del figlio;
- Riposi giornalieri per allattamento;
- Aspettative per cariche pubbliche o sindacali;
- Donazione del sangue;
- Malattia o infortunio.
Contributi figurativi nella pensione di vecchiaia
Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, che oggi si raggiunge all’età di 67 anni con 20 anni di contributi, non ci sono limitazioni. Nel valutare se il requisito contributivo è stato soddisfatto, infatti, si tiene conto della contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato. Vale quindi quella obbligatoria, da riscatto e volontaria, ma non ci sono preclusioni neppure per quella figurativa.
Diverso il discorso per la pensione di vecchiaia contributiva, opzione riservata a coloro che hanno iniziato a versare contributi dal gennaio del 1996. Per questa misura sono sufficienti 5 anni di contributi (ma l’età pensionabile sale a 71 anni) con l’esclusione però della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.
Contributi figurativi nella pensione anticipata
Ci sono limiti anche per la pensione anticipata, alla quale oggi si accede indipendentemente dall’età anagrafica ma con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, che scendono a 41 anni e 10 mesi nel caso delle donne.
Vale però la regola per cui almeno 35 anni di contributi devono essere raggiunti senza considerare i periodi figurativi derivanti da disoccupazione e malattia, come specificato dall’Inps con la circolare n. 180 del 2014.
Lo stesso requisito si applica anche per Quota 103, misura introdotta nel 2023 e in vigore anche nel 2024 che consente al lavoratore di andare in pensione all’età di 62 anni ma con almeno 41 anni di contributi, di cui appunto almeno 35 anni devono risultare di contribuzione effettiva.
Per quanto riguarda la pensione anticipata riservata ai contributivi, con accesso previsto all’età di 64 anni e con 20 anni di contributi (più un requisito economico che solitamente richiede che l’assegno maturato sia almeno pari a 3 volte l’Assegno sociale), ai fini del computo del requisito contributivo si considerano solo i contributi effettivamente versati, con l’esclusione appunto di quelli figurativamente riconosciuti.
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