Reddito di cittadinanza: la riforma Meloni rischia di essere inutile. Se le indiscrezioni dovessero essere confermate, tra il 2022 e il 2023 non ci saranno novità.
Giorgia Meloni ha sempre attaccato il reddito di cittadinanza (Rdc) e non si è nascosta neppure nel giorno della fiducia quando davanti alla Camera dei deputati ha parlato di “fallimento” della misura.
Tutto quindi lasciava presagire a una cancellazione del reddito di cittadinanza con il centrodestra al governo, o perlomeno a un cambio radicale dei requisiti di accesso. Stando alle ultime indiscrezioni, però, non sarà così: non solo infatti il reddito di cittadinanza è già stato confermato per il 2023, ma c’è il rischio persino che non cambi nulla rispetto a oggi.
Intendiamoci, questo non significa che il governo Meloni non modificherà il reddito di cittadinanza, ma solo che il risultato finale potrebbe non essere molto diverso da quello raggiunto da Mario Draghi con le modifiche apportate in Legge di bilancio 2022. Nonostante una serie di misure volte a restringere la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, con l’obiettivo di punire coloro che pur avendone la possibilità decidono di non andare a lavorare, a percepire la misura è ancora un gran numero di persone, precisamente 1 milione e 200 mila famiglie.
Il problema è stato non capire quali sono i veri problemi del reddito di cittadinanza, e il rischio è che il governo Meloni faccia altrettanto.
Tenendo conto delle ultime indiscrezioni a riguardo, infatti, possiamo prevedere che anche il piano Meloni per il reddito di cittadinanza rischia di essere un fallimento; vi spieghiamo il perché.
Reddito di cittadinanza tolto al primo rifiuto di un lavoro: una misura spot
In questi anni per il reddito di cittadinanza si è andati avanti per slogan: come dimenticare “elimineremo la povertà” oppure “nessuno lo prenderà per restare sul divano” di Luigi Di Maio.
A posteriori due dichiarazioni che sono state smentite dai fatti: nonostante il reddito di cittadinanza, infatti, i dati sulla povertà ci dicono che nel 2021 i poveri assoluti presenti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini. Inoltre, stando all’ultimo rapporto Anpal, sono pochi i beneficiari che hanno trovato lavoro grazie al reddito di cittadinanza, tant’è che oggi ci sono ancora 600 mila persone che pur essendo nella condizione di poter lavorare sono privi di un impiego (almeno in regola).
Ma anche Giorgia Meloni ha qualche slogan sul reddito di cittadinanza. Uno su tutti: “Lo toglieremo a chi può lavorare”. Bene, ma come? Per il momento le idee appaiono poche e confuse, ma c’è tempo per recuperare.
Una delle proposte su cui si è soffermato il nuovo sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, riguarda la decadenza del reddito di cittadinanza già al primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua.
Oggi, invece, la prima offerta si può anche rifiutare, facendo però scattare un meccanismo di décalage che riduce il reddito di cittadinanza di 5 euro ogni mese (novità introdotta dal governo Draghi). Al secondo rifiuto, invece, il reddito di cittadinanza decade.
Letta così sembra trattarsi di una novità importante, ma c’è un problema: la maggior parte di coloro che oggi percepiscono il reddito di cittadinanza lo fanno da più di 18 mesi. E per questi la normativa stabilisce che già al primo rifiuto il reddito di cittadinanza si perde; di fatto, quindi, non ci sarebbe alcuna differenza rispetto alla novità che vuole introdurre il governo Meloni.
Dove sono le offerte congrue?
Ma c’è un altro problema. Più volte è stato detto che chi prende il reddito di cittadinanza non vuole andare a lavorare, e probabilmente per una parte di beneficiari è anche vero.
Ma come visto sopra esistono già dei meccanismi che impediscono a chi non vuole lavorare di prendere il reddito di cittadinanza. Nulla di nuovo rispetto a quanto vorrebbe fare la Meloni, il problema è che in questi anni sono state riscontrate diverse difficoltà nell’attuare quanto stabilito dalla normativa.
Intanto vi è un problema serio: la mancanza di offerte di lavoro per i beneficiari del reddito di cittadinanza. Una gran parte di chi beneficia del sostegno, infatti, pur essendo nella condizione di poter lavorare non risulta ricollocabile in quanto non dispone di una formazione e di competenze adeguate da risultare appetibile alle aziende, nonostante la possibilità di un bonus riservato a chi assume un beneficiario del Rdc.
Qui subentra la formazione, aspetto su cui il Movimento 5 stelle ha puntato fin da subito ma con scarsi risultati. Adesso la ministra Calderone è tornata a parlare di formazione per chi può lavorare ma non ne ha le competenze, dichiarando di voler puntare maggiormente sui servizi offerti dalle agenzie private per il lavoro.
Ma per la formazione ci vorrà tempo, non è che la persona sarà pronta dall’oggi al domani per andare a lavorare. E in questo periodo il reddito di cittadinanza continuerà a essere riconosciuto, ragion per cui difficilmente ci sarà una scrematura importante nei prossimi mesi.
E ancora, uno dei problemi è stato il sottodimensionamento dei servizi pubblici per il lavoro; troppo poco personale per ricoprire quel ruolo chiave attribuito dalla normativa ai centri per l’impiego. Ragion per cui ci sono state delle lacune, come ad esempio il mancato tracciamento delle offerte di lavoro quando presentate ai beneficiari.
Oltre alla difficoltà nell’individuare offerte di lavoro congrue per i beneficiari del reddito di cittadinanza, quindi, bisogna considerare che eventuali rifiuti non sono stati segnalati e di conseguenza non è stata applicata la sanzione prevista dalla normativa.
Meloni chiede che ci sia un approccio più duro a riguardo, ma i problemi strutturali restano: centri per l’impiego che non hanno sufficiente personale per seguire chi prende il reddito di cittadinanza in tutte le fasi della politica attiva, e adesso che la collaborazione con i navigator si è interrotta c’è il rischio persino che la situazione peggiori.
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Alla luce di ciò, quindi, se non si interverrà prima sui problemi strutturali che hanno impedito la realizzazione del reddito di cittadinanza qualsiasi novità sarà inutile.
Ci saranno sicuramente delle modifiche, che verranno fatte passare come delle novità strutturali che cambieranno per sempre il modo d’intendere il reddito di cittadinanza, ma prima di poter dire che raggiungeranno il loro scopo rendendo la misura davvero una sola forma di contrasto alla povertà, e non un disincentivo al lavoro, sarebbe opportuno attenderne i risultati.
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