Il colpo di Stato in Guinea spinge le quotazioni dell’alluminio ai massimi da 10 anni, bissando il rally di fine agosto dovuto alle decisioni cinesi.
Alluminio ancora vicino ai massimi dal 2011 di 2.781 dollari toccati ieri dopo la notizia del colpo di Stato in Guinea e oggi si mantiene intorno quota 2.760 dollari per tonnellata.
Il rally di queste ore segue quello del 31 agosto scorso, quando i contratti trimestrali per l’alluminio avevano già raggiunto i 2.722 dollari, in questo caso a seguito delle decisioni arrivate dalla Cina.
Prima dei nuovi balzi di queste settimane, il prezzo della materia prima aveva già visto un rialzo di circa il 40% da gennaio, aggiornando il record decennale al London Metal Exchange.
Il collegamento tra alluminio con Guinea e Cina
La Guinea è il secondo produttore mondiale di bauxite, ovvero la roccia che rappresenta la principale fonte per la produzione di alluminio, oltre a essere il principale fornitore di materia prima della Cina.
Tutto ciò che accade in Guinea e in Cina, ovviamente, ha forti ripercussioni sul prezzo dell’alluminio e i fatti di questi giorni confermano la stretta correlazione tra i due paesi e la materia prima.
Il golpe in Guinea
Ieri la Guinea si è svegliata con un Presidente, Aplha Condé, spodestato dal suo ruolo, con i militari che prendevano il controllo dello Stato annunciando misure eccezionali.
A capo del gruppo c’era Mamadi Doumbouya, poi intervenuto davanti alla televisione nazionale Rtg con la bandiera nazionale sulle spalle per rivolgersi alla nazione.
Doumbouya, mostratosi a suo agio nel parlare in TV, ha affermato che l’operazione è stata decisa a seguito della situazione socioeconomica del Paese, in cui il malfunzionamento delle istituzioni repubblicane unite alla violazione dei diritti dei cittadini e al non rispetto dei principi democratici.
Proprio sui principi democratici era stato criticato il presidente Condé, il quale aveva ottenuto un terzo mandato consecutivo, considerato anticostituzionale e illegittimo da parte dell’opinione pubblica.
Dopo le critiche costituzionali al presidente, il golpista ha subito annunciato lo scioglimento della Costituzione, da riscrivere secondo le volontà dei nuovi arrivati, oltre alla chiusura dei confini terrestri per una settimana.
Immediato l’intervento dell’esercito nel paese, con Doumbouya che chiedeva a tutti i reparti dell’esercito di proseguire le missioni di protezione del popolo e dei confini.
Nonostante la ’chiamata’ all’esercito, il golpista prometteva una transizione pacifica, oltre ad assicurare il rispetto degli impegni nei confronti delle organizzazioni internazionali.
Anche la ’crisi’ cinese spinge l’alluminio
L’altro evento che avevano spinto in alto il prezzo dell’alluminio a fine agosto era stata la stretta del governo cinese della regione del Guangxi di imporre controlli più stringenti sui consumi energetici.
Proprio in Guangxi si trova una delle produzioni maggiori di alluminio e l’attività di produzione della materia prima richiede grosse quantità di energia per funzionare, emettendo anche una grossa quantità di gas serra.
A quel punto, i mercati temevano una minore produzione cinese, attualmente il 60% del totale mondiale, rendendo così più difficile il soddisfacimento della domanda di alluminio, vista anche l’attuale fase di recupero economico dopo la pandemia.
Crisi che avrebbe potuto colpire la maggiore produttrice di alluminio al mondo, seguita dall’Australia con il 31%, in un contesto in cui tra i due paesi restano le tensioni politiche e commerciali.
Per il momento, l’azienda cinese produttrice di alluminio, Aluminum Corporation of China, ha negato qualunque tipo di problematiche alle sue attività, le quali procedono regolarmente, aggiungendo che dispone di ampie riserve di bauxite nei suoi impianti.
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