Mancano le risorse per finanziare la spesa sanitaria e allora si ricorre all’aumento delle tasse, rivedendo al rialzo l’addizionale regionale IRPEF, anche per i redditi al di sotto dei 15000 euro.
Altro che spending rewiew, la soluzione per far fronte alla spesa sanitaria è sempre la stessa: quella di aumentare le tasse, rivedendo al rialzo le addizionali regionali IRPEF, un tributo che interessa tutti i contribuenti e che dovrà essere corrisposto, aumentato, anche dai titolari dei redditi più bassi, ovvero dai contribuenti con un reddito inferiore ai 15000 euro.
E’ questo, in buona sostanza, il contenuto della Risoluzione 5/DF del Dipartimento delle Finanze, dello scorso 15 Giugno 2015, nella quale viene chiarito che, per le regioni sottoposte a piani di rientro del deficit sanitario, l’incremento fisso dello 0,30% dell’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF dovrà essere applicato su tutti gli scaglioni di reddito, senza la possibilità di prevedere esenzioni per i cittadini meno abbienti, ovvero per i contribuenti con un reddito inferiore ai 15000 euro annui.
Tale misura è esplicitamente prevista dalla Legge (comma 86, dell’art.2 della L. 191/2009) in base alla quale, se, a seguito della verifica annuale, una Regione non ha ha raggiunto gli obiettivi del piano di rientro e ha registrato, quindi, un disavanzo per le spese nel settore sanitario, è tenuta obbligatoriamente a prevedere un aumento in misura fissa dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF.
La risoluzione recentemente emanata dal Dipartimento delle Finanze va a chiarire un
dubbio che sorgeva da un’altra norma (art. 6, comma 7, D.Lgs. n. 68/2011), in base alla quale le maggiorazioni superiori allo 0,5%, dal 2015, non possano essere applicate ai contribuenti rientranti nel primo scaglione IRPEF, ovvero ai redditi inferiori ai 15000 euro.
Quest’ultima norma, in base alla risoluzione citata sopra, non trova quindi applicazione per l’aumento dell’addizionale regionale IRPEF delle regioni in deficit da spesa sanitaria, nelle quali tutti i contribuenti, compresi quelli più poveri, subiranno una maggiorazione delle tasse dovute.
Tale disposizione è stata motivata dal Dipartimento delle Finanze con il comma 10 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 68/2011, in base al quale, al fine di salvaguardare l’equilibrio economico finanziario delle singole regioni:
“Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari”
Il combinato disposto delle due norme fa sì che venga limitata la facoltà, riconosciuta alle regioni, di modificare le addizionali IRPEF allo scopo di ridurre la pressione fiscale per i contribuenti meno abbienti e che, anzi, nel caso in cui il bilancio regionale presenti un disavanzo nel settore sanitario, la singola regione sarà obbligata ad applicare un aumento uniforme delle addizionali regionali IRPEF per tutte le tipologie di redditi.
Se non facessero ciò le regioni aggraverebbero il proprio disavanzo per le spese sanitarie e, quindi, contrasterebbero con le disposizioni previste dagli stessi Piani di rientro del deficit.
In tal modo però si configura un vero e proprio paradosso, dal momento che i contribuenti con i redditi più bassi sono tenuti a pagare tasse maggiorate proprio per ottenere quei benefici e quelle agevolazioni fiscali che dovrebbero spettargli di diritto (diritto alla salute), stante l’esiguità dei loro redditi.
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