Un mercato del lavoro che non valorizza il potenziale dei giovani e un’attività scolastica ancora arretrata rispetto alle richieste di competenze digitali. Quale futuro per i giovani?
Questa tematica è sempre più discussa negli ultimi tempi, perché la situazione che colpisce il mercato del lavoro italiano è molto rilevante e drammatica in ottica giovanile. La crisi economica italiana, il divario salariale delle retribuzioni rispetto agli altri paesi europei e i pochi investimenti nazionali nella R&D (la ricerca e lo sviluppo) hanno messo con le spalle al muro il nostro mercato del lavoro e a pagarne le conseguenze sono le nuove generazioni, spesso costrette a migrare verso altri lidi in cerca di opportunità e un futuro più redditizio.
La pandemia ha poi portato delle conseguenze molto significative per il mercato del lavoro in Italia: da febbraio 2020 a marzo 2021 si sono persi quasi 900mila posti di lavoro; sempre nello stesso periodo, gli under 25 che lo hanno perso sono circa 74mila. In tutto questo, i disoccupati in più sono circa 76mila.
E davanti a questo panorama e ai dati che si ricavano, qual’è la reazione dei giovani in Italia?
Secondo un’indagine svolta dall’Istituto Toniolo in un campione di oltre seimila persone tra i 18 e i 32 anni, per il 70% di loro il lavoro e la situazione economica generale sono elementi che pesano sul loro futuro, e ciò fa in modo di vedere con sfiducia il proprio futuro nel Bel Paese.
Soprattutto quando sono sottoposti a un contratto a tempo determinato: il 79,4% dei giovani occupati con questi contratti percepisce la propria condizione occupazionale come un motivo rilevante nel ritardare l’uscita dalla casa dei genitori.
Nonostante questo l’ambizione e l’intraprendenza dei giovani italiani non ha nulla da invidiare a nessuno. Parlando di aspettative e progettualità i giovani italiani non si distinguono rispetto ai coetanei degli altri paesi europei, mentre il divario è più ampio che altrove tra ciò che vorrebbero fare e quello che riescono effettivamente a realizzare.
L’Italia non può crescere se i ragazzi rimangono sospesi in un limbo indefinito non riuscendo a trovare la loro autonomia.
Altro fattore importante da cui scaturisce la maggior parte delle sensazioni riguardo il mondo del lavoro è l’attività accademica. La scuola ancora oggi non riesce a fornire le competenze pratiche necessarie che combaciano con la richiesta del mondo del lavoro. Il divario tra scuola e lavoro è maggiore rispetto agli anni passati non riuscendo l’insegnamento a seguire i progressi in materia digitale.
Scuola e processo tecnologico hanno sempre viaggiato su due linee parallele senza mai avere un confronto, non tanto per mancanza di fondi quanto per mancanza di idee. Speriamo che l’obbligo all’adattamento digitale dovuto alla pandemia porterà idee e innovazione anche nell’ambito accademico colmando così il gap tra insegnamento scolastico e competenze richieste dal mondo del lavoro.
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