Pensioni, pessime notizie per chi è nato tra il 1964 e il 1994

Simone Micocci

20 Febbraio 2025 - 10:03

Pensioni, sei nato tra il 1964 e il 1994? Ecco cosa devi assolutamente sapere per programmare il tuo futuro.

Pensioni, pessime notizie per chi è nato tra il 1964 e il 1994

Se sei nato tra il 1964 e il 1994 dovresti essere preoccupato per quando andrai in pensione. Secondo recenti studi, infatti, per chi è nato in questi anni e quindi andrà in pensione nei prossimi anni, il tasso di sostituzione - ossia la differenza che c’è tra l’ultimo stipendio percepito e l’importo della pensione - rischia di essere molto basso.

Quello riguardante il rischio che la pensione risulti molto più bassa dello stipendio, con una netta riduzione del reddito percepito, è un problema di cui si parla frequentemente ma su cui pochi intervengono sul serio. Tra i lavoratori, infatti, sembra esserci quasi rassegnazione, anche perché va detto che in molti casi non c’è la disponibilità economica per farsi carico di un investimento come l’iscrizione a un fondo per la pensione complementare.

Una situazione che più si andrà avanti negli anni e più rischia di peggiorare, visto che sarà sempre più rilevante la quota di pensione calcolata con il sistema contributivo. Con questo sistema, infatti, le regole per il calcolo della pensione sono più severe rispetto a quelle inizialmente previste con il retributivo, il che unito alle difficoltà legate al mercato del lavoro, fanno sì che per molti giovani la pensione futura non sarà garanzia di una rendita sufficiente per la sopravvivenza.

È bene esserne consapevoli, dal momento che non è mai troppo tardi per iniziare a programmare il proprio futuro, specialmente una volta presa coscienza del fatto che difficilmente tra qualche anno si potrà contare su una pensione adeguata al costo della vita.

Ma quanto è grave il problema? A rispondere è un’indagine condotta lo scorso anno dal consulente di investimenti Moneyfarm, il quale ha fatto una stima di quello che sarà il tasso di sostituzione, ossia la differenza tra l’ultimo stipendio e il primo assegno di pensione liquidato, per coloro che smetteranno di lavorare nei prossimi anni.

Si tratta di uno scenario drammatico: secondo le previsioni, infatti, più si andrà avanti e maggiore sarà la differenza tra stipendio e pensione, tanto che ci sarà un momento in cui chi smette di lavorare subirà persino una riduzione del 50% del reddito percepito.

Chi deve preoccuparsi per la pensione futura

Lo studio di Moneyfarm prende in considerazione otto profili di lavoratori, analizzando una platea di 3.182.376 persone tra quelle nate negli anni:

  • 1964;
  • 1974;
  • 1984;
  • 1994.

Persone che andranno in pensione tra il 2031 e il 2062, con gran parte dell’assegno - se non tutto - calcolato con le regole del sistema contributivo.

Ricordiamo brevemente perché questo di solito è più sconveniente del precedente sistema retributivo. Quest’ultimo teneva in considerazione perlopiù gli ultimi anni di lavoro, valorizzando gli stipendio percepiti a fine carriera che solitamente sono anche i migliori. Con il sistema contributivo, invece, si prendono tutti i contributi versati dal lavoratore i quali vengono trasformati in pensione attraverso l’applicazione di un determinato coefficiente tanto maggiore quanto più si ritarda il collocamento in quiescenza.

Ebbene, il passaggio totale al sistema contributivo avrà serie conseguenze sui redditi degli italiani. Infatti, mentre per i nati tra il 1966 e il 1974 si prevede un tasso di sostituzione di circa il 66%, per gli attuali quarantenni e trentenni il rischio è di ritrovarsi con una pensione pari alla metà dell’ultimo stipendio percepito.

Uno scenario drammatico: pensiamo infatti a cosa succederebbe se dall’oggi al domani ci trovassimo con metà del reddito. Bisognerebbe ripensare il proprio stile di vita, il che potrebbe essere molto difficile specialmente nel caso in cui dovessero esserci delle spese già programmate come ad esempio la rata del mutuo.

Una situazione sulla quale i governi futuri dovranno necessariamente intervenire, per evitare lo scoppio di una bomba sociale visto che il rischio è di ritrovarsi con migliaia di pensionati che non hanno una rendita sufficiente per arrivare alla fine del mese.

Problemi anche per l’accesso alla pensione

E non va dimenticato che per i contributivi puri l’importo della pensione è un valore essenziale anche per determinare se e quando si può smettere di lavorare. Ad esempio, per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni è richiesto, oltre ai 20 anni di contributi, anche un assegno almeno pari al valore dell’Assegno sociale (requisito appena modificato dall’ultima legge di Bilancio), quest’anno pari a 538 euro circa.

Per la pensione anticipata contributiva, raggiungibile a 64 anni di età e 25 anni di contributi, invece, è necessario un assegno almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale, requisito che si riduce a 2,8 volte per le donne con almeno un figlio e a 2,6 volte con quelle con due o più figli.

Un traguardo che più si andrà avanti e più sarà difficile da raggiungere, tant’è che secondo la stima di Moneyfarm la maggior parte andranno in pensione a 67 anni (senza tener conto di come questa soglia aumenterà per effetto dell’adeguamento con le speranze di vita).

Come aumentare la propria pensione futura

Nell’attesa che l’attuale governo, o comunque quelli che verranno, trovino soluzioni per salvaguardare le pensioni future, chi vuole può già iniziare a mettere al sicuro il proprio reddito attivando quelle soluzioni che consentono di aumentare la pensione che verrà.

Una di queste è sicuramente l’attivazione di un fondo per la pensione integrativa, con versamenti costanti ovviamente.

Una soluzione ancora poco adottata nel nostro Paese: secondo i calcoli di Moneyfarm, infatti, appena il 2,6% degli italiani tra il 2007 e il 2022 ha fatto ricorso a uno strumento di previdenza complementare.

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