Pensione, come aumentarne l’importo: le soluzioni sono molteplici, l’importante è avere un’idea chiara del risultato che si vuole raggiungere.
Quando si parla di aumentare l’importo della pensione bisogna spiegare fin da subito se ci stiamo riferendo alla pensione già liquidata dall’INPS, e dunque in corso di godimento, oppure a quella futura. A seconda dei casi, infatti, ci sono delle diverse soluzioni per aumentare - o almeno per provare a farlo - l’importo della pensione.
Tratteremo di entrambi gli argomenti in questa guida, dove faremo chiarezza su come intervenire per incrementare il valore dell’assegno di pensione di cui si sta già godendo, o comunque su come pianificare la migliore strategia possibile per assicurarsi un importo adeguato una volta che arriverà il momento di andare in pensione.
La prima regola che dovete fissare bene in mente è quella per cui non è mai né troppo presto né troppo tardi per provare a intervenire per aumentare l’importo della pensione. È vero che prima si inizia e più possibilità si hanno d’incrementare - a un costo sostenuto - l’importo futuro della pensione, ma anche interventi mirati “in extremis” potrebbero funzionare.
È bene comunque avere chiara la situazione, anche perché aumentare l’importo della pensione potrebbe anche avere un costo e il rischio di sprecare inutilmente i propri soldi c’è.
COME AUMENTARE LA PENSIONE
- La programmazione del proprio futuro
- Ricongiunzione dei contributi
- Cumulo dei contributi
- Riscatto dei contributi
- Versamento dei contributi
- Contributi figurativi
- Pensione supplementare e complementare
- Aumentare la pensione già erogata dall’INPS: come fare?
- Pensione di cittadinanza
- Le maggiorazioni INPS
- Detrazioni sulla pensione
- Riprendere a lavorare dopo la pensione
A questo punto possiamo vedere come fare per aumentare l’assegno pensionistico; naturalmente non tutti questi strumenti saranno adatti per voi, ma sicuramente troverete quello che fa al caso vostro.
Aumentare la pensione: perché è bene programmare il proprio futuro
Aumentare l’importo della pensione futura è possibile, basta pensare alla strategia migliore per farlo.
Anche chi non percepisce ancora la pensione dovrebbe cominciare a pensare a come fare per avere un importo il più alto possibile; in molti, infatti, sottovalutano le spese che ci sono da affrontare dopo la pensione e per questo credono che l’importo dell’assegno sarà sufficiente per vivere una vita agiata. Molto spesso però non è così ed è per questo che consigliamo di leggere con attenzione questa guida così da capire qual è - a seconda della vostra situazione - il modo migliore per avere una pensione più alta.
È pur vero che l’importo dell’assegno può essere aumentato anche successivamente alla pensione, riprendendo a lavorare e continuando a versare contributi, ma perché rimandare a domani quello che potresti fare oggi?
Dovete sapere che a oggi circa il 70% delle pensioni è al di sotto dei 1.000€. Una cifra insufficiente per permettere a molti pensionati di arrivare alla fine del mese; senza dimenticare che in futuro con il totale passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo gli importi delle pensioni potrebbero ulteriormente calare.
Secondo un recente dossier Censis-Confcooperative, infatti, chi andrà in pensione nel 2050 andrà a percepire un assegno pensionistico pari al 69,7% della sua ultima retribuzione.
Ecco perché è importante capire come fare per aumentare l’importo della pensione futura. Le strade da intraprendere sono due: versare più contributi possibili e sfruttare al meglio quelli già versati.
Prima di andare avanti vi ricordiamo che potete controllare il vostro estratto conto contributivo, oltre che farvi un’idea di quando potrete andare in pensione e con quale assegno, tramite il servizio “La mia pensione INPS”.
Ricongiunzione dei contributi
La ricongiunzione dei contributi è uno strumento adatto a coloro che hanno delle posizioni assicurative in gestioni previdenziali differenti. Grazie a questo istituto, infatti, si possono trasferire i contributi versati e riunirli sotto un’unica gestione; in questo modo si ottiene una sola pensione e - solitamente - di un importo maggiore.
La domanda di ricongiunzione va presentata direttamente dall’interessato e deve riguardare tutti i periodi coperti da contribuzione raccolti in almeno due diverse forme previdenziali; l’importante è che questi periodi contributivi non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione.
Cumulo dei contributi
Grazie a questo istituto si possono riunire (gratuitamente) sotto un’unica gestione previdenziale i contributi versati in casse differenti, compresa quelle dei liberi professionisti.
Tuttavia a differenza di quanto succede con la ricongiunzione, in questo caso ogni gestione pagherà la propria quota indipendentemente; questo significa che difficilmente grazie al cumulo gratuito per i professionisti si percepirà un assegno più alto.
Qual è quindi il vantaggio di questa misura? Può accadere che in una delle suddette casse i contributi versati siano insufficienti per dar luogo ad una pensione o ad una pensione supplementare; senza il cumulo, quindi, questi contributi sarebbero andati persi e l’assegno pensionistico più basso di quello previsto.
Grazie al cumulo dei contributi, invece, i suddetti contributi vengono raccolti sotto un’unica gestione, permettendo così all’interessato di andare prima in pensione e con un assegno pensionistico più alto.
Riscatto dei contributi
Ci sono dei periodi per i quali i contributi non sono stati versati, ma che comunque possono essere riscattati dall’interessato. In questo modo si possono maturare più contributi - versandoli volontariamente - così da maturare in anticipo i requisiti per la pensione e aumentare l’importo del futuro assegno previdenziale.
Ma quali sono questi periodi per i quali si possono riscattare - a pagamento - i contributi? Ecco l’elenco completo:
- disoccupazione;
- aspettativa;
- part-time;
- lavoro all’estero;
- astensione per maternità;
- i periodi compresi tra un lavoro stagionale e un altro;
- servizio civile;
- formazione professionale, studio e ricerca (riscatto della laurea).
Può accadere inoltre che il vostro datore di lavoro - nonostante un rapporto di lavoro in essere - non vi abbia versato i contributi previdenziali; anche in questo caso potrete intervenire voi direttamente grazie alla costituzione della rendita vitalizia.
Versamenti volontari
C’è poi uno strumento che consente al lavoratore che perde il lavoro - in caso di licenziamento, crisi di settore, ristrutturazione aziendale o anche dimissioni incentivate - di chiedere all’INPS di potersi far carico del totale versamento dei contributi.
Nonostante la perdita del lavoro, quindi, questo potrà continuare a incrementare la propria anzianità contributiva, facendosi pienamente carico dei costi previsti per una tale operazione.
Versamenti che di fatto si vanno ad aggiungere al montante contributivo, contribuendo ad aumentare l’importo della pensione futura. Inoltre, in questo modo ci si assicura di raggiungere il requisito contributivo minimo per l’accesso alla pensione (20 anni nel caso della pensione di vecchiaia).
Contributi figurativi
Per aumentare l’importo della pensione, infine, è sufficiente chiedere - qualora non sia avvenuto d’ufficio - l’accredito dei contributi figurativi. Ci sono dei periodi, infatti, in cui nonostante il dipendente non sia in servizio ha comunque diritto al versamento dei contributi previdenziali.
Come abbiamo anticipato solitamente l’accredito dei contributi figurativi avviene d’ufficio tuttavia può succedere che ci sia stato un errore e che di conseguenza questi non siano presenti nel vostro storico contributivo. Ecco perché conviene sempre controllare ed eventualmente fare domanda per l’accredito (la richiesta è gratuita) così da aumentare l’importo della pensione.
Nel dettaglio, i periodi coperti da contribuzione figurativa sono i seguenti:
- servizio militare;
- malattia e infortunio;
- maternità e congedi parentali;
- persecuzione;
- licenziamento politico;
- funzioni pubbliche;
- tubercolosi;
- disoccupazione ordinaria;
- cassa integrazione;
- contratti di solidarietà;
- mobilità.
Pensione supplementare e complementare
Di pensione supplementare si parla quando il libero professionista o il lavoratore pur avendo versato i contributi previdenziali in differenti gestioni non può riunirli sotto un’unica cassa utilizzando i suddetti strumenti (ricongiunzione o cumulo).
Nel dettaglio, qualora il lavoratore interessato non abbia versato abbastanza contributi per ricevere la pensione da una o più casse interviene l’INPS, il quale riconosce appunto una pensione supplementare da affiancare a quella ordinaria grazie alla quale l’importo dell’assegno aumenta notevolmente.
Non bisogna confondere questo strumento con il supplemento di pensione; questo infatti viene riconosciuto al pensionato che continua a lavorare o dà avvio ad un’attività, il quale quindi continua a versare i contributi pur percependo una pensione.
In questo caso, dopo 5 anni dalla data di decorrenza della pensione (2 anni se si tratta della pensione di vecchiaia), il pensionato può richiedere il supplemento della pensione in base ai contributi versati dopo essere stato collocato in quiescenza.
Infine abbiamo la pensione complementare, ossia quell’assegno che viene riconosciuto al lavoratore che durante gli anni di lavoro ha versato dei contributi integrativi ad un fondo privato.
Lo stesso vale per chi ha deciso di destinare l’intero importo del TFR ad un fondo di previdenza complementare.
Aumentare la pensione già erogata dall’INPS: come fare?
Pensiamo, adesso, al caso di colui che già percepisce un assegno di pensione dall’INPS ma ritiene che non sia sufficientemente elevato per poter affrontare tutte le spese previste.
In questo caso, ovviamente, viene meno la componente della programmazione in quanto non c’è sufficientemente tempo per poter intervenire sul lungo periodo.
Chi vuole aumentare l’importo della pensione intende farlo subito, così da godere di un assegno adeguato. Delle soluzioni ci sono, molte delle quali vanno a “premiare” coloro che percepiscono una pensione dalla cifra piuttosto bassa.
Pensione di cittadinanza
Per i nuclei familiari composti solamente da persone Over 67, o in alternativa da una persona Over 67 e da altri componenti con disabilità, esiste lo strumento chiamato Pensione di cittadinanza.
Si tratta per l’appunto di una variante del Reddito di cittadinanza riservata ai nuclei familiari composti da persone più avanti con l’età che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Possono aderire a questa misura anche coloro che percepiscono una pensione, a patto che soddisfino i seguenti requisiti:
- ISEE inferiore a 9.360,00€;
- reddito familiare, in cui è compresa la pensione eventualmente percepita, inferiore a 7.560€, oppure a 9.360,00€ qualora il nucleo familiare viva in affitto. Il limite aumenta per i nuclei numerosi, tramite l’applicazione del cosiddetto parametro di scala di equivalenza.
Prendiamo come esempio un pensionato Over 67 che vive da solo percependo una pensione di 500,00€ mensili, ossia 6.000,00€ annui. Questo chiedendo la pensione di cittadinanza avrà diritto a un integrazione di 1.560,00€ annui, ossia di 130 euro per 12 mensilità.
Aumentare l’importo della pensione con le maggiorazioni INPS
Nella guida dedicata (che trovate di seguito) in cui l’INPS stessa ha dato istruzioni su come aumentare l’importo della pensione, viene consigliato di verificare se si potrebbe avere diritto a quelle prestazioni collegate al reddito rivolte ai pensionati. Si tratta di prestazioni che, a seconda dell’importo percepito e dall’eventuale possesso di altri redditi, possono essere richieste appunto per incrementare l’importo della pensione.
Questi strumenti sono indicati nella circolare INPS 195/2015, e si tratta di:
- integrazione al minimo della pensione;
- maggiorazioni sociali, come può essere l’incremento al milione;
- bonus quattordicesima.
Detrazioni sulla pensione
Altra verifica da fare è quella che riguarda le detrazioni percepite sulla pensione. Il controllo può essere fatto direttamente dall’area personale MyInps, dal servizio online “Detrazioni fiscali, domanda e gestione”, così da verificare se effettivamente quelle richieste sono tutte le detrazioni a cui avete diritto.
In caso contrario, basterà una comunicazione per sistemare le cose e beneficiare di un aumento del netto della pensione.
Riprendere a lavorare dopo la pensione
Infine c’è un altro metodo per arrotondare sulla pensione: riprendere a lavorare dopo il collocamento in quiescenza. Secondo la normativa vigente, infatti, per andare in pensione bisogna aver cessato la propria attività di lavoratore subordinato, ma non ci sono regole che vietano al pensionato di avviare una nuova attività di lavoro successivamente al collocamento in quiescenza.
Entro un certo limite, infatti, è possibile cumulare il reddito di pensione con quello da lavoro; solo quando il reddito da lavoro è superiore ad una certa soglia scattano delle trattenute sull’assegno previdenziale, come potete approfondire cliccando qui.
Continuando a lavorare dopo la pensione, inoltre, si continuano a versare dei contributi che si possono valorizzare successivamente così da aumentare l’assegno di pensione percepito.
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