Gestione contabile e fiscale dei crediti commerciali: analisi normativa.
I crediti rappresentano il diritto a ricevere determinate somme ad una data scadenza da soggetti identificati. La gestione amministrativa, contabile e fiscale dei crediti commerciali è un fattore decisivo di successo per qualsiasi tipo di azienda.
In quale sezione del bilancio vanno iscritti i crediti commerciali? E come si gestiscono dal punto di vista fiscale?
In questo articolo proviamo a delineare i principali aspetti della gestione dei crediti dal punto di vista civilistico e fiscale.
La gestione contabile dei crediti commerciali
Nello schema obbligatorio di Stato patrimoniale previsto dall’articolo 2424 del codice civile i crediti sono inclusi sia nell’attivo circolante che tra le immobilizzazioni ed entro ciascun gruppo è usata una classificazione per soggetto debitore:
B Immobilizzazioni
III Immobilizzazioni finanziarie
n. 2 crediti
- verso imprese controllate;
- verso imprese collegate;
- verso imprese controllanti;
- verso altri.
C Attivo circolante
II crediti
1) vs clienti;
2) vs imprese controllate;
3) vs imprese collegate;
4) vs imprese controllanti;
4 bis) crediti tributari;
4 ter) imposte anticipate;
5) crediti vs altri.
Il codice civile non ci dà definizioni particolari delle singole tipologie di credito. Dal punto di vista economico-aziendale l’interpretazione prevalente ritiene che i crediti di finanziamento (cioè quelli derivanti dalla concessione di un prestito a terzi) trovino collocazione tra le immobilizzazioni finanziarie. Al contrario, i crediti di funzionamento (cioè quelli che derivano dalla concessione di dilazioni di pagamento su vendite di beni e/o prestazioni di servizi a terzi, vedi pagamento rateizzato o semplicemente posticipato) vengono iscritti nell’attivo circolante.
Crediti commerciali: come avviene la valutazione per il bilancio d’esercizio?
Analizziamo quindi la questione della valutazione contabile e fiscale dei crediti.
Al fine di poter correttamente analizzare la disciplina delle perdite e delle svalutazioni su crediti, il dato da cui partire è l’articolo 2426, comma 1, n. 8 del codice civile, secondo il quale i crediti devono essere iscritti al loro presumibile valore di realizzazione.
Cos’è il presumibile valore di realizzazione?
Ebbene, il Legislatore non lo specifica, ma possiamo comunque far riferimento ai principi contabili nazionali (cioè quelle regole tecniche elaborate da studiosi e addetti ai lavori riuniti nell’organismo italiano di contabilità – OIC al fine di integrare le norme di legge).
Il Principio contabile nazionale OIC 15 afferma che il primo punto di riferimento è il loro valore nominale, che va però rettificato per tenere conto di:
- perdite per inesigibilità;
- resi e rettifiche di fatturazione;
- sconti ed abbuoni;
- interessi non maturati;
- altre cause di minor realizzo.
Ne deriva che il valore di presunto realizzo può essere correttamente assimilato alla somma che si presume di incassare alla data di redazione del bilancio.
Il valore nominale dei crediti in bilancio deve essere rettificato, tramite un fondo di svalutazione appositamente stanziato “per le perdite per inesigibilità che possono ragionevolmente essere previste e che sono inerenti ai saldi dei crediti esposti in bilancio”.
Quali sono le conseguenze dal punto di vista organizzativo contabile?
Ebbene, sempre lo stesso OIC 15 chiarisce:
“Detto obiettivo viene raggiunto sul piano organizzativo-contabile tramite lo stanziamento di un fondo svalutazione crediti, col quale si mira a coprire sia le perdite di inesigibilità già manifestatesi, sia quelle perdite non ancora manifestatesi ma che l’esperienza e la conoscenza dei fatti di gestione inducono a ritenere siano già intrinseche nei saldi esposti in bilancio e che pertanto si possono ragionevolmente prevedere. Il fondo verrà in seguito utilizzato per lo storno contabile dei crediti
inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva, momento che sarà determinato in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche.”
Pertanto, sarà necessario accogliere, nel fondo svalutazione crediti:
a) le perdite di inesigibilità già manifestatesi;
b) nonché quelle non ancora manifestatesi, ma che l’esperienza e la conoscenza dei fatti di gestione inducono a ritenere siano già intrinseche nei saldi esposti in bilancio e che pertanto si possono ragionevolmente prevedere.
E, allo stesso modo, il fondo dovrà essere utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva, momento che sarà determinato in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche.
Il riflesso dei crediti commerciali nel conto economico
Nel conto economico l’imputazione di un costo a riduzione del valore di un
credito commerciale o stanziamento di un fondo avviene utilizzando due diversi conti:
- Svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide – voce B10d) del conto economico: sono quelle rilevate a seguito di processi valutativi (e sui quali si applica la regola fiscale prevista dall’art. 106 TUIR relativa al 5%/0,50%). Si tratta quindi di perdite ritenute possibili o probabili che vengono rilevate nel rispetto dei principi contabili civilistici della prudenza e della competenza;
- Perdite su crediti – B14 (oneri diversi di gestione) del conto economico: sono perdite realizzate su crediti e quindi non derivanti da valutazioni. Ad esempio: le perdite conseguenti a riconoscimento giudiziale (es. sentenza di fallimento) di un minore importo rispetto a quello iscritto; le perdite conseguenti a cessione di crediti; le riduzioni di crediti iscritti in bilancio a seguito di transazioni; le perdite conseguenti a prescrizione di crediti. Si tratta quindi di crediti certamente inesigibili, perché il debitore è irreperibile o incapace di assolvere ai propri impegni per cui i relativi crediti dovranno essere stralciati.
La disciplina fiscale dei crediti: articolo 106 del TUIR
Per le imprese industriali e commerciali (diverse da banche e assicurazioni cioè che svolgono attività non finanziaria) la svalutazione dei crediti è deducibile esclusivamente nel rispetto del limite dello 0,5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, così come espressamente stabilito dall’art. 106 co. 1 del TUIR.
Tuttavia, la deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio.
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