Nel corso della sua storia la Terra ha conosciuto cinque episodi di estinzione di massa: secondo Christopher Field della Stanford University «potremmo essere già sulla soglia od oltre la soglia della sesta estinzione di massa nella storia della Terra», e questa volta non sarà responsabilità di un’asteroide o dell’era glaciale, ma degli esseri umani.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è il Comitato Intergovernativo che si occupa dello studio del cambiamento climatico. È stato fondato allo scopo di “fornire al mondo una visione scientifica chiara sullo stato delle attuali conoscenze sul cambiamento climatico e sui suoi potenziali impatti sull’ambiente e in ambito socio-economico”. Il gruppo è stato messo insieme da due organismi delle Nazioni Unite: l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Ha pubblicato diversi rapporti sullo stato del clima mondiale, commissionati dai governi di 195 paesi che basano (o meglio, che dovrebbero basare) parte delle loro politiche energetiche e ambientali sui dati contenuti nelle ricerche.
Gli scienziati che collaborano all’IPCC (su base volontaria), hanno pubblicato di recente il quinto rapporto sul clima, fondato su circa 12mila studi scientifici, pubblicati negli ultimi anni attraverso il meccanismo della revisione paritaria, in cui le ricerche sono controllate da esperti esterni prima di essere diffuse. Il rapporto si occupa principalmente di quali potranno essere gli effetti del riscaldamento globale nel medio periodo, 20-30 anni per intenderci. Nel caso in cui le temperature aumentino di circa 2 °C il rischio per molti ecosistemi è ritenuto estremamente alto, soprattutto se combinato con il fenomeno dell’acidificazione degli oceani, dovuto in primo luogo alla più alta concentrazione di anidride carbonica prodotta dall’uomo nell’atmosfera. A causa delle acque più calde, l’IPCC prevede conseguenze devastanti.
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La situazione sulla terraferma non sarà più allegra. Con l’aumento delle temperature, molti animali si sposteranno in aree meno calde (effettuando grandi migrazioni), oppure inizieranno a vivere costantemente a quote più alte. Il fenomeno interesserà anche la vegetazione, con conseguenze apocalittiche per l’agricoltura. Le stime parlano di una riduzione nella produzione di diversi tipi di coltivazioni pari al 25% entro il 2050, con ulteriori problemi alimentari legati all’aumento della popolazione planetaria.
Oltre quella data, l’inferno.
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Il riscaldamento dell’aria, degli oceani e del suolo è definito “inequivocabile”, e viene ricondotto per la maggior parte alle attività umane, ritenute la “causa dominante” nei processi che hanno portato e stanno portando le temperature ad aumentare.
Uno dei problemi più gravi è come contenere in 2 °C il riscaldamento della Terra rispetto ai livelli pre-industriali, quando già oggi le temperature sono aumentare di 0,8 °C e la tendenza è in aumento. Se le emissioni di gas serra dovessero continuare con i tassi attuali, alla fine del secolo la temperatura media del pianeta sarà tra i 4 e i 6 °C maggiore. Le conseguenze - anche economiche - di questo innalzamento sono descritte nella video-intervista che trovate di seguito.
Di certo, come affermato dal presidente dell’IPCC Rajendra Pachauri «Nessuno su questo pianeta sarà risparmiato dagli impatti dei cambiamenti climatici».
E rimane solo un anno per ottenere un accordo globale e intervenire. “Ci vogliono decisioni rapide e coraggiose”, ha commentato il segretario di Stato americano, John Kerry.
L’uomo rischia realmente di passare alla storia come il primo essere vivente “capace” di estinguersi con le proprie mani?
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Al termine di un incontro organizzato nella sua città natale (Tuscania in provincia di Viterbo), ho incontrato il coordinatore del capitolo sull’Europa dell’IPCC, lo scienziato Riccardo Valentini. L’attività di ricerca del Prof. Valentini riguarda principalmente una serie di tematiche legate all’Ecologia: sistemi agro-forestali e problematiche connesse con l’attuazione delle convenzioni internazionali per la protezione dell’ambiente globale. È stato il pioniere delle ricerche che hanno riguardato il ruolo dei sistemi agro-forestali nei cambiamenti climatici e l’effetto serra, sviluppando nuove tecnologie di misura dell’assorbimento di anidride carbonica da parte della vegetazione terrestre. Le sue ricerche sono state pubblicate su riviste scientifiche internazionali di prestigio come Science e Nature. Nel 2007 è stato insignito del Premio Nobel, insieme ad altri scienziati del IPCC, per le ricerche relative ai cambiamenti climatici.
Un attimo prima di iniziare l’intervista mi è venuta in mente l’ultima inquadratura di Ecce Bombo: siamo noi gli orsi polari.
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