Spesso il militare viene giudicato colpevole sul piano civile per lo svolgimento delle sue azioni: eppure ogni missione viene effettuata per conto della nazione. Non sarebbe più giusto, quindi, che sia lo Stato ad essere responsabile?
Forze Armate, i delegati Co.Ce.R. del Comparto Difesa hanno posto l’attenzione su un tema di ampio dibattito tra il personale in divisa: quello della responsabilità civile dei militari.
Come ricordano i delegati Co.Ce.R. recentemente c’è stata una sentenza con la quale è stato ribadito che gli appartenenti alle Forze Armate sono responsabili civilmente dei danni arrecati ai terzi, anche nel caso in cui sul piano penale e disciplinare siano stati giudicati innocenti.
A tal proposito i delegati Co.Ce.R. si chiedono se sia giusto che spesso la responsabilità dello Stato ricada sul singolo militare; sarebbe il momento, infatti, di riconoscere che nello svolgimento delle proprie azioni, sia in Italia che all’estero, il militare opera per conto della nazione, tutelandolo così dalle conseguenze - almeno sul piano civile - delle proprie azioni.
Perché il militare non può essere sempre responsabile delle proprie azioni
Almeno secondo i delegati Co.Ce.R. quindi è necessario un intervento legislativo volto a fare chiarezza sul concetto di “specificità militare” di cui i confini sono ancora troppo labili.
Al fine di evitare interpretazioni giurisprudenziali come quella in esame, dove i militari vengono giudicati colpevoli delle conseguenze provocate dalle proprie azioni sempre e comunque, quindi, è importante fare chiarezza sui confini della specificità militare, così dai riconoscere al personale in divisa la tutela che merita.
D’altronde, ricorda il CoCeR, il militare agisce per conto della Repubblica italiana come dimostra il fatto che opera in seguito al giuramento prestato nell’assolvimento della missione affidatagli dal Parlamento. Perché quindi non riconoscere la specificità delle sue azioni piuttosto che giudicarlo colpevole al pari di ogni altro cittadino? Una domanda alla quale, ad oggi, non c’è risposta ma che si spera venga presto presa in esame dal nuovo Governo.
Ci sono diversi elementi a sostegno della tesi per cui il militare, nello svolgimento delle proprie azioni, debba essere giudicato diversamente da un normale cittadino.
Ogni missione esercitata è stata affidata su mandato del Parlamento; il militare, quindi, non agisce per proprio conto o interesse, non sceglie liberamente di trovarsi in un determinato luogo ad una certa data.
Qualsiasi sua azione viene esercitata nel supremo interesse del popolo italiano e delle istituzioni democratiche.
Il militare deve eseguire gli ordini e rischiare di pagarne le conseguenze?
Vista questa situazione di incertezza, dove sono i giudici a decidere dando una diversa interpretazione delle norme vigenti, i militari spesso si trovano a dover riflettere sull’esecuzione di determinati ordini. Ci potrebbero essere situazioni, infatti, dove per onorare i doveri e assolvere la missione si rischia di mettere a repentaglio la propria persona incorrendo in responsabilità civili collegate ad eventuali danni arrecati a terzi dalle proprie azioni.
L’occasione per mettere mano a questa lacuna è quella dei correttivi al riordino delle carriere, sulla quale spetterà al nuovo Governo qualsiasi decisione. A tal proposito i delegati Co.Ce.R. chiedono che si faccia in modo che del progetto di revisione faccia parte anche un provvedimento ad hoc per tutelare l’attività di servizio.
“È arrivato il momento che Parlamento e Governo si facciano carico di uomini e donne in uniforme”, scrivono i delegati, i quali ritengono sia giusto che la politica inizi a farsi carico di importanti decisioni come queste.
© RIPRODUZIONE RISERVATA