Nella sua carriera lavorativa (incominciata come fattorino), Claudio Borghi ha ricoperto incarichi dirigenziali in diverse istituzioni finanziarie e bancarie di rilevanza internazionale fra cui ricordiamo Director e head of Italian Equity Trading per Merrill Lynch e Managing Director e head of Italian Equity Product per Deutsche Bank Ag
Che cosa pensa di chi la vorrebbe al governo con il professor Alberto Bagnai, Luciano Barra Caracciolo e Antonio Maria Rinaldi?
(ride, NdA) Beh, ringrazio per la fiducia Francesca Donato. Probabilmente faremmo meglio di quelli che ci sono adesso, anche se io non mi ritengo un politico, e quindi non credo sia il mio mestiere. Non so sinceramente se saprei cavarmela, però quantomeno questi nomi che mi ha citato non punterebbero a fare gli interessi contrari a quelli dell’Italia, come invece mi pare stiano facendo gli attuali.
Renzi ha annunciato misure di rilancio con il taglio del cuneo fiscale e intanto ha alzato le tasse sulle rendite finanziarie: secondo Lei la politica di Renzi è un continuo bluff?
Più che un bluff, si tratta di una continuazione di quanto aveva già fatto Monti. Se guardiamo i dati della politica di Renzi, ci accorgiamo che sono molto simili a quelli di Monti: alla fine stiamo parlando di tagli e di aumento delle tasse sulla ricchezza degli italiani. Attenzione, non è casuale il fatto che ci sia sempre meno lavoro e che aumenti quindi così fortemente la disoccupazione. Dare qualche soldo in più a chi lavora non è a somma zero se poi si toglie con tagli e prelievi dalla ricchezza esistente. Traduco: se incasso 30 miliardi di Imu e ne uso 10 per mettere un po’ di soldi in più nelle buste paga – che poi sono curioso di vederli questi soldi in più –, alla fine ho tolto di più (la differenza è di 20 miliardi) di quanto ho dato. La matematica non è un’opinione. Se aumentiamo i prelievi e queste decine di miliardi vanno, per esempio, al Fondo Salva Stati o a cose di questo tipo, si sta proseguendo esattamente la politica di Monti, non vedo differenze.
La disoccupazione giovanile in Italia ha raggiunto percentuali drammatiche. Se Lei avesse 25 anni e una partita Iva andrebbe via dall’Italia?
No, io non andrei fuori dall’Italia, anzi, stringerei i denti e mi farei prestare i soldi da chiunque pur di costruire e crearmi una posizione per la futura ripartenza. Vale a dire, in questo momento è impensabile fare soldi in Italia, però è possibile riposizionarsi per il futuro. Io credo che una situazione del genere non possa durare a lungo, e quando finalmente si uscirà da questa condizione, l’Italia una volta ripreso in mano il suo destino potrebbe diventare veramente uno dei Paesi a crescita più alta in tutto il mondo. Ci sono vent’anni di nulla che possono essere spazzati via. Io ho una mentalità da trader: mi piace andare a comprare le azioni quando sono basse. Io resterei in Italia.
Bitcoin. Il Canada, ad esempio, non la considera una valuta legale, ma secondo molti potrebbe essere la moneta del futuro. Il governatore della Fed Bernanke l’ha definita promettente, mentre Second Market ha lanciato il primo fondo d’investimento dedicato proprio al Bitcoin. L’assenza di commissioni verso terzi, la garanzia dell’anonimato e l’irreversibilità delle transazioni sono caratteristiche che possono esaltare e spaventare gli investitori allo stesso tempo, attratti da una moneta che, ad esempio, ha visto il suo valore salire da 0,05 nel 2010 a picchi da 1200 dollari a fine novembre 2013. Il suo valore sale di molto e scende ancora di più. Qualcuno ha intravisto un’ipotesi di bolla speculativa. Qual è il suo giudizio su questa ormai famosa criptomoneta digitale?
Confesso di aver dedicato poco tempo per studiare il Bitcoin. L’impressione che ho è che ci sia un effetto abbastanza simile a quello della catena di Sant’Antonio. Mi spiego: il Bitcoin è una moneta ad offerta rigida, se aumenta la domanda, molto banalmente perché qualcuno ci vuol provare, per vedere cosa succede, quindi non intendo solo speculatori della prima ora, in un mercato mondiale automaticamente esplodono i prezzi, soprattutto se si tratta di qualcosa che riesce a fare notizia. Nel momento in cui tutti comprano pensando che il prezzo salga, si genera questo meccanismo molto simile alla catena di Sant’Antonio. Dopodiché, nel momento in cui qualche banca centrale la mette fuori legge, finisce tutto.
Uscire dall’Euro per l’Italia potrebbe significare anche uscire dall’Unione Europea, che il Presidente Napolitano ha indicato come “la via maestra”? Quali potrebbero essere le prospettive economiche di una simile scelta? L’Italia potrebbe uscirne come “traditrice”?
Non mi sembra che fuori dall’Unione Europea ci siano le capanne di fango (ride, NdA). Se qualcuno pensa “ma caspita come si fa senza le partnership europee”, credo che gli Stati Uniti non esiterebbero un secondo a rimpiazzare queste partnership, che tra l’altro non ci sono: ormai siamo consapevoli che in realtà l’Unione Europa è un tutti contro tutti dal punto di vista economico-commerciale, mentre da quello politico mi pare che non esista, per cui io non vedrei in modo così drammatico neanche l’uscita dalla Ue. Detto questo, penso che l’Europa come mercato unico faccia troppo comodo ad alcuni. Se noi uscissimo dall’Euro, penso che una riadesione all’interno di una nuova Unione Europea dove i Paesi riprendono le loro monete ma mantengono gli accordi di libero scambio sia possibile.
Come immagina Lei concretamente l’uscita dall’Euro? Fortemente provata da debito pubblico e crisi l’Italia potrebbe davvero farcela? E quali dovrebbero essere i primi passi di questa «riconversione»?
La immagino fatta da qualcun altro, perché purtroppo il fatto stesso che soltanto un partito coraggioso come la Lega Nord abbia sposato politicamente questa priorità non mi fa ben sperare, anche se non si sa mai. L’uscita dall’Euro la immagino realizzabile dalla Francia, con l’Italia che si adegua: per esempio, se Marine Le Pen riuscisse a prendere la maggioranza, il suo consigliere economico avrebbe un piano già pronto per la riconversione. E noi saremmo coinvolti da questa decisione economico-politica della Francia.
Diversi giorni fa George Soros ha dichiarato che “l’Unione Europea appartiene al passato”. Dal momento che politicamente è sempre stata un ibrido, secondo Lei l’affermazione di Soros suggerisce che anche l’Europa come progetto economico è arrivata al capolinea?
Innanzitutto va precisato che Euro ed Europa sono due cose differenti. Diciamo che Soros se ne intende perché ha già fatto saltare per aria il predecessore dell’Euro che era lo SME (Sistema Monetario Europeo, NdA). In questo caso si tratta di una situazione più difficile da scardinare. Se ci fossero stati ancora i cambi fissi sostenuti dalle banche centrali, sicuramente sarebbe già riuscito lui o chi per lui a farlo saltare perché si tratta di una situazione evidentemente insostenibile. Adesso la soluzione è più complicata perché lo strumento per far saltare l’unione finanziaria è il debito, lo spread per intenderci, che però nel momento stesso in cui viene garantito dalla Banca Centrale diventa quasi impossibile per uno speculatore riuscire a farlo saltare con gli strumenti della finanza. Probabilmente salterà politicamente. Mentre lo Sme è saltato dal punto di vista finanziario prima che i cittadini potessero accorgersene e agire politicamente, nel caso dell’Euro la finanza non è riuscita a raggiungere lo stesso obiettivo, ma forse ci riusciranno politicamente proprio i cittadini ribellandosi tramite il voto.
Se la crescente sfiducia dei cittadini verso la moneta unica spingesse l’Europa a cambiare radicalmente le sue politiche senza la rottura dell’unione monetaria, si riterrebbe comunque soddisfatto?
No, perché questa è un po’ una fantasia comune, il fatto di credere che negoziando alcune decisioni politiche la situazione possa cambiare. Pensiamo a quello che ormai è considerato, specialmente nei Paesi deboli, “l’uomo nero”, mi riferisco al Fiscal Compact. Il Fiscal Compact, per il quale si prevedono dei riaggiustamenti che sono di un’entità notevole, non è ancora entrato in vigore nella sua parte concernente il debito. Anche se noi domani avessimo la BCE che garantisce tutto il debito, il Fiscal Compact cancellato, dovremmo pur sempre risolvere un problema di competitività. Questo perché la nostra moneta è sbagliata per l’Italia, e quindi se arrivassero eventuali soldi in più nelle tasche degli italiani, verrebbero utilizzati per prodotti realizzati all’estero. Così facendo, si riaprirebbe il deficit della bilancia commerciale e saremmo di nuovo da capo. Le uniche cose che potrebbero tenere in piedi un’Europa siffatta sono i forti trasferimenti interni della Germania verso gli altri Paesi. In pratica, tutto il suo surplus commerciale, una cifra che oscilla tra i 100 e i 300 miliardi l’anno, dovrebbe essere ridistribuito nei Paesi in deficit, ma sappiamo tutti che si tratta di un’operazione che non verrà mai fatta.
Warren Mosler è autore di spicco della Teoria Monetaria Moderna (MMT), teoria che influenzò negli anni trenta il Trattato sulla moneta di John Maynard Keynes. È stata sostenuta anche da alcuni economisti post-keynesiani e, negli ultimi anni, in Italia, dal giornalista Paolo Barnard. Come giudica la MMT? È realmente un portento di economia redistributiva salva vite e salva nazioni? E, in secondo luogo, se la MMT fosse applicata alla lettera, quali eventuali effetti indesiderati comporterebbe?
Di recente ho tenuto un dibattito insieme a Mosler a Bergamo, e penso che uno dei pregi notevoli dell’uomo Mosler sia la sua grande capacità didattica. Vale a dire che riesce a spiegare dei concetti che sono normali dal punto di vista della teoria economica in modo molto suggestivo, riuscendo ad avvicinare tanta gente che invece sarebbe respinta, diciamo così, dall’approccio classico. Questo è un grande pregio. Io insegno per hobby all’università (Università Cattolica del Sacro Cuore, NdA) e penso che la didattica sia importante quanto la ricerca. Per quello che riguarda invece la MMT, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di comune buon senso. Il punto in cui in tanti errano è pensare che sia una teoria che possa funzionare per qualsiasi Paese: non è che se inizio a stampare banconote in Angola, automaticamente si diffonde benessere anche lì.
Lunedì 17 marzo Renzi è volato in Germania. Il titolo del quotidiano tedesco Welt è stato: “Matteo Renzi provoca Angela Merkel con l’anti-rigore”. Il Welt ha descritto Renzi «deciso, spesso irriverente e anche temerario». Il quotidiano ha parlato di un "outsider rispetto a Mario Monti ed Enrico Letta, che si sono attenuti alle prescrizioni europee”.
In riferimento a uno dei suoi ultimi editoriali pubblicati su Il Giornale (“La vera «svolta buona» sarà il momento in cui la Germania andrà su tutte le furie per una manovra economica italiana, altro che pacche sulle spalle dalla Merkel”), come giudica questo contrasto?
Guardi, se si leggessero venti giornali nello stesso giorno avremmo una ventina di opinioni diverse sullo stesso argomento (ride, NdA). In realtà, già solo il fatto che sia stato lì a concordare politiche con la Germania fa capire la nostra sconfitta, perché i tedeschi sono nostri avversari: la chiusura di un’industria in Italia rappresenta il successo di un’industria in Germania. Finché non prendiamo atto di questa situazione che ben conoscono i nostri piccoli e medi imprenditori, soprattutto del Nord, non si andrà da nessuna parte.
Un giornalista del Welt ha anche scritto che voler «finanziare col deficit le promesse fatte agli italiani è manovra rischiosa visto che il debito pubblico italiano è già al 133% del Pil». Anche secondo Lei finanziare col deficit le promesse fatte agli italiani da Renzi è manovra rischiosa visto che il debito pubblico italiano è già al 133% del Pil?
Abbiamo già visto che cosa è successo con la forte austerità di Monti, vale a dire che il debito è schizzato, perché naturalmente se si abbatte l’economia a furia di tasse e tagli, la differenza tra il denominatore e il numeratore della frazione del debito Pil aumenta. Se noi riuscissimo a spendere e spandere l’effetto sarebbe sicuramente meno dannoso rispetto all’austerità di Monti, magari migliorerebbe un po’ la situazione, pur non risolvendo il problema della bilancia commerciale. Ma, in realtà, il problema è un altro, e cioè che Renzi non sta facendo neanche questo.
Può confidarci cosa avrebbe voluto dire alla De Micheli (Pd) durante una delle recenti puntate di Matrix?
Avrei voluto reincarnarmi in Sgarbi per dirle “capra capra capra” (ride, NdA). Purtroppo, non è l’unica, e ogni volta ce n’è una diversa. Io rimango stupito dalle assurdità del deputato Pd di turno. La tesi secondo la quale una svalutazione del 30% farebbe scendere il Pil del 30% è una bestialità così grande che non merita commento. Ripeto, le opzioni sono due: o dico “capra capra capra”, oppure rispondo chiedendo un esempio concreto nella storia del mondo dove sia avvenuta una roba del genere. Addirittura, l’altra sera un signore mi diceva che se l’Italia uscisse dall’Euro la carne aumenterebbe del 30%. Che cosa devo rispondere ad affermazioni assurde di questo tipo? Queste sono fantasie, mentre io purtroppo devo parlare di cose reali.
Come giudica la sua esperienza degli ultimi mesi in qualità di ospite in TV in varie trasmissioni? Non pensa che l’invito come sostenitore di una precisa linea (no euro) oltre alle caratteristiche proprie del media possa finire per polarizzare eccessivamente e banalizzare il suo pensiero e il messaggio che riesce a trasmettere?
Certo, è un rischio. Noto però che pur avendo a che fare in alcune occasioni con redazioni che puntano a ridurre la linea che sostengo nel modo che ha definito lei, ad esempio mettendomi contro altri cinque ospiti che sostengono una linea contraria alla mia, così da far credere che effettivamente io stia sbagliando, piano piano il messaggio inizia a passare lo stesso, inizia ad arrivare ai telespettatori. Penso che ormai la gente sia più informata e più reattiva di quello che in tanti immaginano. Ciò che era una curiosità da talk show, adesso, come ben vede, sta lentamente diventando un dibattito mainstream, e forse quando avranno terminato le metafore terroristiche, come, ad esempio, quella della carne che aumenterebbe del 30%, si potrà iniziare a parlarne seriamente.
Il suo attuale sogno nel cassetto?
Il mio attuale sogno nel cassetto è abbastanza semplice. Io mi sono ritirato dal lavoro anni fa e stavo benissimo, ero tranquillissimo. Mi piacerebbe vincere questa battaglia così da poter ritornare a vivere una vita tranquilla ed evitare di saltare come una trottola da una parte all’altra. Quello in finanza era un lavoro usurante, e quando mi sono ritirato pensavo di aver raggiunto la pace dei sensi (ride, NdA), invece mi sono trovato a combattere questa battaglia. Ho pensato che ne valesse la pena.
È un sogno realizzabile?
Sì, sono convinto che alla fine usciremo dall’Euro. Sto solo aspettando il momento in cui avverrà.
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