L’indennità di accompagnamento viene riconosciuta anche ai malati psichici. A sostenerlo è una sentenza della Corte di Cassazione. Ecco quando e perché.
L’indennità di accompagnamento viene riconosciuta anche ai malati psichici, ossia a coloro che presentino patologie di carattere neurologico e mentale.
A specificarlo è la sentenza della Corte di Cassazione n. 5031 del 2016, che ha chiarito quando, in presenza di tali patologie, sia possibile richiedere all’Inps l’indennità di accompagnamento.
La prestazione è infatti riconosciuta in presenza di una patologia grave: tuttavia la capacità di compiere gli elementari atti della vita quotidiana non mette in discussione il diritto al beneficio come sosteneva chi aveva sollevato dubbi sull’estensione dello stesso.
Vediamo quando è possibile richiedere l’indennità di accompagnamento nel caso di malati psichici.
Indennità di accompagnamento: cos’è e come funziona?
Prima di vedere quando è prevista l’indennità di accompagnamento per malati psichici vediamo cos’è e come funziona la prestazione.
L’indennità di accompagnamento è infatti una prestazione economica erogata dall’Inps a favore degli invalidi civili. Viene riconosciuta ai soggetti che presentino un’invalidità al 100% e ai soggetti mutilati che non siano in grado di deambulare senza accompagnatore o non siano in grado di svolgere in autonomia le azioni di vita quotidiana.
I beneficiari dell’indennità di accompagnamento hanno diritto alla corresponsione mensile di una cifra che si aggira intorno ai 500 euro.
Per approfondire cos’è e come funziona l’indennità di accompagnamento leggi anche: Indennità di accompagnamento: cos’è e a chi spetta? La guida
Indennità di accompagnamento malati psichici: la sentenza della Corte di Cassazione
A far sorgere dubbi sulla possibilità di estensione dell’indennità di accompagnamento anche ai soggetti che presentino patologie di carattere neurologico o mentale è il requisito richiesto dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o l’incapacità di compiere gli atti della vita quotidiana.
A togliere ogni dubbio a riguardo è stata la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5031 del 2016, ha chiarito che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche a chi, pur essendo capace di compiere gli atti della vita quotidiana, necessita comunque della presenza costante di un accompagnatore a causa di gravi disturbi nella sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a stati patologici gravi o a gravi carenze intellettive tali da non renderlo autonomamente in grado di svolgere tali atti nei modi o nei tempi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sè e altri.
In base all’interpretazione data dalla Corte di Cassazione, quindi, la capacità di compiere gesti quotidiani va intesa non solo in senso strettamente fisico, ma come capacità di intendere il significato dell’atto che si sta compiendo.
Perciò si può affermare che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche ai malati psichici che non siano in grado di autodeterminarsi.
Per vedere come fare domanda per l’indennità di accompagnamento leggi anche: Indennità di accompagnamento 2016: requisiti, importo e domanda
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