Il colpo di scena dell’Arabia Saudita con un ulteriore taglio alla produzione di petrolio ha dato la spinta al greggio: perché il Regno ha deciso questa mossa e quale impatto sull’oro nero?
Il prezzo del petrolio si impenna e il motivo è in Arabia Saudita.
L’OPEC+ non ha apportato modifiche ai tagli alla produzione di greggio già previsti per il resto dell’anno. Tuttavia, il principale esportatore mondiale di petrolio, l’Arabia Saudita, ha annunciato ulteriori diminuzioni volontarie alla produzione, che saranno attuati a partire da luglio.
Il prezzo dell’oro nero è schizzato alla notizia della decisione unilaterale del Regno, da sempre membro guida del cartello dei produttori di petrolio.
Entrambi i benchmark sono aumentati di oltre il 2% lunedì durante i primi scambi asiatici. Al momento in cui si scrive, il Brent scambia a 77,36 dollari al barile, con un aumento dell’1,65% e il WTI avanza dell’1,85% a 73 dollari al barile.
Da evidenziare che le quotazioni continuano a oscillare, influenzate dai contrastanti segnali dall’economia globale. Il petrolio a New York è crollato di circa l’11% il mese scorso con i timori sulla domanda che hanno pesato sulle prospettive, soprattutto in Cina. Anche il Brent ha evidenziato bruschi movimenti, con la quotazione crollata di oltre il 7% a fine maggio.
Il rally del prezzo del petrolio ora riaccende i riflettori sulla materia prima più importante di tutte: la spinta dell’Arabia Saudita fin dove porterà il greggio? La strategia del Regno e le sue conseguenze.
Petrolio in rally: colpo di scena dall’Arabia Saudita
L’Arabia Saudita ridurrà la produzione di petrolio di 1 milione di barili al giorno nel tentativo di sostenere i prezzi del petrolio: questo l’annuncio più importante, e inatteso, a conclusione del meeting OPEC di domenica 4 giugno.
Il ministro dell’Energia del Regno, il principe Abdulaziz bin Salman, leader de facto del cartello, ha voluto con questa mossa bilanciare diversi membri africani più deboli, che avranno quote ridotte di produzione dal prossimo anno.
Anche la Russia, il secondo esportatore di petrolio al mondo, potrebbe vedere diminuiti i suoi obiettivi di produzione, sebbene il gruppo abbia affermato che ciò è soggetto a revisione. Nel frattempo, gli Emirati Arabi Uniti potranno aumentare la propria produzione.
La strategica scelta saudita di tagliare l’emissione sul mercato del suo greggio fa parte di una più ampia politica del Regno che vuole mantenere i prezzi dell’oro nero su un certo livello. E si inserisce in un contesto ancora incerto a livello globale per la materia prima.
I prezzi del petrolio sono scesi negli ultimi 10 mesi nonostante i numerosi tentativi da parte dei produttori di restringere le forniture. L’Arabia Saudita e altri membri hanno annunciato un taglio a sorpresa ad aprile ma, dopo un breve rialzo verso i 90 dollari al barile, i prezzi si sono nuovamente invertiti, calando sotto i 70 dollari al barile la scorsa settimana.
Il taglio di 1 milione di barili al giorno sarà inizialmente attuato nel mese di luglio, ma potrebbe essere esteso, ha detto il principe Abdulaziz. Lo ha descritto come un “dolcificante” per il gruppo, per compensare altri Paesi risparmiati dal fare ulteriori tagli quest’anno.
La riduzione abbassa così la produzione dell’Arabia Saudita a 9 milioni di barili al giorno per il prossimo mese e si aggiunge a un taglio volontario di 500.000 barili al giorno annunciato dal Regno ad aprile, quando la sua produzione era di circa 10,5 milioni di barili al giorno.
Secondo le stime del FMI, Riyadh ha bisogno di un prezzo del petrolio superiore agli 80 dollari al barile per pareggiare il proprio bilancio e finanziare alcuni dei “giga-progetti” che il principe ereditario Mohammed bin Salman spera possano trasformare la sua economia.
Cosa ha deciso l’OPEC fino al 2024
Gli obiettivi di produzione collettiva del gruppo Opec+ sono stati adeguati a 40,5 milioni di barili al giorno per il 2024, formalizzando ed estendendo i tagli volontari annunciati già ad aprile.
La distribuzione dei tagli, però, è stata controversa, con molti membri africani che inizialmente hanno resistito agli sforzi per rivedere al ribasso le loro linee di base di produzione. Queste dovrebbero riflettere la loro massima capacità di produzione e sono usate per calcolare la dimensione dei tagli che devono fare.
I membri più deboli dell’OPEC, tra cui Nigeria e Angola, avevano già lottato per raggiungere i target produttivi esistenti dopo anni di investimenti insufficienti e si sono dimostrati riluttanti a fare tagli più profondi.
Di contro, gli Emirati Arabi Uniti hanno spinto per una base di produzione più elevata, che riflette gli investimenti nel proprio settore. Il suo obiettivo di produzione aumenterà di circa 200.000 b/g da gennaio a 3,2 milioni di b/g. Angola, Nigeria e altri avranno i loro obiettivi ridotti, anche se gli analisti affermano che ciò rifletterà solo ciò che possono produrre e non dovrebbe rimuovere un numero significativo di barili dal mercato.
Anche la Russia potrebbe vedere ridotti i suoi obiettivi di produzione, a seconda dei risultati di una revisione degli attuali livelli da parte di specialisti indipendenti.
Occorre ricordare che, da quando l’invasione russa dell’Ucraina è iniziata nel febbraio dello scorso anno, le nazioni occidentali - guidate dagli Usa - hanno accusato l’OPEC di manipolare i prezzi del petrolio e di indebolire l’economia globale attraverso gli alti costi energetici. L’Occidente ha anche accusato l’OPEC di schierarsi con la Russia.
In risposta, il cartello ha affermato che la politica del denaro facile da parte dell’Occidente nell’ultimo decennio ha spinto l’inflazione e costretto le nazioni produttrici di petrolio ad agire per mantenere il valore della loro principale esportazione.
Gli analisti hanno osservato che la decisione dell’OPEC+ di domenica ha inviato un chiaro segnale che il gruppo era disposto a sostenere i prezzi e tentare di contrastare gli speculatori.
“È un chiaro segnale per il mercato che l’OPEC+ è disposta a stabilire e difendere un prezzo minimo”, ha affermato Amrita Sen, co-fondatrice del think tank Energy Aspects.
Cosa aspettarsi per il prezzo del petrolio?
Gary Ross, osservatore veterano dell’OPEC e fondatore di Black Gold Investors, ha dichiarato: “I sauditi hanno mantenuto le loro minacce agli speculatori e chiaramente vogliono prezzi del petrolio più alti.”
Il mercato non si aspettava la decisione saudita di tagliare unilateralmente la produzione di 1 milione di barili al giorno, secondo il presidente della società di analisi Rapidan Energy, Bob McNally.
“Ha dimostrato ancora una volta che l’Arabia Saudita è disposta ad agire unilateralmente per stabilizzare i prezzi del petrolio”, ha osservato McNally, citando l’esempio del gennaio 2021, quando il titano petrolifero ha tagliato unilateralmente la produzione di 1 milione di barili al giorno. “Vediamo materializzarsi grandi deficit globali nella seconda metà del 2023 e prezzi del greggio che superano i 100 dollari l’anno prossimo”, ha aggiunto.
Allo stesso modo, Kang Wu, di S&P Global Commodity Insights, stima che il significativo aumento della domanda globale di petrolio nella stagione estiva dell’emisfero settentrionale porterà a un ritiro delle scorte di petrolio e “sosterrà l’aumento dei prezzi del petrolio” nei prossimi mesi.
Ed Morse, responsabile globale della ricerca sulle materie prime e amministratore delegato di Citi ha dichiarato che è il mercato petrolifero è ancora “estremamente debole”, in parte a causa della domanda deludente nelle tre maggiori regioni consumatrici: Cina, Unione Europea e Stati Uniti.
“Abbiamo un potenziale per l’offerta molto più grande di dove sta andando la crescita della domanda”, ha detto, citando il potenziale di una recessione all’orizzonte. “Non vi è alcuna garanzia che [i prezzi del petrolio] non scendano sotto i 70 dollari”.
Commonwealth Bank of Australia è del parere che l’Arabia Saudita estenderà i tagli alla produzione di luglio se i futures sul Brent rimarranno nella fascia da $70 a $75 al barile, o addirittura scenderanno al di sotto di tale fascia.
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