Autoconsumo collettivo: cos’è e cosa cambia rispetto alle comunità energetiche

Redazione Tecnologia

30 Settembre 2022 - 19:08

Questa nuova configurazione permette a più soggetti che si trovano nello stesso edificio di produrre energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo.

Autoconsumo collettivo: cos’è e cosa cambia rispetto alle comunità energetiche

Produrre energia rinnovabile assieme ad altre persone per poi consumarla per le proprie necessità: è questo il concetto alla base dell’autoconsumo collettivo. Questa nuova modalità può coinvolgere dei soggetti che condividono uno stesso edificio, un intero condominio o persino delle aziende.

La direttiva Ue 2018/2001 definisce gli autoconsumatori di energia che agiscono collettivamente come “un gruppo di almeno due autoconsumatori che si trovano nello stesso edificio o condominio che intendono produrre energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e accumulare o vendere energia elettrica autoprodotta in rete, purché tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale”.

Come funziona l’autoconsumo collettivo?

Chi aderisce all’autoconsumo collettivo diventa un prosumer, ossia un produttore e consumatore di energia allo stesso tempo. La nascita di questo nuovo modo di approcciarsi all’energia porta con sé svariati vantaggi dal punto di vista energetico, ambientale ed economico. In Italia, il decreto Mise del 15 settembre 2020 ha previsto delle agevolazioni e degli incentivi per la formazione dei gruppi di autoconsumo collettivo. Si parla di 100 € ogni megawattora, che viene riconosciuto per vent’anni ed è gestito direttamente dal gestore dei servizi energetici.

È cumulabile con l’ecobonus 110 rispetto alla creazione di impianti fotovoltaici. I consumatori che desiderano beneficiare dell’agevolazione devono collegare l’impianto di autoconsumo alla rete elettrica ed evitare di superare una produzione di 200 kW. Gli incentivi, inoltre, supportano questa forma di approvvigionamento energetico anche tramite i sistemi di accumulo, che consentono di immagazzinare l’energia in eccesso per usarla in un secondo momento.

L’energia condivisa per l’autoconsumo è definita come “il minimo tra la somma dell’energia elettrica immessa e quella prelevata dalla rete” in un’ora. Per calcolarla serve un contatore diverso da quello di cui ogni utente dispone per calcolare l’energia consumata. Prima di essere prelevata dai consumatori, tutta l’energia prodotta viene riversata nella rete pubblica.

Le differenze con le comunità a energetiche rinnovabili

A un primo sguardo, i gruppi di autoconsumo collettivo potrebbero sembrare identici alle comunità energetiche rinnovabili, ma in realtà ci sono alcune differenze da prendere in considerazione. I primi nascono dalla sinergia di più utenti che condividono lo stesso edificio (come un condominio o un centro commerciale).

Le comunità energetiche, invece, nascono quando cittadini, amministrazioni pubbliche locali, attività commerciali e/o piccole medie imprese si costituiscono in forma giuridica per produrre e condividere energia. Di solito sono classificate come cooperative o associazioni non riconosciute. Gli impianti di cui dispone la comunità energetica rinnovabile non si limitano a fornire energia per un singolo edificio, ma possono soddisfare i bisogni di aree più ampie, come un intero quartiere.

I punti in comune con le comunità energetiche rinnovabili

Nonostante queste differenze, i gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche rinnovabili hanno vari punti di contatti, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi che vogliono raggiungere. Entrambe le configurazioni nascono per incentivare l’utilizzo dell’energia derivante da fonti rinnovabili, riducendo così l’impatto ambientale e favorendo i processi di transizione energetica e decarbonizzazione. Inoltre, i gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche rinnovabili aiutano a risparmiare sulla bolletta, migliorare l’efficienza energetica e raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050.

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