Come non pagare i debiti

Nadia Pascale

14 Aprile 2023 - 10:45

Molte persone che sono in difficoltà economiche si chiedono come non pagare i debiti e se questo comportamento integra gli estremi di reato. Ecco alcune precisazioni

Come non pagare i debiti

Chi si trova in una situazione di difficoltà economica e non riesce a pagare un debito, o più debiti, si chiede sempre come non pagare i debiti e soprattutto se è possibile fare ciò senza incorrere in particolari sanzioni.

Una soluzione c’è ed è fornita direttamente dal legislatore, si tratta della legge 3 del 2012 anche conosciuta come legge “Salva-Suicidi”, uno strumento nato per aiutare le persone ad uscire da situazioni debitorie particolarmente pesanti attraverso un piano di rientro e quindi in modo del tutto legale. Vedremo ora, come funziona questa legge, in quali casi se ne può chiedere l’applicazione, i limiti e i vantaggi di tale strumento, ma prima cerchiamo di capire se non pagare i debiti è reato.

Non pagare i debiti è reato?

In linea generale non pagare un debito non è reato, ma naturalmente la legge tutela i creditori offrendo loro degli strumenti che possano aiutare a riscuotere i crediti vantati.

Gli strumenti sono numerosi e in questa sede è impossibile delinearli tutti, ad esempio una banca che concede un mutuo generalmente chiede l’iscrizione di un’ipoteca su un bene e su questo potrà procedere ad esecuzione forzata.
Tra gli strumenti vi sono anche il pignoramento della pensione, dello stipendio, del conto corrente. Tali azioni prevedono però dei limiti, ad esempio l’assegno della pensione può essere pignorato solo entro determinati limiti.

Naturalmente le procedure esecutive sono lunghe e costose e quindi nessuno vorrebbe arrivare ad esse.
Si ipotizza però un reato nel caso in cui il debitore cerchi di sfuggire ai creditori attraverso dei comportamenti fraudolenti, ad esempio occultando dei beni, trasferendo gli stessi, cercando di far risultare una situazione patrimoniale diversa da quella che realmente si ha.

In questi casi si può ipotizzare il reato di truffa o insolvenza fraudolenta, in applicazione dell’articolo 641 del codice penale il quale stabilisce:

Chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae
un’obbligazione col proposito di non adempierla e’ punito, a querela della persona offesa, qualora la obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire cinquemila.
L’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.

In quali casi è possibile con pagare i debiti con la legge 3?

Ora che abbiamo delineato quali possono essere le conseguenze che derivano dal mancato pagamento dei debiti, vediamo in quali casi si può ricorrere alla legge 3 del 2012 e di conseguenza non pagare i debiti senza violare la legge.

La legge 3 del 2012 è in realtà entrata in vigore nel 2015, come già anticipato è conosciuta anche come legge «Salva-Suicidi» e rappresenta una soluzione per non pagare i debiti riconosciuta però solo a chi si trova in una situazione di gravi difficoltà economiche.
La legge 3 consente di ottenere un piano di rientro a rate e la riduzione dell’importo complessivo da pagare. Si rivolge alle persone che sono in una situazione di sovraindebitamento, l’articolo 6 della legge 3 stabilisce che il sovraindebitamento è una

situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente

Tale situazione può avere diversa origine, ad esempio perdita di lavoro e malattia.
La legge 3 del 2012 prevede anche dei limiti soggettivi per l’accesso ai benefici, infatti possono accedervi solo coloro a cui non è applicabile la normativa sulla crisi di impresa. Si tratta quindi di:

Le fasi per l’applicazione della legge Salva-Suicidi

In base alla legge 3 del 2012 coloro che si trovano nella situazione ora descritta possono proporre al tribunale competente per territorio un piano di ristrutturazione dei debiti. Tale atto blocca le procedure esecutive in corso, questo implica che non vi è il rischio di vendita all’asta della casa, pignoramento dell’auto e quindi il debitore ha un po’ di respiro.

Per elaborare il piano di ristrutturazione da proporre al tribunale è bene raccogliere tutti i documenti inerenti il debito accumulato (spesso si tratta di molteplici finanziamenti) e i dati inerenti i propri redditi e il patrimonio. In base ai secondi è possibile elaborare un piano di rientro che consenta al debitore di vivere dignitosamente pur continuando a pagare i creditori.

Occorre però ricordare che il piano di ristrutturazione prevede nella maggior parte dei casi anche una forte riduzione degli importi dovuti. Questi derivano da accordi con i singoli creditori che, con il rischio di non ottenere nulla, di dover attendere molti anni o dover intraprendere costose procedure esecutive che potrebbero comunque non portare al rientro totale, decidono di ridurre gli importi.
Al piano di rientro devono aderire creditori che rappresentano almeno il 60% del debito.

Ricordiamo che rientrano tra i debiti che possono essere definiti con la legge 3 del 2012 quelli verso:

  • banche e finanziarie;
  • fornitori privati;
  • pubbliche amministrazioni.

Non vi rientrano gli obblighi di mantenimento, ad esempio verso i figli o l’ex coniuge.

Generalmente è consigliato farsi aiutare da un professionista per elaborare il piano di rientro. Come detto questo deve essere depositato in tribunale insieme a un’istanza per la nomina Gestore della crisi da sovraindebitamento . Il deposito dell’istanza presso Cancelleria della Volontaria Giurisdizione del Tribunale competente ha un costo: 98 euro per il contributo unificato e 27 euro per la marca da bollo.

Nel caso in cui nel tribunale sia stato nominato un Organismo di Composizione della Crisi da Sovraindebitamento occorre rivolgersi a tale organo che gestirà la procedura con la nomina del Gestore. In questo caso il contributo da versare è di 200 euro.

L’onorario del Gestore è a carico del debitore e viene comunque fissato tenendo in considerazione la situazione globale. Il professionista valuta la documentazione e il piano di rientro e se lo giudica positivo, lo stesso viene trasmesso al giudice per la valutazione finale e l’accettazione finale.
Una volta accettato il piano, lo stesso è esecutivo e quindi il debitore deve provvedere a pagare i residui.

In caso di difficoltà al rispetto del piano, provando comunque di essersi comportanti in buona fede è possibile richiedere l’esdebitazione. Questa prevede una preventiva liquidazione di tutti i beni con riparto delle somme ai vari creditori. Dall’esdebitazione deriva la cancellazione di tutti i debiti che non sono stati pagati.

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