Come non pagare le tasse sui Bitcoin

Donato De Angelis

17/10/2024

Dal 2025 l’aliquota fiscale sulle plusvalenze di Bitcoin e altre criptovalute passerà dal 26% al 42%. Ma ecco la soluzione legale per pagare meno (o addirittura zero) tasse.

L’annuncio shock del ministro dell’economia ha sconvolto i detentori italiani di criptovalute, tanto da spingere in molti a chiedersi come pagare meno (o non pagare affatto) tasse sui Bitcoin - in modo legale, ça va sans dire. Spoiler: serve necessariamente un cambio di residenza fiscale, così abbiamo individuato i Paesi migliori dove trasferirsi evitare il salasso previsto dal Governo.

In sede di conferenza stampa di presentazione della manovra 2025 (non ancora legge), Maurizio Leo ha parlato chiaro: le imposte sulle plusvalenze passeranno dal 26% al 42%.

In altre parole, le tasse su Bitcoin &co dal prossimo anno diventeranno assai sconvenienti: se ho comprato un Bitcoin a 40.000 euro e lo vendo a 60.000 euro, mi ritroverò a pagare 8.600 euro di tasse (calcolando il 43% su una plusvalenza di 20.000 euro), contro i 5.200 euro previsti con l’aliquota standard. Il mio guadagno non sarà più di 14.800 euro, ma “solo” di 11.400 euro.

Solo a fine anno avremo la conferma - o meno - della misura. Intanto, la community italiana legata alle crypto grida allo scandalo. Una tassa al 42% su Bitcoin e altre criptovalute potrebbe penalizzare chi investe in criptovalute ma, soprattutto, costituirebbe un’eccessiva disparità di trattamento fiscale in confronto ad altri investimenti, che possono essere altrettanto speculativi.

In attesa di capire se la tassazione sulle plusvalenze di Bitcoin verrà effettivamente alzata, analizziamo le possibilità per pagare meno - o addirittura zero - tasse, in modo legale.

Come pagare meno tasse su Bitcoin

L’Agenzia delle Entrate, come le altre agenzie fiscali dei Paesi europei e delle economie mondiali più sviluppate. Ognuna di queste ha il suo approccio, e per questo motivo le tasse da pagare sulle operazioni di vendita del Bitcoin e sulla sua detenzione cambiano da un Paese all’altro e da un contribuente all’altro, in base al luogo di residenza fiscale.

Cos’è la residenza fiscale? Secondo l’Agenzia delle Entrate, si è residenti fiscalmente in Italia (e quindi si devono pagare le tasse in Italia) se per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni l’anno, 184 in quelli bisestili) si è iscritti nell’anagrafe delle persone residenti in Italia, oppure se si ha il proprio domicilio o la propria dimora abituale in Italia.

Se si abita in Italia nella maggior parte dell’anno e se l’aumento dell’aliquota fiscale su plusvalenze Bitcoin e altre crypto dovesse passare, non c’è scampo: per non essere un evasore fiscale dovrai pagare il 42% di tasse sulle tue vendite in positivo.

La tassa da versare in Italia sarà dovuta, com’è d’altronde previsto oggi, indipendentemente che le transazioni si siano verificate su mercati esteri o che il proprio portafoglio digitale non sia memorizzato in Italia.

Se invece si è disposti a spostare i propri interessi verso altri Paesi, con relativo trasferimento, il risparmio potrebbe essere notevole. Ma attenzione: se la transazione è già avvenuta, le tasse vanno pagate in Italia. Ma se la transazione avviene dopo il cambio di residenza fiscale, allora l’aliquota da pagare sarà dettata dal Paese in cui ci si è trasferiti.

In quali Paesi la tassazione Bitcoin è più conveniente

Di seguito riportiamo i Paesi che offrono le aliquote fiscali più convenienti sulle plusvalenze di Bitcoin e altre criptovalute:

1) Portogallo

Fino a poco tempo fa il Portogallo era considerato un paradiso fiscale per i possessori di criptovalute, poiché non prevedeva alcuna tassazione sulle plusvalenze. Ora la situazione è leggermente cambiata, ma si presenta comunque conveniente.

Fino al 2022, il Portogallo non tassava le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute per i privati. Le autorità fiscali portoghesi avevano chiarito che i guadagni da Bitcoin e altre criptovalute non rientravano nelle categorie tassabili per i cittadini privati. Ma a partire dal 2023, la legge è cambiata: il governo portoghese ha introdotto una tassazione sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute detenute per meno di un anno fissando un’aliquota del 28%. Se, invece, una criptovaluta viene detenuta per più di un anno, il guadagno rimane esente da tasse, ma solo per i privati.

Per chi usa invece le criptovalute per attività professionali o commerciali, come ad esempio il trading a breve termine o il mining, le criptovalute sono considerate una forma di reddito imponibile e tassate come tale. Le aliquote applicabili possono arrivare fino al 48%, a seconda della categoria fiscale e del volume di attività.

Si ricorda che il Portogallo non applica l’IVA sulle transazioni in criptovaluta, in linea con la direttiva dell’Unione Europea che stabilisce che le criptovalute non sono considerate beni o servizi soggetti a imposta sul valore aggiunto.

2) Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno una delle giurisdizioni più attraenti per chi opera nel settore delle criptovalute.
Non esiste infatti un’imposta sul reddito personale, e questo si applica anche alle plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute.

Dubai e Abu Dhabi, in particolare, stanno adottando regolamenti proattivi - Abu Dhabi Global Market (ADGM) e la Dubai Multi Commodities Centre (DMCC) - per attrarre aziende e startup legate alla blockchain e alle criptovalute.

Le società registrate nelle zone franche (Free Zones) degli EAU possono beneficiare di esenzioni fiscali su reddito aziendale, plusvalenze e dividendi per un periodo di 50 anni. E anche se gli EAU applicano un’aliquota IVA standard del 5% sulla maggior parte dei beni e servizi, al momento le criptovalute non sono soggette a questa imposta, in quanto non sono ancora considerate beni tangibili o servizi soggetti a tassazione.

3) Andorra

Anche Andorra sta attirando l’attenzione di chi investe e opera nel settore delle criptovalute grazie alla sua normativa fiscale favorevole.

Le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute sono soggette a tassazione, ma l’aliquota è tra le più basse d’Europa: per i privati è generalmente fissata al 10%. Andorra non impone una tassa sul patrimonio, il che rappresenta un altro vantaggio per chi intende modificare la propria residenza fiscale. E l’imposta sul reddito delle persone fisiche ha un’aliquota massima del 10%.

4) Monaco

Monaco è nota in tutto il mondo per la sua fiscalità favorevole, e questo si estende anche al settore delle criptovalute.
Uno dei vantaggi principali è l’assenza di imposta sul reddito per i residenti privati (ad eccezione dei cittadini francesi, che sono soggetti a speciali accordi fiscali). Ciò significa che le plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute non sono tassate per i residenti di Monaco.

Anche le imposte patrimoniali sono inesistenti, mentre le società che operano a Monaco possono essere soggette a tassazione se più del 25% dei loro profitti proviene da attività commerciali esterne al Principato.

Nel 2020, il governo monegasco ha introdotto il Monaco Coin (MCOIN) come parte di una più ampia strategia di digitalizzazione, segno di un interesse crescente verso l’innovazione tecnologica e il mercato crypto.

Ma attenzione: il processo di residenza richiede di dimostrare un patrimonio netto significativo e la capacità di sostenere il proprio tenore di vita nel Principato.

5) Svizzera

In Svizzera, le criptovalute detenute da privati sono generalmente trattate come beni patrimoniali e non sono soggette all’imposta sulle plusvalenze. Questo significa che i guadagni derivanti dalla vendita di criptovalute non sono tassati. Tuttavia, i beni patrimoniali (come Bitcoin e altre criptovalute) sono soggetti a una modesta imposta patrimoniale applicata a livello cantonale, il cui ammontare varia a seconda del cantone di residenza.

Se un individuo è considerato un trader professionista (ad esempio, se fa trading in modo continuativo e con una strategia di guadagno), però, i guadagni derivanti dalle criptovalute possono essere trattati come reddito ordinario e quindi soggetti a imposta sul reddito e l’aliquota varia in base al reddito complessivo e al cantone di residenza.

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