Il cyberbullismo è una forma di bullismo online. Il web è usato per molestare e diffondere contenuti offensivi, con gravi conseguenze per le vittime.
Il cyberbullismo è uno dei lati oscuri dell’era digitale. Secondo i dati ISTAT, negli ultimi cinque anni le denunce di episodi di cyberbullismo sono aumentate del 30%, un trend che evidenzia la crescente necessità di affrontare questo fenomeno con consapevolezza e strumenti giuridici adeguati. Ma cosa significa esattamente «cyberbullismo»? E quali sono le modalità per denunciare un cyberbullo?
Il cyberbullismo è un reato che si perpetra online e diversamente dal bullismo tradizionale, infatti, non conosce limiti di tempo e spazio: i contenuti offensivi o minacciosi possono restare accessibili su internet per un periodo indefinito, esponendo la vittima a un danno continuativo.
Una delle storie tristemente note di cyberbullismo è quella del suicidio di Carolina Picchio. Una ragazza 14 anni di Novara, che, nel gennaio del 2013, si è tolta la vita gettandosi dalla finestra della sua camera, dopo essere stata vittima di cyberbullismo. Alcuni coetanei avevano diffuso su WhatsApp e social un video che la ritraeva in situazioni compromettenti, accompagnato da commenti offensivi. La pressione psicologica causata dalla diffusione di questi contenuti ha portato Carolina a un gesto estremo, lasciando un messaggio:
“Le parole fanno più male delle botte”
La sua storia ha scosso profondamente l’opinione pubblica e contribuito all’adozione della Legge n. 71/2017, volta a proteggere i minori e a prevenire simili tragedie.
Che cos’è il cyberbullismo? Definizione e significato
Il termine cyberbullismo si riferisce a tutte quelle condotte aggressive, premeditate e continuative, messe in atto attraverso strumenti digitali (smartphone, computer e piattaforme online), con l’obiettivo di danneggiare, intimidire o umiliare un’altra persona. Il cyberbullismo sfrutta i mezzi tecnologici per colpire le vittime, amplificando il danno causato dalla diffusione dei contenuti offensivi e dalla possibilità di restare anonimi.
La legge n. 71/2017 descrive il cyberbullismo come:
“qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica.”
Tale nozione, volutamente ampia, copre una vasta gamma di condotte, tra cui la diffusione di contenuti denigratori e l’uso improprio di informazioni personali con finalità lesive. L’obiettivo è di includere tutte le forme di prevaricazione che possono avvenire online.
Uno degli elementi peculiari del cyberbullismo risiede nella sua capacità di perpetuarsi nel tempo: i contenuti offensivi possono rimanere online per lunghi periodi e raggiungere un pubblico vasto, con conseguenze psicologiche importanti per le vittime. Infatti, a differenza degli episodi di bullismo che si esauriscono nel contesto fisico, il cyberbullismo può avvenire ovunque e in qualsiasi momento, esponendo la vittima a un’aggressione costante.
Reato di cyberbullismo: cosa prevede la legge
Il reato di cyberbullismo è disciplinato, come detto, dalla legge n. 71 del 2017, un quadro normativo che tutela in particolar modo i minorenni. La legge riconosce e sanziona le aggressioni compiute mediante strumenti digitali e prevede una serie di misure preventive e repressive per contrastare il fenomeno, oltre a stabilire le responsabilità dei gestori delle piattaforme online e degli istituti scolastici.
Misure preventive ed inibitorie
Sono state introdotte anche delle misure preventive con l’obiettivo di sensibilizzare e informare i giovani sui rischi del cyberbullismo. In primo luogo, le scuole sono tenute a svolgere attività educative e preventive per contrastare il cyberbullismo. Ogni istituto deve designare un referente per coordinare le iniziative contro il fenomeno e assistere gli studenti vittime di episodi di cyberbullismo.
Inoltre, la legge n. 71/2017 prevede la possibilità, per il minore di 14 anni o per i genitori, di richiedere ai gestori dei siti web e dei social network la rimozione dei contenuti lesivi, attraverso una procedura semplificata. Se tale richiesta non viene soddisfatta entro 48 ore, ci si può rivolgere al Garante per la Protezione dei Dati Personali, che interviene per garantire la tutela dei diritti della vittima.
Aspetti penali del cyberbullismo
La legge n. 71/2017 si concentra soprattutto su misure preventive e educative per contrastare il fenomeno a tutela dei minori, e non introduce sanzioni penali. In ogni caso, le condotte di cyberbullismo possono rientrare in reati già previsti dal Codice Penale:
- diffamazione (art. 595 c.p.): il cyberbullismo può integrare il reato di diffamazione quando i contenuti offensivi sono diffusi in modo da raggiungere un ampio pubblico. La diffamazione aggravata dall’uso di mezzi di comunicazione digitale prevede una pena più severa rispetto alla diffamazione semplice, con sanzioni che possono includere la reclusione fino a tre anni;
- atti persecutori (stalking) (art. 612-bis c.p.): quando il cyberbullismo si concretizza in minacce o molestie reiterate che provocano un perdurante stato di ansia nella vittima, si configura il reato di atti persecutori, punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Questo è applicabile anche ai casi di cyberstalking, una delle forme più comuni e dannose di aggressione online;
- violazione della privacy (art. 167 del Codice della Privacy): la divulgazione non autorizzata di dati personali o di immagini a contenuto privato, come nel caso del sexting non consensuale, può integrare il reato di trattamento illecito di dati, con pene che possono variare dalla multa alla reclusione, a seconda della gravità del danno.
Sanzioni e misure educative per i minori autori di cyberbullismo
Per i minori autori di atti di cyberbullismo, la legge n. 71/ 2017 prevede un approccio orientato alla rieducazione più che alla punizione. In particolare, il Questore può adottare la misura dell’ammonimento per i minori di 18 anni, su richiesta dei genitori della vittima. L’ammonimento consiste in un richiamo ufficiale che viene registrato, ma non comporta conseguenze penali immediate.
Tuttavia, se il comportamento del minore continua, il successivo reato non sarà più considerato lieve. Inoltre, è previsto un ruolo attivo per i genitori, che possono essere chiamati a rispondere del comportamento del figlio, soprattutto se non hanno adottato misure idonee a prevenire gli atti di cyberbullismo.
Differenza tra bullismo e cyberbullismo
Il bullismo e il cyberbullismo sono entrambi fenomeni di aggressione, ma differiscono significativamente per modalità, contesto e conseguenze sulla vittima. Rilevare tali differenze serve a riconoscere le forme di abuso e intervenire in modo appropriato.
Bullismo
Il bullismo si manifesta principalmente in luoghi fisici come scuole, parchi e ambienti sportivi. Esso include atti di prepotenza, come insulti, minacce, esclusione dal gruppo e, nei casi più gravi, aggressioni fisiche. Le azioni del bullo, in questo caso, sono visibili e si svolgono alla presenza di testimoni, spesso coetanei della vittima, e in orari e contesti ben definiti, come l’ambiente scolastico.
Cyberbullismo
Come detto, il cyberbullismo si sviluppa nell’ambiente digitale. Ciò rende tali atti molto insidiosi, poiché le aggressioni possono avvenire in qualsiasi momento della giornata e la diffusione dei contenuti lesivi può raggiungere un numero di persone potenzialmente illimitato. Inoltre, l’aggressore può agire dietro uno pseudonimo o account falso, aumentando la difficoltà per la vittima di identificare il proprio molestatore. In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 286/2023, confermando la condanna per atti persecutori online in un caso di cyberstalking, enfatizzando la responsabilità dell’autore anche in presenza di pseudonimi.
Un aspetto distintivo rispetto al bullismo, riguarda la possibilità di raccogliere prove. Nel caso del cyberbullismo, messaggi, immagini e video diffusi online possono essere salvati come prova (ad esempio,tramite screenshot), mentre nel bullismo tradizionale è spesso necessario il ricorso a testimonianze di terzi per documentare gli episodi di abuso. In ogni caso, sia il bullismo che il cyberbullismo condividono l’obiettivo di danneggiare la dignità e il benessere della vittima.
Tipi di cyberbullismo: ecco quali sono
Il cyberbullismo si declina in diverse forme di abuso online, ognuna con caratteristiche specifiche e modalità di esecuzione particolari. Ogni tipo di cyberbullismo ha delle sfumature, ma ciò che li accomuna è l’uso della rete come strumento di prevaricazione. È importante agire prontamente per contrastare queste condotte, preservando le prove digitali (come screenshot e copie di messaggi) da utilizzare in fase di querela.
Cyberstalking
Consiste in un monitoraggio ossessivo e minaccioso della vittima attraverso internet. Può includere l’invio di messaggi intimidatori, minacce ripetute o tentativi di controllare la vita digitale della persona, con l’obiettivo di instillare paura o ansia. Questa condotta può rientrare nel reato di atti persecutori prevista dall’art. 612-bis c.p.
Flaming
Si riferisce a discussioni aggressive e ostili, spesso con insulti e attacchi personali, che avvengono all’interno di forum, chat o commenti sui social media. Sebbene i singoli episodi possano sembrare isolati, la loro reiterazione può generare un ambiente di intimidazione costante per la vittima.
Denigrazione (Denigration)
Comporta la diffusione di voci false, calunnie o contenuti volutamente denigratori nei confronti della vittima, con l’obiettivo di danneggiare la sua reputazione. Può avvenire tramite post sui social media, blog, chat di gruppo o video online, e spesso mira a isolare la vittima dal proprio contesto sociale.
Outing e Doxxing
Queste pratiche consistono nella divulgazione non autorizzata di informazioni personali o sensibili. L’outing riguarda principalmente la rivelazione di dettagli intimi o privati, come orientamenti sessuali o situazioni familiari, mentre il doxxing prevede la pubblicazione di dati personali, come indirizzo, numero di telefono o contatti privati, con lo scopo di mettere la vittima a rischio di ulteriori molestie.
Impersonation
In questo caso, il cyberbullo crea un falso account o utilizza l’identità della vittima per pubblicare contenuti dannosi o offensivi, ingannando i destinatari e generando confusione. L’obiettivo è far apparire la vittima come responsabile di azioni o dichiarazioni che in realtà non le appartengono, con danni alla sua reputazione.
Sexting non consensuale
Riguarda la diffusione, senza il consenso della persona coinvolta, di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito. Questa pratica, oltre a violare la privacy della vittima, può configurare reati quali la diffamazione ex art. 595 c.p. e il trattamento illecito di dati personali. Nel caso di minori, è considerata particolarmente grave per le conseguenze psicologiche devastanti che può avere sulla vittima.
Exclusion (Esclusione deliberata)
Si verifica quando un individuo viene escluso intenzionalmente da gruppi online, come chat di classe o gruppi social, creando un senso di isolamento e emarginazione. Sebbene possa sembrare meno violenta rispetto ad altre forme di cyberbullismo, l’esclusione prolungata può avere un forte impatto emotivo sulla vittima.
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Chi sono i cyberbulli? Come identificarli
I cyberbulli possono appartenere a diverse fasce di età e avere profili comportamentali differenti. Tuttavia, ci sono delle caratteristiche ricorrenti che possono coadiuvare nel riconoscimento. Per quanto concerne l’età, i cyberbulli sono spesso adolescenti o giovani adulti.
Quindi, spesso coetanei delle loro vittime. Può accadere che agiscano all’interno di dinamiche scolastiche o gruppi di amicizie, proseguendo online ciò che potrebbe avere avuto inizio nel mondo reale. In altri casi, può accadere che dei cyberbulli si avvalgano di account falsi o pseudonimi per nascondere la propria identità. In questo caso si registra una maggiore aggressività. Anche se meno frequente, ci sono casi di cyberbulli adulti, spesso motivati da risentimento personale, divergenze ideologiche o addirittura da vendette nei confronti di persone conosciute.
Comportamenti e segnali tipici
Uno dei comportamenti tipici è quello dell’invio ripetuto di messaggi minatori o offensivi. I cyberbulli tendono a inviare messaggi aggressivi a cadenza regolare, cercando di intimidire la vittima. Il cyberbullo può diffondere immagini, video o post finalizzati a umiliare la vittima, spesso rendendoli accessibili a un vasto pubblico. L’obiettivo è danneggiare la reputazione della persona e isolarla dal suo contesto sociale.
Un altro elemento – spia è il coinvolgimento di altri utenti, creando una sorta di “effetto branco” anche online. Questo può avvenire invitando altri a commentare post offensivi o a partecipare a gruppi contro la vittima. Non è raro che i cyberbulli si avvalgano di account multipli, per rendere le loro azioni più difficili da tracciare. Creano nuovi profili per aggirare i blocchi imposti dalla vittima o per dare l’impressione che ci siano più aggressori.
Come denunciare un cyberbullo: quando e a chi rivolgersi
Prima di procedere con la querela, occorre raccogliere tutte le prove disponibili delle molestie subite. Ciò include screenshot di messaggi minacciosi, e-mail, post sui social network e qualsiasi altra comunicazione offensiva. Inizialmente, si può richiedere ai gestori dei social network o delle piattaforme online di rimuovere i contenuti offensivi. Infatti, come visto, la legge sul cyberbullismo, prevede che il minore di almeno 14 anni o i suoi genitori possano richiedere la rimozione di contenuti lesivi.
Se il gestore della piattaforma non interviene entro 48 ore, è possibile rivolgersi al Garante per la Protezione dei Dati Personali per ottenere un’azione diretta. Invece, se il cyberbullismo assume carattere di minaccia reiterata o se si verificano episodi di diffamazione e violazione della privacy, è opportuno procedere con una formale querela alle autorità competenti. Questo vale in particolare quando la vittima si sente minacciata o teme per la propria incolumità.
A chi rivolgersi per denunciare un cyberbullo
Per denunciare crimini commessi online, inclusi i casi di cyberbullismo è opportuno fare riferimento alla Polizia Postale. La querela può essere presentata presso un ufficio fisico della Polizia Postale oppure online, attraverso i portali predisposti sul sito ufficiale della Polizia di Stato. La Polizia Postale ha competenza nell’individuare i responsabili attraverso l’analisi delle comunicazioni e il tracciamento degli indirizzi IP.
In alternativa, la querela può essere sporta presso qualsiasi comando dei Carabinieri o stazione di Polizia locale. Come menzionato, il Garante può intervenire se la richiesta di rimozione dei contenuti non viene soddisfatta entro i termini previsti. La sua competenza riguarda la protezione dei dati personali e la tutela della privacy della vittima.
Querela per cyberbullismo
Per redigere una querela efficace occorre riportare tutti i fatti avvenuti, le date e gli orari degli episodi di cyberbullismo, e allegando le prove raccolte. La querela deve contenere i dati della vittima e, se identificabile, quelli del cyberbullo. Inoltre, è opportuno richiedere una inibitoria, cioè specificare la necessità di rimozione dei contenuti offensivi, per evitare che continuino a causare danno alla vittima durante il periodo delle indagini.
Dopo la presentazione della querela, le autorità avvieranno delle indagini preliminari sia per identificare l’autore delle molestie e valutare la rilevanza penale delle sue azioni. In questa fase, è consigliabile farsi assistere da un avvocato, che potrà supportare la vittima nella redazione della querela e seguire l’iter giudiziario intrapreso dalla vittima.
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