Cosa rischia chi fa il saluto romano?

Giorgia Bonamoneta

10 Gennaio 2024 - 22:36

Fare il saluto romano (o fascista) è reato? Due le leggi che si applicano, la legge Scelba e la legge Mancino, ma a fare la differenza tra lecito e illecito è il contesto. Quali sono i rischi?

Cosa rischia chi fa il saluto romano?

L’apologia di fascismo è reato, ma il saluto romano, o per meglio dire il saluto fascista, lo è? Recentemente e non ci sono state diverse sentenze che hanno riguardato proprio il saluto romano. In alcuni casi è stato riconosciuto come la “concreta possibilità di reato”, in altri invece no.

Perché tanta incertezza? La presenza di due leggi a regolare la materia lascia spazio a interpretazioni. In particolare il contesto nel quale si svolge il saluto romano potrebbe fare la differenza tra reato e non reato.

Che cos’è il saluto romano o fascista?

Il saluto romano è stato un simbolo del fascismo italiano. Noto come “saluto fascista”, terminologia più corretta perché il saluto romano come lo conosciamo non era presente nell’antichità romana, è utilizzato ancora oggi per richiamare al ventennio fascista.

Il saluto romano fu quindi utilizzato fin dalle prime battute del fascismo, fin dall’impresa dei legionari fiumani di Gabriele D’Annunzio nel 1919. Anche le camice nere lo usarono, prima ancora della marcia su Roma, quando poi venne adottato ufficialmente nell’amministrazione pubblica italiana.

Ci fu una vera e propria campagna contro la stretta di mano, ritenuta “borghese” e poco igienica. Protagonista di questa fu Achille Starace, segretario negli anni 30 del Partito nazionale fascista. Una campagna mal riuscita e che non attecchì neanche negli stessi rappresentanti del regime fascista, che continuarono a salutare con le strette di mano.

Il saluto romano è reato?

Per quanto possa sembrare strano, il saluto romano non è sempre reato. A fare la differenza infatti è il contesto nel quale il saluto fascista viene fatto. Lo descrivono bene la legge Scelba e la legge Mancino. La legge Scelba nel 1952 introduce il “reato di riorganizzazione del partito fascista” e di apologia del fascismo; nel quarto articolo si specifica che chiunque fa propaganda per la costituzione di un’associazione e persegue la finalità dell’articolo uno, cioè fini antidemocratici che esaltano, minacciano e usano la violenza come mezzo di lotta politica, è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

La legge quindi vieta la difesa o l’esaltazione, cioè l’apologia del fascismo. Non si parla nello specifico di slogan o gestualità. Nel corso del tempo è stata la Corte Costituzionale a intervenire per delineare meglio i confini della legge Sheba.

Quando il saluto romano non è un reato?

Nel 1958 ci fu la prima sentenza che stabilì come saluto fascista o slogan e canti considerati “fascisti” non siano sempre diffusione di concetti favorevoli alla ricostituzione del fascismo.

Per esempio una commemorazione funebre (come nel caso della strage di Acca Larentia) non costituisce un atto favorevole alla ricostruzione del fascismo e per questo non è un reato. La legge Mancino del 1993 (che diversi governi di destra e la Lega nel 2014 cercarono di abrogare) ha modificato il codice e previsto la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi, oltre la multa fino a 6.000 euro, per chi propaganda idee fondate sulla superiorità, sull’odio razziale o etnico.

La legge Mancino permise di condannare diverse persone che hanno messo in atto la cerimonia del “Presente!” nel cimitero di Milano per ricordare quelli che furono definiti “i martiri della rivoluzione fascista”. In altre occasioni però non ci fu la stessa soluzione, riconoscendo nel gesto e nello slogan un ultimo omaggio a un personaggio fascista o una commemorazione degli stessi.

In altre parole è il contesto a fare la differenza e anche il peso che si vuole dare ora alla legge Mancino ora alla legge Scelba. Un esempio che si può portare, che rappresenta pienamente l’incertezza del reato, è il caso del saluto fascista fatto da Romano La Russa, fratello della seconda carica dello Stato, durante i funerali del cognato Alberto Stabilini. Per quanto il gesto non è considerato reato durante una commemorazione funebre, rimane rilevante considerando che la Russia è una carica politica (all’epoca dei fatti era assessore della Regione Lombardia).

Sentenza con pena minima: un esempio del (non) reato

Il 27 novembre 2018 il tribunale di Milano ha definito la “concreta possibilità di punire alcune delle manifestazioni caratteristiche del partito fascista”, come il saluto romano e la chiamata del presente. All’interno del commento del tribunale si va però a definire la materia complessa e stratificata, quindi dagli esiti incerti e frammentati, che non definiscono i pieni confini fra le manifestazioni lecite del pensiero e veri e propri reati perseguibili e punibili ai sensi della legge Scelba o della legge Mancino.

Motivo di incertezza è la stessa legge da applicare nel caso, tra la legge Mancino o la legge Scelba. Mentre la legge Mancino punisce genericamente chiunque, in pubbliche riunioni compie manifestazioni, ostenti emblemi o simboli che hanno come scopo l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la legge Scelba descrive il reato di chi compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista (non gesti o slogan).

E se anche le due leggi presentano il medesimo trattamento sanzionatorio, deve sussistere il concreto pericolo per l’ordinamento democratico per essere punito. Il fatto deve quindi avvenire in un momento, in un ambiente o in circostanze che lo rendono idoneo a provocare adesioni e consensi e quindi a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostruzione di un’organizzazione fascista.

Il tribunale di Milano aveva risolto la controversia trovando nella manifestazione un contesto di commemorazione dei defunti. Le pratiche svolte in quell’occasione non presentavano il rischio di creare consenso o di discriminare il prossimo. Pertanto venne stabilita la pena minima prevista, ovvero 6 mesi di reclusione e 360 euro di multa, anche nella forma ridotta con 4 mesi di reclusione e 240 euro euro di multa.

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