La lira turca affonda dopo la conferma di Erdoğan alla presidenza: fin dove può arrivare il tonfo della valuta e con quali conseguenze sull’economia e sui mercati? Lo scenario è cupo.
Continua l’affondo della lira turca a due giorni dall’elezione di Erdoğan alla presidenza della nazione.
La valuta sta segnando nuovi minimi storici, aggravando un crollo che l’aveva già fatta sprofondare di oltre il 7% da inizio anno. La lira è scesa dello 0,6% a un minimo record di 20,2 contro il dollaro Usa alla ripresa delle negoziazioni a Londra, l’hub principale per il commercio di valute europee, martedì 30 maggio.
Mentre si scrive, la coppia USD/TRY mostra un balzo dell’1,66%, con il biglietto verde che scambia a 20,33.
La lira turca si è indebolita in modo drastico e repentino subito dopo la rielezione di Recep Tayyip Erdoğan, con gli analisti certi che il prossimo grande test per il presidente sarà affrontare la traballante economia da 900 miliardi di dollari, che rischia seriamente di affondare soprattutto sotto il peso insostenibile del costo della vita.
Molti esperti sostengono che le politiche di Erdoğan di bassi tassi di interesse e misure di emergenza per sostenere la valuta non possono continuare poiché le riserve di riserve valutarie della Turchia stanno diminuendo rapidamente.
In questo scenario, mentre la lira prosegue il suo crollo, l’evoluzione della politica economica turca sotto la guida di Erdoğan è al centro dell’attenzione.
Tonfo storico per la lira turca: cosa succede
Dall’inizio del 2023 a oggi, la lira turca ha subito un indebolimento costante, con il raggiungimento di nuovi minimi storici all’indomani della vittoria di Erdoğan.
C’è poca fiducia nella capacità del presidente di rimettere in ordine un’economia turca in dissesto, proprio a causa delle discutibili scelte di politica economica e monetaria che Erdoğan non pare abbia intenzione di abbandonare. Di conseguenza, la valuta nazionale sta crollando, con una perdita di circa l’8% da gennaio.
Nello specifico, la coppia USD/TRY è passata dal valore di 18,70 dei primi di gennaio 2023 a 20,33 di fine maggio, con un balzo - per il dollaro - e un tonfo per la lira turca davvero notevoli, come mostrato nel grafico di Financial Times:
Per evitare un disastro, si guarda con molta attenzione alle prossime nomine del nuovo Governo, con focus proprio su chi sarà responsabile delle finanze.
“Se si vuole evitare una grande mossa verso l’indebolimento della lira e una potenziale crisi economica sistemica, Erdogan deve muoversi rapidamente e nominare qualcuno come Simsek come persona economica di riferimento”, ha dichiarato Timothy Ash, analista di BlueBay Asset Management.
Mehmet Simsek era l’ex ministro delle finanze turco, noto per le sue politiche favorevoli al mercato. Successivamente è diventato vice primo ministro del paese dal 2015 al 2018.
“La domanda è se una persona del genere avrà abbastanza libertà per apportare i cambiamenti di politica economica necessari, come gli aumenti dei tassi,” ha aggiunto Ash.
Questo è un punto chiave. La politica monetaria turca, infatti, finora è stata guidata dalle idee poco ortodosse del presidente, che ha posto l’accento sul perseguimento della crescita e sulla concorrenza delle esportazioni piuttosto che sul contenimento dell’inflazione. Tuttavia, questo ha innescato meccanismi perversi di un costo della vita elevatissimo e svalutazione monetaria.
Le prime parole dopo la vittoria non hanno comunque mostrato la volontà di cambiare. Subito dopo essersi assicurato la presidenza con il 52%, Erdoğan ha insistito sul fatto che avrebbe mantenuto la sua politica di bassi tassi di interesse, anche se l’inflazione è attualmente superiore al 40%.
“Se qualcuno può farlo, quello sono io. [Il tasso di interesse principale della banca centrale] è stato ora ridotto all’8,5% e vedrai che anche l’inflazione diminuirà”, ha annunciato.
Ha anche aggiunto che “l’eliminazione dei problemi di aumento dei prezzi causati dall’inflazione e la perdita del welfare sono i temi più urgenti dei prossimi giorni” ma non ha fornito dettagli su come intende affrontarli.
L’allarme, però, resta elevato da parte di esperti e osservatori. “L’attuale orientamento politico è diventato insostenibile. La Turchia non può continuare con tassi di interesse molto bassi, una politica fiscale molto accomodante e bruciare ogni sorta di riserve di valuta estera ancora per molto”, ha affermato Liam Peach di Capital Economics.
Tutti i guai della Turchia: la lira verso il baratro?
I problemi finanziari della Turchia sono diversi. Le riserve, per esempio, sono diminuite di circa 27 miliardi di dollari quest’anno poiché il Paese ha tentato di sostenere la lira e finanziare un disavanzo delle partite correnti a livelli quasi record.
I dati ufficiali collocano le riserve, comprese valuta estera e oro, appena sopra i 101 miliardi di dollari.
Tuttavia, secondo JPMorgan, le riserve nette, una cifra che esclude le passività, sono in effetti pari a zero e profondamente negative se si escludono decine di miliardi di dollari in denaro preso in prestito dal sistema bancario locale.
Gli investitori sono anche preoccupati per i 121 miliardi di dollari che i turchi hanno messo in speciali conti di risparmio con il Governo a garantire le coperture se la lira si deprezza. La misura ha rallentato il tasso con cui i turchi hanno acquistato valute estere, ma Nureddin Nebati, ministro delle finanze, ha affermato che i conti sono costati al Paese circa 95,3 miliardi di lire turche (4,7 miliardi di dollari) da quando sono stati introdotti nel 2021.
Il colpo alle finanze pubbliche potrebbe aumentare rapidamente se la lira scendesse costantemente come sta accadendo.
Eppure Erdoğan potrebbe essere in grado di attingere a nuovi finanziamenti dagli alleati in Medio Oriente e Russia, sostengono alcuni analisti su Financial Times. Il presidente ha detto la scorsa settimana che gli Stati del Golfo, senza fare nomi, avevano contribuito con fondi per aiutare a stabilizzare i mercati della Turchia.
Erdoğan probabilmente può ricevere una spinta a breve termine dalle entrate in contanti dei turisti estivi che tendono ad alleviare le tensioni sulle finanze del Paese, ha affermato Wolf Piccoli della società di consulenza Teneo.
Anche l’indice azionario turco Bist 100, che è stato potenziato dai locali in cerca di rifugio dall’inflazione elevata, è balzato di oltre il 4% lunedì. In genere, con l’elevata inflazione gli investitori locali cercano opportunità di rendimento in grado di competere con la rapida crescita dei prezzi al consumo.
Tuttavia, gli scenari positivi sono davvero pochi, al momento, per la Turchia. Ilker Domac di Citigroup, ha avvertito che “sarebbe sempre più difficile per la banca centrale turca mantenere i tassi di interesse molto al di sotto dell’inflazione, in particolare durante l’ultimo trimestre dell’anno e successivamente”.
Altri economisti hanno segnalato un maggior grado di allarme. “Preparati al peggio, che potrebbe comportare controlli formali sui capitali o gravi fughe di depositi dal sistema bancario”, ha scritto Atilla Yesilada della società di consulenza GlobalSource Partners a Istanbul.
© RIPRODUZIONE RISERVATA