Ecco fino a che età si può lavorare: le regole per dipendenti pubblici, dipendenti privati, liberi professionisti e lavoratori autonomi.
Sono in molti a chiedersi fino a che età si può lavorare, chi perché vuole continuare a svolgere la professione abituale il più a lungo possibile, chi invece perché agogna il meritato pensionamento. In effetti sul punto c’è parecchia confusione, dovuta a una spiegazione molto semplice: non esiste una risposta univoca al quesito.
Per sapere fino a che età si può lavorare bisogna infatti distinguere tra il lavoro autonomo e dipendente, ma anche tra il comparto pubblico e quello privato. Non bisogna poi confondere l’età a partire da cui il datore di lavoro può collocare il dipendente a riposo con l’obbligo di farlo, infatti in molti casi la scelta è libera, anche se spesso non esente da rischi per il datore. Ecco cosa c’è da sapere.
Dipendenti pubblici
I dipendenti pubblici sono, fra le categorie di lavoratori, quelli sottoposti a regole più rigide sull’età massima per lavorare e sul pensionamento forzato. Ci sono però diverse soglie e casistiche da prendere in considerazione.
In particolare, la Pubblica amministrazione è obbligata a licenziare il dipendente che ha raggiunto l’età ordinamentale (l’età massima prevista dall’ordinamento a cui appartiene) e i requisiti per la pensione anticipata o per la pensione di vecchiaia. Il limite ordinamentale generale è pari a 65 anni per i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, ma può variare per specifiche funzioni o professioni (ad esempio per le Forze armate e di Polizia a seconda della qualifica, ma non solo).
Oltretutto, la Pubblica amministrazione può licenziare il dipendente che ha raggiunto i 62 anni e ha maturato i requisiti per la pensione anticipata. In questo caso, la Pa non è obbligata al collocamento al riposo del dipendente, perciò se intende attuarlo deve motivare la decisione.
Tutto cambia quando il dipendente pubblico ha 67 anni ma non ha raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia, in questo caso può richiedere il trattenimento in servizio fino ai 71 anni, purché compatibile con le condizioni di salute e l’eventuale valutazione del medico del lavoro.
Dipendenti privati
I datori di lavoro privati possono licenziare il dipendente che ha raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia, ovvero 67 anni (salvo le eccezioni per i lavoratori invalidi o impiegati in mansioni gravose). Si tratta di una mera facoltà del datore di lavoro che può comunque accordarsi con il lavoratore per proseguire il rapporto.
Difatti la legge non pone un’età lavorativa massima in questo senso, tanto che è possibile anche assumere pensionati, sempre purché le condizioni di salute lo permettano. Bisogna poi sottolineare che alcuni contratti collettivi nazionali prevedono un limite inferiore da cui il datore può collocare il dipendente a riposo, ma le varie cause di lavoro in merito mostrano un orientamento discorde della giurisprudenza.
Lavoratori autonomi e liberi professionisti
I lavoratori autonomi e i liberi professionisti non devono sottostare ad alcun limite di età e possono lavorare fino a quanti anni ritengono opportuno, anche più di 75. La legge, peraltro, consente sia ai liberi professionisti e autonomi che ai dipendenti privati di continuare a lavorare dopo il pensionamento, rispettando le regole previste dalla legge.
Fino a quanti anni si può lavorare
Alla luce delle diverse discipline che riguardano le categorie di lavoratori si può affermare, in sintesi, che:
- I dipendenti pubblici possono lavorare fino al raggiungimento del limite ordinamentale e dei requisiti di pensionamento, in mancanza di requisiti possono chiedere di proseguire il rapporto fino a 71 anni.
- I dipendenti privati possono lavorare fino a 67 anni, ma se il datore di lavoro è d’accordo anche oltre.
- I lavoratori autonomi e i liberi professionisti non hanno limiti di età lavorativi, ma devono riguardare le normative dell’eventuale Ordine di riferimento. (Ad esempio, non è possibile esercitare la professione di notaio oltre il 75° anno di età).
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