Pensioni, brutte notizie se hai iniziato a lavorare prima del 1996

Simone Micocci

27 Ottobre 2024 - 09:27

Se hai iniziato a lavorare prima del 1996 godi di un calcolo più favorevole dell’assegno e hai diritto ad alcune agevolazioni. Ma arrivare alla pensione può essere più complicato.

Pensioni, brutte notizie se hai iniziato a lavorare prima del 1996

Il 1996 è un anno molto importante per le pensioni, vista l’entrata in vigore della legge n. 335/1995 (la cosiddetta legge Dini) con la quale è stato autorizzato il passaggio dal sistema di calcolo retributivo al contributivo (che la successiva riforma Fornero del 2011 ha esteso a tutti i lavoratori).

Con l’entrata in vigore della suddetta legge c’è molta differenza tra l’avere o meno dei contributi previdenziali versati entro il 31 dicembre 1995: da questo fattore infatti dipendono anche le regole di accesso alla pensione, nonché il diritto ad alcune agevolazioni.

A tal proposito, si definiscono “contributivi puri” coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e per questo non hanno contributi versati nel periodo precedente. Per loro ci sono vantaggi e svantaggi, come ad esempio il mancato diritto all’integrazione al trattamento minimo di pensione nel caso in cui l’assegno risulti inferiore alla soglia minima definita annualmente dalla legge.

Diversamente, chi ha almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995 rientra nel sistema di calcolo misto, e oltre a beneficiare di regole per il calcolo dell’assegno più vantaggiose ha anche diritto alle tutele previste per chi ha una pensione molto bassa. Ma attenzione, perché anche per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 ci sono degli svantaggi di cui tener conto, come ad esempio il fatto che se non viene raggiunto il requisito contributivo minimo per andare in pensione i contributi versati si perdono.

Se hai iniziato a lavorare prima del 1996 devi avere almeno 20 anni di contributi per andare in pensione

Nel caso di coloro che hanno almeno un contributo (settimanale) versato prima del 1996 c’è l’obbligo di aver raggiunto i 20 anni di contribuzione per andare in pensione. È questo il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, il quale è derogabile solamente nel caso di coloro che:

  • alla data del 31 dicembre 1992 hanno maturato 15 anni di contributi;
  • alla data del 31 dicembre 1992 sono stati autorizzati dall’Inps a versare la contribuzione volontaria;
  • hanno un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni (il che è scontato dal momento che hanno dei contributi versati prima del 1996) e almeno 10 anni in cui non sono state versate 52 settimane contributive.

Questi rientrano nelle cosiddette deroghe Amato, con le quali si va in pensione con 15 anni di contributi. Contrariamente i 20 anni sono inderogabili, il che significa che basta non arrivare a questa soglia anche solo per una settimana per non raggiungere il diritto alla pensione.

E l’aspetto sconcertante è che i contributi versati si perdono, rappresentando così un vero e proprio spreco di soldi. Basti pensare, per rendersi conto di quanto si perde, che per ogni anno di lavoro è stato versato all’Inps poco più del 30% di quanto guadagnato.

Diverso il caso di chi invece ha almeno un contributo settimanale versato dopo il 1° gennaio 1996: per quanto anche questi debbano raggiungere i 20 anni di contributi per andare in pensione a 67 anni di età (senza tra l’altro la possibilità di rientrare nelle deroghe Amato), c’è comunque una sorta di “paracadute” per non perdere i contributi versati nel caso in cui gli anni lavorati fossero meno.

Grazie all’opzione contributiva della pensione di vecchiaia, infatti, il diritto alla pensione può essere rimandato al compimento dei 71 anni di età, quando sono sufficienti appena 5 anni di contributi per assicurarsi una rendita vitalizia. Bisognerà quindi avere un po’ di pazienza, ma perlomeno si evita di perdere molti soldi.

Niente pensione a 64 anni con 20 anni di contributi

Va detto poi che è sufficiente avere un contributo settimanale versato prima del 31 dicembre per vedersi preclusa la possibilità di andare in pensione 3 anni prima rispetto a quanto stabilito dalla pensione di vecchiaia.

I contributivi puri, infatti, possono andare in pensione anche a 64 anni (sempre con 20 anni di contributi), a patto però di aver raggiunto un assegno di importo almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 volte per chi ne ha almeno due).

Una misura a cui invece non possono accedere coloro che hanno la pensione calcolata con il sistema misto, i quali in alternativa possono smettere di lavorare prima dei 67 anni solo se hanno raggiunto 42 anni e 10 mesi di contributi - uno in meno per le donne - per effetto della cosiddetta pensione anticipata.

La soluzione per non perdere i contributi e andare comunque in pensione

C’è comunque una soluzione affinché chi ha iniziato a lavorare prima del 31 dicembre 1995 possa accedere alle suddette opzioni di pensionamento. Si tratta del computo della Gestione Separata, con il quale tutti i contributi maturati dal lavoratore, anche in diverse gestioni, vengono riuniti sotto la Gestione Separata ma con calcolo interamente contributivo dell’assegno. Questa misura è riservata a coloro che soddisfano i seguenti requisiti:

  • deve poter vantare il versamento di almeno un contributo mensile presso la predetta Gestione separata;
  • deve altresì avere un’anzianità contributiva nelle predette gestioni coinvolte nel computo corrispondente o al di sopra dei 15 anni dei quali almeno 5 collocati dopo il primo gennaio 1996;
  • deve possedere un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, ma al di sotto dei 18 anni all’appena citata data.

Vero che ricorrendo a questo sistema la pensione verrà penalizzata da regole di calcolo maggiormente severe, ma è anche detto che la persona potrà ricorrere anche alle opzioni di pensionamento riservate ai contributivi puri.

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