Porno e call center, ecco lo scandalo dei cellulari delle amministrazioni pubbliche

Alessandro Cipolla

7 Agosto 2017 - 16:29

Abbonamenti a contenuti pornografici e chiamate a pagamento verso call center: ecco alcune degli usi dei cellulari dati alla pubblica amministrazione che ci sono costati 8 milioni di euro.

Porno e call center, ecco lo scandalo dei cellulari delle amministrazioni pubbliche

In Italia da anni si fa un gran parlare della lotta agli sprechi da parte delle Amministrazioni pubbliche. Uno dei cavalli di battaglia di ogni schieramento politico è la spending review, sventolata a più riprese per cercare di recuperare preziose risorse che puntualmente si perdono nel marasma delle macchine amministrative.

Spesso si è sentito parlare di peculato, con diversi politici finiti nel mirino della magistratura per le loro spese disinvolte con i fondi pubblici. Il caso più famoso è probabilmente quello che ha portato alle dimissioni di Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1, da parlamentare tra le fila di Forza Italia.

Quello invece scoperto dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulla digitalizzazione dell’Amministrazione pubblica è qualcosa di simile, anche se cambia il mezzo e le cifre in questione.

Non si tratta quindi di rimborsi molto opinabili o di uso disinvolto delle varie carte aziendali, ma di quello che migliaia di dipendenti statali facevano con il cellulare dato loro in uso per questioni di servizio.

Lo scandalo dei cellulari

Attualmente in Italia ci sono 401.839 cellulari in dotazione alle pubbliche amministrazioni, che rientrano in due diverse convenzioni Consip denominate Telefonia mobile 5 e Telefonia mobile 6.

Quando la commissione parlamentare d’inchiesta sulla digitalizzazione dell’Amministrazione pubblica ha chiesto alla Telecom il prospetto, dal 2012 al 2017, delle varie sim ci si è trovati di fronte a spese che poco hanno a che fare con l’uso che si dovrebbe fare con il cellulare di stato.

Ecco quindi spuntare fuori 840 abbonamenti al servizio telefonico “SexyLand”, oppure 665 a “Le Porno Erasmus” e ai 564 che soltanto da questo aprile fino a giugno hanno attivato “Video Hard Casalinghi”.

Anche se con ogni probabilità si tratta di servizi attivati in maniera involontaria, è palese che comunque alla base ci sarebbe un uso poco corretto e consono del cellulare spesato dai soldi pubblici.

Meno involontari invece sono altri utilizzi. Sono stati infatti 12.000 gli abbonamenti a “Serie A Tim”, oppure le ricariche fatte a Mediaset o ad altre televisioni. Sulla stessa onda poi ci sono i servizi di oroscopo e di ricette culinarie addebitate.

Oltre a questo, c’è anche la beneficenza fatta con il cellulare di servizio, i voti per Miss Italia, le chiamate ai call center come Alitalia o Trenitalia e un’infinita serie di acquisto di prodotti bancari oltre agli sms alle varie home banking.

Il grosso però della somma incriminata però arriva da transazioni sulla Rete per contatti con dubbi provider. Come detto, in questo caso la maggior parte dovrebbero essere frutto di truffe.

In totale comunque sono stati 7,7 milioni i soldi pubblici spesi per tutti questi servizi o operazioni che esulano dal corretto utilizzo del cellulare di stato. Una nuova vicenda che evidenzia ancor di più il particolare rapporto degli italiani con ciò che è pagato con soldi pubblici.

La cosa pubblica in Italia

Sarà la magistratura ora a determinare se dietro queste spese dubbie fatte con i cellulari ci sia un reato, ma quello che emerge nuovamente è un poco rispetto da parte dei dipendenti pubblici verso lo Stato.

Amministratori, consiglieri regionali, politici fino ad arrivare ai dipendenti, non passa stagione che non si legga di furbetti che sono stati scoperti in comportamenti scorretti se non spesso proprio illeciti.

Dai furbetti del cartellino fino al politico che si fa rimborsare anche i giochi erotici, il problema di fondo è il poco rispetto verso i soldi pubblici e lo sbagliato rapporto che si ha verso il ruolo che si sta ricoprendo.

Spesso si è parlato dell’assistenzialismo nel piazzare parenti e amici nell’apparato pubblico come uno dei maggiori problemi del nostro paese. Notizie come questa non fanno che rafforzare questo sentore.

La Corte di Cassazione ora ha stabilito che è legittimo licenziare i furbetti del cartellino, ma il fatto che questi episodi continuano a susseguirsi vuol dire che, anche di fronte a leggi più severe, quasi viene a mancare anche la paura di essere scoperti, convinti probabilmente di avere coperture tali da poter superare anche problematiche giudiziarie.

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