La rete di relazioni non sarà preda dell’intelligenza artificiale

Dario Colombo

8 Giugno 2023 - 12:55

Le relazioni professionali saranno il vero fattore differenziante nell’era dell’AI. Ce ne parla Joshua Volpara, ceo di Ayros, “tessitore di relazioni generative”.

La rete di relazioni non sarà preda dell’intelligenza artificiale

Le relazioni professionali possono essere create, coltivate, alimentate, organizzate, migliorate, ma non sostituite. Nemmeno dall’intelligenza artificiale. Anzi, più questa progredirà, più la differenza fra uomo e macchina, fra noi e loro, sarà proprio nella rete di relazioni di cui ci circonderemo, più che sulle capacità.

Conteranno le conoscenze personali e professionali al pari se non di più delle competenze? Difficile dirlo, ma possiamo pensare di avere davanti un’era in cui le relazioni, le conversazioni saranno importanti per produrre significati, valori, esperienze di business.

In occasione di Conn@ctions ne abbiamo voluto parlare con il ceo di Ayros, Joshua Volpara, che di dare gli strumenti per coltivare la cultura delle relazioni he ha fatto una professione.

Da facilitatore di conoscenza, osservatore organizzativo, tessitore di relazioni generative quale ti definisci, come ceo di Ayros, quali sono gli stimoli da indirizzare per il business networking di oggi?

Le aziende oggi sono attraversate da flussi di informazioni che riescono a normare, anche quando vogliono farlo, con sempre minore efficacia. Che piaccia o meno, i business sono sempre più delle “architetture trasparenti”; non a caso il “Tripadvisor del lavoro”, il social network più diffuso in cui i lavoratori danno un rating alle organizzazioni per cui lavorano, si chiama Glassdoors, porte di vetri. Ciò significa che il business networking non è più solo faccenda del business owner.
Ognuno di noi è infatti un nodo nella potenziale value generation per l’organizzazione in cui opera. “Zero distance to customer” è il mantra di Haier, gigante cinese oggi leader globale del bianco che ha rivoluzionato i modelli organizzativi creando una rete di microimprese gestite dai propri dipendenti. Anche senza arrivare a modelli così radicali, il principale stimolo per qualsiasi organizzazione è mettere tutte le persone nelle condizioni di vedere il valore, prendere decisioni significative e fare networking. La sfida è abilitare dei flussi orizzontali a che i sistemi di lavoro tradizionali, perché retaggio di un passato industriale, non sono abituati a governare.

Una delle keyword di oggi è l’agilità: organizzazioni agili, risorse umane agili, decisioni agili. In questo contesto come anche le relazioni professionali possono essere agili, senza rischiare l’evanescenza?

L’agilità ha al suo cuore il lavoro di un team di pari che lavora verso un obiettivo condiviso confrontandosi con metriche a tutti visibili e progressivamente adeguando i propri passi ai “messaggi” che i dati, cioè il mondo esterno, manda loro. D questo punto di vista l’agilità, il suo sistema valoriale, la sua cassetta degli attrezzi, è l’opposto esatto dell’evanescenza. Come tutto ciò può trasferirsi nella sfera delle relazioni professionali e del business networking? Ad esempio creando cerchie o gruppi di lavoro cross company, dotando le connessioni di infrastrutture che aiutino la convergenza di professionisti accomunati da uno scopo e magari creino le premessa per nuove generazioni di valore. Di nuovo, il tema è che i confini che separano il dentro dal fuori dell’azienda sono sempre meno significativi e c’è bisogno di tecnologie, sociali prima ancora che digitali, per assecondare progetti, idee e percorsi di crescita professionale.

Veniamo dunque al fattore che sta cambiando tutto: l’intelligenza artificiale. Sta avendo e avrà impatti sul lavoro e quindi sulle relazioni professionali. Qual è il modo più positivo per intenderla e per contrappeso, qual è quello più cautelativo?

Difficile aggiungere qualcosa di significativo ai molti commenti generati, lungo un continuum che va dal tecno-entusiasmo alla visione apocalittica, dal recente “risveglio” di attenzione sull’AI.

Naturalmente si tratta semplicemente di una presa di coscienza collettiva su un processo in atto da molti anni. Forse la prospettiva più interessante ce la offre proprio il territorio del networking, cioè della relazione fra le persone.

Le certezze del passato sull’inscalfibile unicità della creatività umana potrebbero risultare sempre più erose dalle strabilianti capacità dell’AI. E allora il territorio “unico”, la singolarità umana, è quello della relazione.

Siamo il frutto di una coevoluzione genetico-culturale che ha premiato le caratteristiche relazionali di un mammifero primate per molti altri versi tutt’altro che eccezionale.
Più l’AI andrà avanti più lo spazio differenziale, lo spazio nostro di umani, consisterà nella rete di relazioni, molto più che sulle capacità.

Ci aspetta un’epoca in cui le conversazioni saranno più che mai importanti per produrre significati, per progettare cioè, come diceva Heidegger, “per comprendersi secondo le nostre possibilità”.

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