Anche i farmacisti incrociano le braccia: a luglio ci sarà un possibile sciopero nazionale. Ecco quando potrebbero chiudere e i motivi dietro lo sciopero
Anche le farmacie sono pronte a scioperare. Una protesta storica si prepara a scuotere uno dei presidi sanitari più capillari e affidabili del Paese.
Per la prima volta, i farmacisti dipendenti, che quindi operano dietro il banco ma non sono titolari dell’attività, annunciano uno sciopero contro Federfarma, l’associazione dei titolari di farmacie private.
La scintilla è scoppiata a causa del rinnovo del contratto collettivo nazionale, giudicato dai sindacati come “totalmente inadeguato”. Ma la protesta ha radici più profonde. Dopo anni di contratti scaduti, rinnovi irrisori e un carico di lavoro cresciuto esponenzialmente – soprattutto durante la pandemia – i farmacisti dipendenti dicono “basta”.
Oltre alla questione salariale, denunciano una mancanza di riconoscimento professionale, pur assumendosi responsabilità sempre più ampie in una sanità che si affida sempre di più alla rete capillare delle farmacie. Il rischio è che i cittadini possano trovare all’improvviso le serrande abbassate, proprio nei luoghi dove sono abituati a trovare assistenza quotidiana. Ecco il perché dello sciopero e quando.
Quando rischi di trovare le farmacie chiuse
Il primo appuntamento da segnare in calendario è lunedì 1° luglio, data in cui è previsto un presidio nazionale sotto la sede di Federfarma a Roma. Secondo fonti sindacali, questa mobilitazione sarà solo l’inizio: è in fase di definizione un vero e proprio pacchetto di ore di sciopero che potrebbe estendersi per tutto il mese, in forma articolata su scala nazionale. In altre parole, potrebbero verificarsi chiusure a macchia di leopardo, a seconda dell’adesione locale e regionale.
Le farmacie coinvolte saranno quelle private dove operano farmacisti dipendenti, che in Italia rappresentano la grande maggioranza. Chi non dovrebbe aderire allo sciopero sono le farmacie comunali (gestite da enti pubblici), e quelle in cui i titolari scelgono di mantenere l’apertura anche con personale ridotto o sostitutivo. Tuttavia, le associazioni di categoria mettono in guardia: non si tratta solo di una questione sindacale, ma di un servizio essenziale che rischia di essere compromesso, soprattutto nei territori più fragili o isolati, dove la farmacia è spesso l’unico presidio sanitario attivo.
Inoltre, lo sciopero potrebbe colpire anche i servizi aggiuntivi delle “Farmacie dei Servizi”, come prenotazioni Cup, esami diagnostici (Ecg, holter), vaccinazioni e consulenze sanitarie. Questi servizi, introdotti negli ultimi anni per alleggerire il carico su ospedali e ambulatori, sono oggi un punto di riferimento per milioni di cittadini. Ma se i farmacisti incrociano le braccia, anche questi supporti rischiano di fermarsi.
Infine, è bene sapere che durante gli scioperi resta l’obbligo di garantire i turni minimi essenziali, stabiliti dalle normative di settore. Ciò significa che alcune farmacie saranno comunque aperte a rotazione, soprattutto per garantire medicinali urgenti o salvavita. Tuttavia, i disagi saranno inevitabili e, come accade in altri scioperi nei servizi pubblici, è consigliabile verificare con anticipo le aperture locali per evitare sorprese.
Sciopero Farmacie: ecco perché rimarranno chiuse
Alla base dello sciopero c’è un malcontento che si trascina da anni. Il contratto collettivo nazionale è scaduto il 31 dicembre 2023 e, a sei mesi di distanza, le trattative tra i sindacati e Federfarma sembrano in stallo. L’offerta di rinnovo avanzata da Federfarma , 120 euro lordi da spalmare in tre anni, è stata definita “un’elemosina” dai sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.
In termini pratici, si tratta di un aumento di soli 69 centesimi lordi all’ora, cifra giudicata del tutto insufficiente a fronte del ruolo, delle competenze e delle responsabilità dei farmacisti.
Ma il nodo non è solo economico. I farmacisti dipendenti denunciano una progressiva svalutazione del loro ruolo. Durante la pandemia, hanno garantito la presenza continuativa in farmacia, svolgendo attività cruciali come i tamponi, la distribuzione di farmaci e il supporto alla popolazione. In molti casi, hanno anche sostituito il medico di base, specie nelle aree interne o nei piccoli centri dove l’accesso alla sanità è sempre più ridotto. Eppure, tutto questo non ha trovato un adeguato riconoscimento nei rinnovi contrattuali.
Con l’introduzione del modello della “Farmacia dei Servizi”, le competenze richieste sono aumentate: screening, diagnostica di primo livello, prenotazioni sanitarie e gestione di dispositivi digitali. Tuttavia, secondo i farmacisti, questi cambiamenti sono avvenuti senza alcun investimento sul personale, né economico né formativo. La conseguenza è un carico di lavoro aumentato e una pressione crescente, spesso accompagnata da responsabilità legali e penali. In sostanza, più lavoro e più rischi, ma con stipendi fermi da anni.
La protesta, dunque, nasce dal senso di abbandono e sottovalutazione. Come ha ricordato Nello Campochiaro, farmacista di Olbia, durante un’assemblea sindacale: “Durante il Covid eravamo indispensabili, oggi siamo tornati a essere numeri. La nostra dignità e professionalità meritano di più”.
Uno sfogo che ha trovato ampio consenso tra i colleghi di tutta Italia, segno che lo sciopero non è un gesto isolato, ma l’espressione di un disagio condiviso e radicato, destinato a farsi sentire anche tra i cittadini se non si troverà presto una soluzione.
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