Secondo i dati Istat (aggiornati al 2018) solo il 38,4% dei residenti in Italia ha un lavoro; sono 37 milioni e 269 gli inoccupati, ma solo 2 milioni e 755 mila non trovano un impiego pur cercandolo.
Secondo i dati Istat gli italiani che non lavorano sono molti di più di quelli che lo fanno: nel dettaglio, nel 2018 i primi erano 37 milioni e 269 mila, mentre i secondi 23 milioni e 215 mila.
Quindi, su un totale di 60 milioni e 484 mila residenti in Italia, solo il 38,4% ha un lavoro.
Si tratta di un dato molto importante e significativo: d’altronde chi lavora non sostiene solamente la propria famiglia, ma l’intero sistema economico. È chi lavora, infatti, a versare i contributi, oltre a pagare più tasse. Inoltre, solitamente chi ha un lavoro - specialmente se ben pagato - spende di più facendo girare l’economia.
Sono i lavoratori quindi a garantire le maggiori entrate allo Stato, il quale a sua volta può investire le risorse per i servizi previdenziali (ad esempio per pagare le pensioni) e assistenziali (vedi ad esempio il reddito di cittadinanza). I lavoratori costituiscono la base del welfare, ossia di quello Stato che in un’economia di mercato interviene per garantire assistenza e benessere dei propri cittadini; è per questo che in base ai dati, alle abitudini di spesa e alle tasse applicate sulla forza lavorativa attiva in Italia, possiamo azzardare con il dire che oggi il 38,4% dei residenti nel nostro Paese sostiene il complesso della popolazione.
Perché il 61,6% degli italiani non lavora
Bisogna sottolineare, comunque, che non tutti coloro che non lavorano si trovano in questa situazione per loro scelta. Molti, infatti, sono senza un impiego perché troppo giovani (8 milioni e 65 mila persone hanno meno di 15 anni) o perché già in pensione (12 milioni e 796 mila).
Gli inattivi che non cercano un lavoro per motivi anagrafici costituiscono circa il 34% dei residenti in Italia; resta quindi un 23% della popolazione residente che oltre ad essere inattiva si trova anche in età da lavoro. Si tratta di 13 milioni e 261 mila persone che pur essendo in età da lavoro si trovano senza un impiego.
A loro volta queste vanno divise in due categorie: quella di coloro che non intendono lavorare (10 milioni e 100 mila persone) e quella dei disoccupati veri e propri (2 milioni e 755 mila), ossia di chi pur avendone l’intenzione non trova un impiego.
Perché 10 milioni di italiani non vogliono lavorare
Sono circa 10 milioni, quindi, gli italiani che ad oggi non hanno alcuna intenzione di intraprendere un’attività lavorativa. Sono sempre i dati Istat a svelare il motivo per cui questi non intendono cambiare la loro situazione: nel dettaglio, la maggior parte di loro - 4 milioni e 340 mila - non lo fa perché ancora impegnata nello studio o in un corso di formazione professionale.
C’è poi una parte di neet (coloro che né studiano né lavorano) che non cerca un impiego per motivi familiari: nel dettaglio, nel 2018 erano 2 milioni e 697 mila le persone che si trovavano in questa condizione.
Fa riflettere anche il motivo per cui 1 milione e 451 mila residenti italiani risultano inoccupati: questi, infatti, hanno dichiarato di non cercare lavoro perché ormai scoraggiati dalle esperienze pregresse. Le incessanti ricerche di lavoro non hanno prodotto i risultati sperati ed è per questo che si sono rassegnati all’idea di restare disoccupati.
La metà dei lavoratori non ha un futuro lavorativo garantito
Un altro dato che fa riflettere riguarda gli occupati che, come anticipato, nel 2018 erano pari al 38,4% della popolazione. Analizzando i dati Istat ci rendiamo conto che poco più della metà dei lavoratori (12 milioni e 211 mila) ha un contratto a tempo pieno e indeterminato, per un numero pari al 20,2% della popolazione complessiva.
Per il resto dei lavoratori invece si tratta di contratti atipici che non danno la sicurezza di un impiego futuro: ad esempio, 2 milioni e 116 mila persone pur potendo contare su uno stipendio per orario di lavoro full-time hanno un contratto con scadenza prestabilita.
Altri 2 milioni e 640 mila persone hanno invece un contratto a tempo indeterminato, ma con un orario di lavoro part-time che spesso non garantisce una retribuzione adeguata al mantenimento della propria famiglia. Infine ci sono altri 930 mila che si trovano in una condizione altamente precaria: contratto a tempo parziale e a termine.
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