Secondo uno studio inglese, esistono tre tipologie di coronavirus che hanno caratteristiche simili ma che si sono diffuse in modo diverso nel mondo. Quale tra queste ha infettato l’Italia?
Da una recente ricerca sembrerebbero esserci tre tipologie di coronavirus che si differenziano poco per le loro caratteristiche, ma che si sono diffuse in parti diverse del mondo. La scoperta è stata fatta da un team di ricerca anglosassone che ha analizzato e sequenziato più di 160 genomi virali prelevati da pazienti con COVID-19.
Lo studio ha permesso di tracciare una sorta di albero genealogico del virus emerso in Cina tra il 20 e il 25 novembre dello scorso anno, producendo una mappa filogenetica che mostra le relazioni di discendenza comune nelle varie tipologie di virus, dimostrando che il coronavirus si è evoluto in tre “specie” diverse ma abbastanza simili tra loro, che si sono diffuse in diverse parti del mondo. Attraverso questa ricerca è stata possibile anche individuare da dove abbiano avuto origine i primi contagi nei vari Paesi.
Sono tre le tipologie di coronavirus
Il gruppo di ricerca, guidato da scienziati dell’Università di Cambridge nel Regno Unito che hanno collaborato a stretto contatto con altri colleghi provenienti da altre nazioni, dopo aver analizzato diversi pazienti di tutto il mondo in cura tra il 24 dicembre 2019 e il 4 marzo 2020 è riuscito ad individuare tre tipologie di coronavirus:
- Tipo A, è il primo coronavirus ad essere nato ed è molto somigliante a quello trovato nei pipistrelli e nei pangolini, da cui probabilmente ha poi effettuato lo spillover, ossia il salto di specie, trasformandosi da virus degli animali a virus dell’uomo. Questo virus è stato rilevato nei pazienti di Wuhan;
- Tipo B, è la tipologia che si è diffusa di più in tutto il mondo, ed è stato rilevato nei pazienti della Cina continentale. La sua origine deriva da quello del Tipo A e presenta due mutazioni di differenza. Il Tipo B è rimasto quasi del tutto confinato nella Cina;
- Tipo C è stato osservato soprattutto in Europa ed anche in Italia, in alcune città autonome del’Asia e nella Cina continentale e sarebbe «figlio» del tipo B.
All’interno dello studio sono state analizzate solo le prime evoluzioni del coronavirus come riportato anche dal professor Peter Forster, che ha coordinato lo studio:
“La rete virale che abbiamo descritto è un’istantanea delle prime fasi di un’epidemia, prima che i processi evolutivi della COVID-19 venissero oscurati da un gran numero di mutazioni.”
Quale coronavirus si è diffuso in Italia?
Dallo evidenze riportate all’interno di questo studio è stato possibile tracciare una mappa a ritroso degli spostamenti del coronavirus, individuando l’origine dei focolai nei vari Paesi. Secondo gli scienziati inglesi, una delle prime introduzioni del virus in Italia è arrivata dalla Germania, ed è stata accertata lo scorso 27 gennaio, si tratterebbe del Tipo C, quello che si è poi rapidamente diffuso in tutta Europa. Il virus sarebbe entrato nel nostro continente da delle persone che avevano viaggiato a Shanghai.
Un’altra possibile via di infezione in Italia è stata riscontrata con le somiglianze del virus con il “cluster di Singapore”. Negli Stati Uniti invece sono presenti tutte e tre le tipologie di virus, il che indica che i vari focolai probabilmente sono stati causati da delle persone che avevano viaggiato in Cina.
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