Dopo il ko di ieri le Borse si muovono con prudenza in attesa dei dati sull’inflazione USA. Sentiment misto, invece, in zona Bitcoin, visto che eventuali fiammate inflative potrebbero irrobustire la quotazione della divisa digitale. Un caso fa scuola: l’Argentina.
Le Borse, dopo il sell-off di ieri, si muovono caute in attesa dei dati sull’inflazione USA. Il sondaggio condotto dalla Federal Reserve sulla pressione inflativa a un anno attesa dai consumatori – balzata al 3,4%, come non accadeva dal 2013 – ha smorzato l’appetito degli investitori, visto che il rialzo dei prezzi potrebbe innescare un dietrofront delle banche centrali sulle tante politiche accomodanti implementate nella stagione pandemica, ma offre anche una insperata finestra di profitto per i tanti bull del Bitcoin, la prima divisa digitale per market cap da ormai un mese inchiodata sotto la soglia dei 60.000 dollari.
Perché? Il BTC, che da tempo giova delle aperture della finanza mainstream, è ormai visto dal mercato come una riserva di valore con proprietà anti-inflazionistiche. Dallo scorso anno, ovvero da quando l’Europa, gli Stati Uniti e le principali economie asiatiche hanno iniziato a chiudersi a riccio per contenere l’avanzata del virus, il segmento retail (e poi anche quello istituzionale) ha spesso scelto il token di Nakamoto per proteggere il proprio capitale dal ciclo economico avverso dettato dalla pandemia.
E ora che la liquidità pompata per reggere il sistema dall’urto della crisi economico-sanitaria sembra essere destinata ad innescare un rialzo dei prezzi – con conseguente (e prematuro) cambio di rotta sui tassi da parte delle banche centrali, sebbene la Fed predichi ancora calma guardando alle attese inflative rassicuranti sul medio e lungo periodo – un’altra ondata di buy a copertura del capitale potrebbe consolidare lo status di bene rifugio al quale il Bitcoin è stato elevato da un po’ di tempo a questa parte. C’è un caso che fa scuola: l’Argentina.
Bitcoin e inflazione, il caso Argentina
Infatti, se per gli Stati Uniti la crescita dell’inflazione è il rovescio della medaglia di stimoli (monstre) a doppia firma Trump-Biden, dalle parti di Buenos Aires i prezzi hanno messo il turbo nel quadro di una crisi economica di lungo corso, con circa il 40% della popolazione stabilmente sotto la soglia della povertà e una disoccupazione a doppia cifra. Il tasso d’inflazione in Argentina – o meglio iperinflazione – viaggia intorno al 45%.
Per proteggersi, gli argentini hanno ricorso spesso al dollaro statunitense, considerato insieme all’oro, ai Bund e ai Treasury, ai titoli difensivi e ad altre valute forti un bene rifugio di primo ordine. Tuttavia, con le restrizioni che pesano sul biglietto verde – gli argentini possono mettere le mani su un massimo mensile di 200 dollari – gli occhi finiscono per puntare su altre scorciatoie.
Una di queste, secondo i dati snocciolati dall’exchange Binance, è proprio il Bitcoin. Su questa piattaforma di scambio il numero di trader argentini è aumentato di dieci volte rispetto al 2020, andando a costituire il 10% dei clienti Binance. Parallelamente, si è andato a formare un humus criptovalutario consistente, al punto che un gigante dell’e-commerce come Mercado libre ha iniziato ad accettare transazioni per immobili direttamente in BTC.
Certo, le prospettive di rialzo dell’inflazione negli Stati Uniti sono minime rispetto all’impennata dei prezzi che sta mettendo in ginocchio l’Argentina, ma quello statunitense è il mercato di riferimento per le divise digitali, e il Bitcoin – discorso che potremmo estendere anche alle Altcoin più solide, sebbene non propriamente riconosciute come potenziali beni rifugio – ha già scalato diverse posizioni tra gli asset class in grado di cavalcare le spinte inflative, anche ridotte.
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