Nel corso dell’ultimo anno il Bitcoin ha realizzato un rialzo di oltre il 500%, seguito a cascata dalle altre crypto, da Ethereum e Binance Coin. Una bull run che ricorda per certi versi le fiammate di fine 2017, prima della grande bolla. Stavolta, però, potrebbe essere diverso. Parola a Ed Cooper, Head of Crypto di Revolut.
Il boom del Bitcoin ancora sotto i riflettori. Nell’ultimo anno, dopo il sell-off di marzo e complice la stagione d’oro del trading online, la numero uno delle divise digitali ha realizzato un rialzo del 531,2%, passando da 8.624 a 54.435 dollari di quotazione, con tanto di picchi oltre la soglia dei 60.000.
Ma questa bull run, che ha gonfiato le tasche di investitori retail ed istituzionali, sembra ricalcare per certi versi le fiammate del 2017, quei pump dei prezzi che pochi mesi dopo finirono per tradursi nello scoppio di una rovinosa bolla. E ad alcuni segmenti del mercato l’addizione è venuta naturale: sgommata della quotazione più hype senza fondamentali, uguale disastro. Anche perché l’alta volatilità del BTC, e cioè gli up and down del valore di mercato, continuano a tenere sulle spine i bull della crypto, in parte precludendo al Bitcoin di conseguire un obiettivo da tempo dichiarato: affermarsi come metodo di pagamento del domani.
Ma le cose stanno davvero così? O meglio, la corsa dell’ultimo anno del Bitcoin è davvero una replica, passo passo, di quanto avvenuto sul finire del 2017? E quindi, a rigor di logica, una bolla che aspetta solo lo spillo più affilato per scoppiare? No, stavolta potrebbe essere diverso. O almeno ne è convinto Ed Cooper, Head of Crypto di Revolut, società di tecnologia finanziaria con base nel Regno Unito. Di seguito alcuni spunti dell’intervista che abbiamo condotto.
Boom del Bitcoin, perché stavolta è diverso dal 2017?
Per giungere a questa conclusione bisogna però riavvolgere il nastro, ripartire dagli inizi, avverte Cooper. E cioè dal 2017, nel mese di aprile, quando il Bitcoin arrivò a tracciare un nuovo record dopo circa quattro anni:
“I precedenti massimi storici del BTC erano i 1.300 dollari del 2013, e questa quota è stata finalmente superata nell’aprile del 2017. Da lì è iniziata una storica corsa per la crypto, durata circa otto mesi, in cui il Bitcoin è arrivato a moltiplicare il suo prezzo per quattordici volte, fino a toccare un picco di 19.500 dollari nel dicembre del 2017”.
La quotazione, aggiunge Cooper, finì poi per “precipitare drammaticamente”, prima scendendo sotto i 10.000 dollari nel febbraio del 2018, e poi schiantandosi a fine anno sulla soglia dei 3.000. Insomma, la grande euforia per BTC&Co., per uno dei cuori pulsanti della finanza decentralizzata, era di fatto svanita, lasciando campo ai tanti bear che lamentavano l’inconsistenza dei crypto-asset, e quindi il profondo disaccoppiamento tra le quotazioni e i fondamentali (o meglio, lo spettro applicativo di questi asset, al tempo perlopiù nullo).
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Nel 2020, poi, la svolta. Dopo aver incassato il sell-off di marzo, che di fatto sgonfiò un po’ tutto, dall’azionario USA alle Borse europee, il Bitcoin ha ripreso di mese in mese la sua scalata, facendo prima pari e patta con il record di fine 2017, e poi segnando un nuovo massimo oltre i 19.500 dollari. In tal senso, Cooper osserva:
“In questo nuovo ciclo il Bitcoin ha superato il precedente record nel novembre 2020, e attualmente viene scambiato a 54.435 dollari, una quotazione superiore di meno di tre volte il valore del picco dell’ultimo ciclo. Nel pieno della mania del 2017, come detto, il BTC aumentò di quattrodici volte la sua quotazione rispetto al record precedente. Inoltre, nel dicembre del 2017, la crypto arrivò a raddoppiare il suo prezzo nel giro di pochi giorni”.
Insomma, secondo Cooper la situazione ora è “più calma”. Se l’irrazionalità degli investitori, nel 2017, aveva pompato la quotazione del BTC, ora l’interesse del mercato – nonostante i picchi acchiappaocchi oltre i 60.000 dollari – è di fatto più contenuto e meno nevrotico, al punto che in termini di tasso di crescita il confronto tra le due bull run non sta in piedi.
Non solo: le grandi corporate USA (vedi Tesla) stanno iniziando a diversificare i loro portafogli con volumi via via maggiori di BTC, i circuiti di carte procedono nell’integrare le crypto nei loro sistemi, gli hedge fund fanno a gara per salire sul carrozzone dorato delle divise digitali e l’halving continua ad aumentare la percezione di scarsità dell’asset. Carne al fuoco che scalda la marmitta, e che giustifica la mano sempre armata degli investitori.
Chi fa trading sul Bitcoin?
Ma chi sono questi investitori? Secondo Cooper, che cita i dati relativi alla piattaforma di trading di Revolut, la fascia d’età più attiva sul Bitcoin è quella tra i 55 e i 64 anni. Una spallata ai tanti che vedono ancora il pianeta BTC come l’habitat naturale di giovani alieni, smanettoni di informatica che fagocitano numeri e codici.
Certo, gli investitori in questa fascia d’età hanno generalmente più disponibilità liquida per scommettere sul mercato, e questo spiega in parte il boom del trading tra un pubblico più maturo. Ma la vera svolta è arrivata – precisa Cooper – grazie a delle piattaforme più semplici da usare, come Revolut, e all’apertura della finanza mainstream, che ha dato alle crypto una rinnovata credibilità.
Non si ravvisano particolari spunti, invece, sulla composizione di questa fetta di investitori. Chiude Cooper: “È un mix di trader esperti nel segmento delle crypto e di investitori che stanno provando questi asset per la prima volta”.
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